Come eliminare la carie senza trapano e aghi in un’ora di seduta

Grazie a una tecnica riparativa, non solo è possibile fermarla prima che faccia danni e senza devitalizzare il dente, ma addirittura si può anche ricostruire lo smalto. Il tutto in un’ora di seduta, senza aghi, fastidi e per sempre



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Ti si sta formando una carie o temi ne arrivi un’altra a breve? Niente trapano, otturazione o devitalizzazione e protesi. Con una seduta di uno speciale gel il tuo smalto verrà riparato e protetto anche dai nemici futuri.

«È una tecnica riparativa che blocca la demineralizzazione dei denti prima che si crei una carie (o la blocca ai suoi esordi), e che si può fare dall’igienista dentale o dal dentista», spiega il professor Giuseppe Allocca, docente di igiene dentale all’Università di Milano, fra i primi esperti in Italia a utilizzare questa tecnica conservativa. «Ricorda un po’, come concetto, la sigillatura dei denti che si fa ai bambini per prevenire recidive cariose, ma non si limita a fare da scudo. Questa tecnica, poi, esiste da tempo, tanto che la sua efficacia e sicurezza è ormai testata, ma è ancora poco conosciuta e praticata nel nostro Paese. Peccato perché fa risparmiare denaro e… smalto».


I guai iniziano a colazione

Immaginate il dente come una scopa rovesciata, fatta di cristalli di idrossiapatite, i suoi minerali di base. Quando il dente subisce l'effetto degli acidi in bocca la sua parte più resistente, quella esterna, si disgrega e le setole interne di questa scopa (filamenti) iniziano ad aprirsi e rompersi.

«Questo processo si chiama demineralizzazione, e consiste appunto nella perdita di minerali da parte del dente», spiega Allocca. «Per contrastare l’escalation di erosione da una parte devi reintegrare i minerali perduti perduti con prodotti specifici e controllando la dieta, dall’altra devi guardarti dai cibi troppo acidi, quelli che abbassano di molto e repentinamente il pH della bocca, che deve rimanere il più possibile sul 7, cioè nella neutralità (più si va sotto il 7 più si parla di acidità)».

Prendiamo per esempio il primo pasto del giorno, quello che facciamo prima di lavarci i denti, la colazione. «Molti di noi consumano latticini, magari insieme alla spremuta d'arancio o, molto di moda ultimamente, bevono acqua e limone a digiuno. È come se lo smalto dei denti subisse delle piccole scosse di terremoto. Gli “edifici” integri iniziano ad avere delle piccole crepe, quelli già lesionati perdono calcinacci, i denti in avanzata demineralizzazione mostrano cicatrici e buchi. Il dentifricio e il collutorio, nelle fasi iniziali, fanno il loro dovere, ma fino a un certo punto; poi bisogna andare dal dentista», dice Allocca.


La mousse per i casi iniziali

Lo smalto dei nostri denti ha diversi livelli di profondità, e quindi i rimedi cambiano in base a quanto è avanzato il danno.

«Il problema, in fase iniziale, che è ancora quella nella quale il dente soffre ma ha potenziali di ripresa e autoriparazione se si ricorre a dentifrici fluorati e o collutori specifici indicati dall’esperto ma anche con una mousse particolare (remineralizzante) che non tutti conoscono e utilizzano», spiega il professor Allocca.

«Si compra in farmacia (ci sono diverse marche) e, in pratica, ha la capacità di “arrestare la perdita" dei minerali che si staccano dal dente e che iniziano a navigare nella saliva, per riportarli sulla superficie dello smalto, evitandone la dispersione e la definitiva perdita. Questa particolare mousse, usata tutti i giorni in aggiunta e dopo il dentifricio, va messa sullo spazzolino e non va sciacquata, in modo che la saliva ridistribuisca i minerali e li fissi nella loro destinazione iniziale. In questo complesso lavoro partecipa la saliva che è il miglior remineralizzante esistente in natura».


La siringa senza ago

Una volta, per la fase intermedia di un processo carioso (quella che precede il vero e proprio buco della carie nel dente), i rimedi erano pochi e inefficaci e quindi dal dentifricio si passava direttamente al trapano, che è comunque una procedura invasiva, perché distrugge quello che tocca. Per fortuna le tecnologie nel frattempo sono progredite all’insegna della conservazione dell’integrità del dente, in tutti i casi sia possibile. In questa direzione va la tecnica salva-carie.

«Il suo segreto è il materiale che la compone, un polimero atossico a bassa viscosità che ha la capacità di penetrare nel dente», spiega Allocca. «È quindi diverso dal composito, la resina che si usa in odontoiatria da più di trent’anni per restaurare le superfici dei denti, rifacendole e rimodellandole. La tecnica di cui parliamo invece va a cristallizzare la carie, perché i prismi che compongono il polimero vengono assorbiti dal dente come una sorta di “nutrimento”».


Come avviene l’intervento

La diagnosi iniziale la fa sempre il dentista, ma l’esecuzione della tecnica, sotto la supervisione del medico può essere fatta dall’igienista dentale anche perché, spesso, è la figura professionale che, occupandosi periodicamente della nostra igiene (andrebbe fatta ogni sei mesi - un anno a seconda delle condizioni del cavo orale e della nostra assiduità nel lavare i denti e usare il filo interdentale), intercetta per prima le carie in formazione.

«Prima si esegue una radiografia, per individuare con precisione il punto o i punti dove intervenire», spiega il nostro esperto. «Una volta sulla poltrona, si isola con la diga in gomma la zona dove operare. Si procede poi utilizzando tre siringhe senza ago: la prima contiene mordenzante, che abbatte il primo strato superficiale e alterato dello smalto ormai rovinato, per preparare il dente a recepire il nuovo “scudo” che lo ricostituirà e proteggerà. La seconda siringa contiene etanolo, che fa evaporare l’acqua nei cristalli dello smalto. A questo punto il dente è pronto a recepire il materiale resinoso che viene fissato da una speciale luce blu».

L’operazione dura in tutto un’ora, al costo di 120 €, è indolore e non richiede anestesia.


Il passaporto anti-carie

Questa soluzione è definitiva: fatta per tempo, blocca infatti qualsiasi processo di danneggiamento dello smalto futuro e nella zona trattata. «Risulta particolarmente efficace negli spazi fra dente e dente, quelli dove la carie si sviluppa di più ed è più difficile fare igiene quotidiana, anche perché, purtroppo, non sono molti gli italiani che usano regolarmente il filo interdentale, obbligatorio quanto e come lo spazzolino e il dentifricio», conclude il professor Giuseppe Allocca.

«Al paziente, alla fine dell'unica seduta, viene consegnato una sorta di passaporto dove si descrive tutta l'operazione, i materiali usati e si allegano gli esami preliminari, a garanzia del lavoro fatto, ma anche come "cartella clinica" per chi, in futuro, dovrà intervenire nella bocca dello stesso paziente per qualsiasi motivo, dato che questo intervento risulta invisibile anche alle ulteriori radiografie».

Insomma, una sorta di rammendo invisibile, un po’ come quelle microriparazioni dei vetri scheggiati dell’auto che si fanno in autofficina: ci sono ma non si vedono e, per superare controlli e revisioni, vanno certificate sul libretto. 


Usiamola questa diga!

La diga è un sottile foglietto di gomma che il dentista o l’igienista dentale dovrebbero montare in bocca per operare. «Assomiglia, in piccolo, al telo che i chirurghi usano per isolare il campo operatorio e, in odontoiatria, serve a proteggere il cavo orale dalle parti oggetto dell’intervento», spiega Giuseppe Allocca. «Protegge da ingestioni accidentali di oggetti e medicinali, e sarebbe obbigatoria (l’omissione nell’usarla è stata oggetto di cause di medicina legale), solo che il montaggio richiede tempo, ha un costo e non tutti i pazienti la tollerano, quindi purtroppo non viene sempre utilizzata come si dovrebbe».

Anche se in certi casi però non serve, come per l’igiene dentale periodica, ricordati allora di chiederla al dentista o all’igienista prima di sottoporti a qualsiasi intervento in bocca.


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