Dolcificanti, l’eritritolo fa male al cuore? Le cose da sapere

Nuovi studi scientifici tornano ad accusare il noto dolcificante di aumentare il rischio cardiovascolare, ma gli esperti invitano a evitare allarmismi. Facciamo il punto



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L’eritritolo fa male al cuore? A gettare un’ombra amara sul noto dolcificante è uno studio pubblicato su Nature Medicine e condotto dal Lerner Research Institute della Cleveland Clinic, negli Stati Uniti, che ha denunciato un legame fra il consumo di questo edulcorante e un aumentato rischio di sviluppare eventi avversi cardiovascolari maggiori, come ictus e infarti.

«Indicato spesso in etichetta con la sigla E968, questo additivo alimentare è un composto chimico che in piccole quantità si trova anche in natura, nella frutta matura e in particolare nei meloni, nelle pere e nell’uva. L'eritritolo che troviamo in commercio, però, deriva da processi industriali e si ottiene dalla fermentazione di alcuni carboidrati, come l’amido di mais, ad opera di lieviti selezionati», spiega il professor Agostino Macrì, esperto di sicurezza alimentare dell’Unione nazionale consumatori e docente di Ispezione degli alimenti all’Università Campus Biomedico di Roma.

Eritritolo e cuore, quale legame

Siccome i prodotti “senza zucchero” ma con edulcoranti (fra cui l’eritritolo) vengono spesso consigliati alle persone in sovrappeso, obese, diabetiche o con sindrome metabolica per gestire meglio l’apporto di zuccheri e calorie, i ricercatori di Cleveland hanno reclutato tra Stati Uniti ed Europa oltre 4mila soggetti affetti da malattie cardiovascolari preesistenti o qualificati come ad alto rischio di svilupparle.

«Stando ai risultati, chi presentava nel sangue livelli di eritritolo più elevati si è dimostrato anche ad alto rischio di incorrere in un grave evento cardiaco entro i tre anni successivi, con esiti spesso letali. In più, degli esperimenti in vitro condotti mettendo a contatto sangue e/o piastrine con eritritolo hanno dimostrato la formazione di coaguli», riassume il professor Macrì.

Nessun allarmismo

Attenzione, però: circa tre quarti dei partecipanti allo studio di Cleveland soffrivano di malattie coronariche o presentavano alti valori di pressione sanguigna, circa un quinto aveva il diabete e più della metà erano soggetti di genere maschile di età compresa tra i 60 e i 70 anni.

«Ciò significa che, siccome i pazienti arruolati mostravano già un’elevata prevalenza di patologie cardiovascolari e fattori di rischio tradizionali, non è facile dimostrare il rapporto causa-effetto e determinare la traducibilità dei risultati sulla popolazione generale», tiene a precisare l’esperto.

Tra l’altro, non può essere un singolo studio a stabilire la pericolosità di una sostanza: valutare questi rischi spetta a esperti indipendenti di comprovata professionalità, come quelli dell’Efsa, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare, che – sulla base di dati consistenti – può suggerire ai competenti organi dell’Unione europea di applicare il principio di precauzione, richiedendo per esempio alle aziende di limitare o evitare del tutto una certa sostanza. «Al momento, invece, nessuna autorità sanitaria internazionale si è espressa in tal senso sull’eritritolo, quindi non esiste un pericolo accertato», commenta Macrì.

Eritritolo, come comportarci

Di certo, l’eritritolo rappresenta una tentazione per molti consumatori. «Principalmente, ha il vantaggio di apportare poche calorie, circa 20 ogni 100 grammi, perché a differenza dello zucchero viene metabolizzato solo in minima parte dall’organismo, per cui entra in circolo nel sangue, permane per tempi relativamente brevi nei vari organi e tessuti, dopo di che viene eliminato con l’urina», descrive il professor Macrì. «Anche per questo motivo, viene adoperato soprattutto dai pazienti diabetici per evitare picchi glicemici, talvolta anche nella produzione di dolci a livello domestico».

Indicativamente, la dose giornaliera consigliata – perché ben tollerabile (priva di reazioni avverse) – è compresa tra 0,5 grammi e 1 grammo per ogni chilo di massa corporea, con riferimento a un soggetto normopeso. «Il problema è che, nei prodotti industriali, non è sempre facile capire le quantità presenti. Avendo un potere dolcificante inferiore allo zucchero tradizionale, spesso viene utilizzato in quantità maggiori per ottenere la stessa dolcezza, quindi il calcolo non è così facile, soprattutto quando viene usato in combinazione con altri edulcoranti», ammette il professor Macrì.

Quindi, che fare? «Per nostra precauzione personale e in attesa di risultati definitivi, alterniamo spesso i dolcificanti non calorici, leggendo bene le etichette dei prodotti che acquistiamo, evitando il consumo costante del solo eritritolo». Una regola che vale per tutti: sia per chi ha problemi di peso o diabetici sia per chi è in buone condizioni di salute.



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