Crisi vagale: cos’è, quali sono i sintomi, cosa fare

È la forma di sincope (svenimento) più frequente. La crisi vagale è una condizione benigna, che colpisce soprattutto i più giovani. Quali sono i sintomi che permettono di intuirne l’arrivo imminente, come si fa la diagnosi e cosa fare



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Breve, transitoria, benigna. In questi tre aggettivi sono racchiuse le caratteristiche della crisi vagale (o sincope vaso-vagale), una particolare perdita di coscienza – dall’insorgenza improvvisa e seguita da un recupero spontaneo – dovuta a una diminuzione del flusso sanguigno a livello cerebrale.

«In genere la crisi vagale coinvolge i soggetti più giovani, soprattutto donne, dalla post adolescenza fino circa ai 30 anni. Può essere scatenata da paura, emozioni intense e dolore, per cui non ha nulla a che fare con lo sforzo fisico o con un eccessivo affaticamento», spiega il dottor Andrea Nejrotti, cardiologo di Chiros e CeMeDi a Torino. «Nel complesso dura pochi secondi, trenta al massimo, ma talvolta può avere un notevole impatto sulla qualità di vita dei soggetti che ne soffrono».


Cos’è la crisi vagale

Si tratta della forma di sincope (svenimento) più frequente, che interessa l’1-6 per cento della popolazione generale e si manifesta con un abbassamento improvviso della pressione arteriosa e/o con una riduzione della frequenza cardiaca fino al temporaneo arresto.

«L’attivazione fisiologica del nervo vago non è una condizione patologica, ma un meccanismo di difesa che l’organismo mette in atto per proteggere il cuore quando il muscolo cardiaco si trova a lavorare in condizioni sfavorevoli», racconta il dottor Nejrotti. In questo modo, infatti, il consumo di ossigeno si riduce e migliorano il riempimento diastolico e la perfusione coronarica.

Il nervo vago, il decimo nervo cranico, il più lungo del sistema nervoso autonomo del corpo umano, controlla le diverse funzioni del sistema parasimpatico (che stimola la digestione, la quiete e ripristina l’equilibrio dopo una situazione di emergenza), mentre il sistema simpatico entra in funzione nelle situazioni di emergenza dell’organismo attraverso l’aumento della frequenza cardiaca e la vaso-costrizione. «Nella sincope vaso-vagale, detta anche sincope neuro-mediata, vi è una iper attivazione anomala del sistema nervoso vagale», precisa l’esperto.


Quali sono i sintomi della crisi vagale

Di solito la crisi vagale è preceduta da una serie di sintomi che permettono di intuire l’imminente perdita dei sensi. «Stordimento, debolezza, nausea, sudorazione abbondante, vertigini e visione offuscata possono preannunciare la sincope vaso-vagale, consentendo alla persona di sedersi, sdraiarsi o mettersi in posizione di sicurezza per evitare cadute o incidenti anche gravi», riferisce il dottor Nejrotti.

«Sono proprio questi sintomi a differenziare la crisi vagale dalla sincope cardiaca, in cui le persone si trovano a terra all’improvviso, senza alcun preavviso. Per di più, la seconda è tipica della popolazione più anziana, che spesso si procura fratture, ferite e traumi cranici in seguito a queste cadute inaspettate».
 

Come si fa la diagnosi della crisi vagale: il tilt test

Generalmente allo specialista è sufficiente un’attenta anamnesi del paziente per formulare la diagnosi di crisi vagale, mentre un semplice ECG può essere eseguito per differenziare da altre e più rare cause giovanili di sincope (QT lungo, Brugada). La conferma può arrivare con il tilt test, un particolare esame diagnostico effettuato per indagare le sincopi da cause non note.

«Il paziente viene posizionato e assicurato grazie ad apposite fasce su un lettino basculante, capace di ruotare grazie a un meccanismo motorizzato. Durante il passaggio dalla posizione orizzontale a quella semi-verticale, tramite degli elettrodi vengono valutate le variazioni della pressione sanguigna e della frequenza cardiaca», specifica Nejrotti. «Il test si considera concluso quando si manifestano la sincope oppure alcune alterazioni significative della pressione arteriosa e della frequenza cardiaca o quando tutte le fasi sono state eseguite senza risposte significative da parte del paziente».


Crisi vagale, cosa fare

Trattandosi di una condizione benigna, non occorrono particolari trattamenti: le crisi vagali tendono a regredire nel corso del tempo, fino a scomparire del tutto.

«Siccome questa condizione è spesso correlata a periodi o eventi stressanti, si può tentare di prevenirne gli episodi evitando il più possibile le situazioni “a rischio” oppure seguendo dei percorsi psicologici per la gestione dell’ansia e dello stress», suggerisce il dottor Nejrotti. «Sul momento, invece, i sintomi possono essere limitati con semplici manovre fisiche da eseguire autonomamente, finalizzate a evitare la brusca discesa della pressione e il conseguente svenimento».

Per esempio, il cosiddetto “hand grip” consiste nello stringere con forza una pallina antistress o un altro piccolo oggetto, fino alla scomparsa dei sintomi; per “arm-tensing”, invece, si intende una contrazione delle due braccia, agganciando una mano all’altra all’altezza del petto e tirando contemporaneamente verso l’esterno; il “leg crossing”, infine, consiste nell’incrociare le gambe, contraendo i loro muscoli e quelli dell’addome per il maggior tempo possibile.


Quando la crisi vagale può essere pericolosa

Difficilmente la crisi vagale è pericolosa per la vita. Quando però il tilt test registra un arresto cardiaco superiore ai venti secondi oppure quando gli episodi sono molto frequenti, al punto da rappresentare una severa limitazione della propria vita, si può valutare la cardioneuroablazione, che consiste nell’individuare le zone cardiache in cui insorge il riflesso vagale per poi cauterizzarle (bruciarle) con l’utilizzo di particolari cateteri che vengono inseriti attraverso una vena periferica.

«Fino a poco tempo fa, la crisi vagale grave poteva essere curata con l’impianto di un pacemaker, che tuttavia ha dimostrato di non rappresentare la soluzione ottimale, sia perché il dispositivo può andare incontro a gravi infezioni, sia perché un’alta percentuale di pazienti continuava a svenire», riferisce l’esperto.

In alternativa, specie nelle forme recidivanti, si può assumere – a dosi ben precise e stabilite dallo specialista – un farmaco orale a base di midodrina, un vecchio principio attivo che è in grado di diminuire la frequenza delle crisi sulla base di uno studio scientifico recentemente pubblicato.

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