C’è ma non si vede. La colite microscopica è una malattia infiammatoria cronica intestinale, che viene definita così perché i suoi segni clinici non sono evidenziabili attraverso le analisi del sangue e i comuni esami strumentali. Addirittura nella colonscopia, la mucosa del colon può apparire normale e questo rende impossibile diagnosticare la condizione senza esaminare il tessuto al microscopio.
«Può comparire a qualsiasi età, ma è più frequente dopo i 60 anni», spiega il professor Edoardo Vincenzo Savarino, professore associato di Gastroenterologia all’Università degli Studi di Padova. «Il disturbo causa disagio soprattutto nelle persone anziane, che potrebbero avere problemi di mobilità o reattività a causa di altre condizioni legate all’età. Per loro, infatti, può aumentare il rischio di incontinenza fecale per la difficoltà nel muoversi rapidamente e raggiungere il bagno».
Che cos’è la colite microscopica
Questa malattia presenta due fenotipi, che sono le due forme principali in cui può manifestarsi. Nella colite microscopica linfocitaria, l’infiammazione è caratterizzata da un aumento di cellule immunitarie specializzate (linfociti) nel rivestimento del colon, mentre nella colite collagenosica si osserva l’aumento di una proteina (collagene) che ispessisce il tessuto.
«Alla biopsia, queste caratteristiche rappresentano dei segni patognomonici, cioè specifici di questa malattia», tiene a sottolineare l’esperto.
Quali sono i sintomi della colite microscopica
Il sintomo principale della colite microscopica è la diarrea cronica, che può manifestarsi dalle tre alle venti volte al giorno. «A differenza delle altre malattie infiammatorie croniche intestinali, come la malattia di Crohn e la colite ulcerosa, questo sintomo non si associa a perdite di sangue: un aspetto importante per arrivare a una diagnosi differenziale anche dalle coliti infettive causate da virus, batteri o parassiti», evidenzia il professor Savarino.
Di solito si associano anche dolore addominale, sensazione di gonfiore, flatulenza, meteorismo e talvolta disidratazione, quest’ultima dovuta alla perdita significativa di liquidi con le continue evacuazioni.
«Tra l’altro, se i liquidi e i nutrienti non vengono opportunamente reintegrati, si può arrivare a disionia, cioè una severa alterazione nell’equilibrio degli ioni presenti nel sangue», avverte l’esperto. «Per esempio, se i livelli di potassio scendono troppo, possono verificarsi vari problemi tra cui disturbi muscolari, confusione mentale e problemi cardiaci, fino all’arresto cardiaco nei casi più gravi».
Quali sono le cause della colite microscopica
Accanto alla forma idiopatica, per cui non esiste apparentemente nessuna causa, ci sono forme secondarie di colite microscopica dove la comparsa della sintomatologia sembra legata all’assunzione di determinati farmaci, come alcuni antipertensivi e antidepressivi, oltre ai recenti inibitori dei checkpoint immunitari, anticorpi monoclonali immunomodulatori particolarmente attivi nei tumori con alcune caratteristiche biologiche.
«Probabilmente, nei soggetti geneticamente predisposti al problema, questi farmaci possono fare emergere una fragilità individuale», commenta l’esperto.
Come si diagnostica la colite microscopica
Vista l’assenza di lesioni macroscopicamente osservabili, la diagnosi della colite microscopica si basa principalmente sull’analisi istologica di campioni prelevati dalla mucosa intestinale.
Ma prima si va per esclusione: «Di fronte alla sintomatologia diarroica lamentata dal paziente, si comincia solitamente con analisi preliminari sul sangue per escludere o identificare alcune condizioni comuni», descrive il professor Savarino. «Tra gli esami più frequenti c’è il dosaggio degli indici di flogosi che aiutano a rilevare la presenza di stati infiammatori, come la proteina C-reattiva o PCR e la velocità di sedimentazione degli eritrociti o VES, e i test sierologici per la malattia celiaca».
Si prosegue con tre diversi esami delle feci: la coprocoltura, l’esame parassitologico e la calprotectina fecale. I primi due servono a escludere (o confermare) la presenza di batteri e parassiti, mentre il terzo misura nelle feci la concentrazione di una proteina, la calprotectina, utile per individuare infiammazioni intestinali. «Quest’ultima può risultare negativa nella colite microscopica, per cui le indagini proseguono con la colonscopia», precisa l’esperto. «Durante l’esame, vanno fatte biopsie multiple su tessuto apparentemente sano del colon: sarà la sua analisi al microscopio a confermare la diagnosi».
Quali sono le terapie disponibili
La terapia della colite microscopica si basa essenzialmente su farmaci cortisonici per ridurre l’infiammazione intestinale e alleviare i sintomi acuti della patologia, come la diarrea e il dolore addominale. «Di solito il trattamento dura tre mesi e sfrutta un cortisonico a bassa biodisponibilità sistemica, cioè progettato per agire principalmente a livello locale e per non essere ampiamente assorbito nel flusso sanguigno, riducendo così gli effetti sistemici e collaterali tipici dei corticosteroidi», tiene a sottolineare il professor Savarino.
«Come nelle altre patologie croniche intestinali, non si punta a una guarigione, ma alla remissione del quadro. Nella maggior parte dei casi, la risposta alla terapia è buona. Nel momento in cui viene sospesa, alcuni pazienti recidivano immediatamente, mentre altri giovano di un sollievo che dura anche mesi o anni».
Per i primi è necessario impostare una terapia cronica, che può sempre basarsi su cortisonici (ma modulando il dosaggio alla dose minima efficace) oppure su molecole usate fuori indicazione (off-label), cioè per scopi diversi da quelli per cui sono state ufficialmente autorizzate: è il caso dei farmaci biologici utilizzati per trattare le altre malattie infiammatorie croniche intestinali.
«Per tutti gli altri pazienti, invece, la terapia viene ripetuta solamente quando i sintomi si riacutizzano, quindi occorre una prescrizione altamente personalizzata», conclude l’esperto.
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