Cheratosi pilare: cos’è, cause, sintomi, soluzioni
A prima vista sembra la classica “pelle d’oca”, in realtà si tratta di una condizione cutanea dovuta all’accumulo di cheratina nei follicoli piliferi, che crea una sorta di tappo. Nella maggior parte dei casi regredisce spontaneamente, ma esistono trattamenti efficaci per migliorarne l’aspetto
Un colpo di freddo improvviso o un momento carico di emozione. La pelle d’oca è una reazione fisiologica ben nota, dove piccoli rilievi sulla cute compaiono all’improvviso per poi scomparire nell’arco di pochi secondi. Ma cosa succede se quei rilievi restano lì, ostinati, giorno dopo giorno, facendo apparire la superficie della pelle “a grana grossa” in maniera costante? Potremmo trovarci di fronte a una condizione molto comune, ma spesso sottovalutata: la cheratosi pilare.
Cos'è la cheratosi pilare
Sebbene a prima vista possa ricordare la classica pelle d’oca, la cheratosi pilare è in realtà un fenomeno del tutto differente. «La pelle d’oca è il risultato di un meccanismo riflesso fisiologico noto come orripilazione o piloerezione», chiarisce il dottor Matteo Figini, dermatologo presso il Villa Lucia Hospital di Conversano (Bari), «in cui i peli si rizzano in risposta a stimoli come il freddo o forti emozioni».
Nella cheratosi pilare, invece, non vi è alcuna attivazione del muscolo erettore del pelo. «Ciò che avviene è un accumulo anomalo di cheratina, la proteina che costituisce la struttura principale di pelle, capelli e unghie», spiega l’esperto.
Invece di desquamarsi e rinnovarsi naturalmente, la cheratina in eccesso si accumula nei follicoli piliferi, formando delle piccole protuberanze dure e ruvide. Il risultato è una superficie cutanea irregolare, granulosa, che al tatto ricorda una grattugia.
Dove compare la cheratosi pilare
La cheratosi pilare può manifestarsi in modo più o meno omogeneo nelle aree del corpo dove si trovano i follicoli piliferi.
«Le zone maggiormente colpite sono in genere quelle estensorie», descrive il dottor Figini. «Parliamo della parte posteriore delle braccia, della parte anteriore delle cosce, degli avambracci, dei glutei e del viso, quest’ultimo soprattutto nei bambini, specialmente a livello delle guance e dell’arcata sopraccigliare. È comunque importante ricordare che la distribuzione e la gravità del disturbo possono variare sensibilmente da un individuo all’altro».
Quali sono le cause della cheratosi pilare
Come spesso accade per molte condizioni dermatologiche, le cause della cheratosi pilare non sono ancora del tutto note, per cui l’origine rimane in parte sconosciuta. Tuttavia, si osserva spesso una familiarità: «Più membri della stessa famiglia possono presentare la stessa manifestazione cutanea, il che suggerisce un’importante componente genetica», indica il dottor Figini.
Tra le ipotesi più accreditate, c’è un’alterazione nei processi di sintesi e desquamazione della cheratina: una produzione eccessiva di questa proteina, accompagnata da un difetto nel suo naturale ricambio, porterebbe all’accumulo nei follicoli piliferi.
«Questo stesso meccanismo è in parte condiviso con la dermatite atopica, con cui spesso la cheratosi pilare si accompagna», evidenzia lo specialista. Si ipotizza inoltre un possibile legame con carenze di vitamina A, nutriente fondamentale per la salute della pelle e degli annessi cutanei come unghie e capelli.
Cosa la peggiora
La cheratosi pilare non è causata da una cattiva igiene né dall’uso di cosmetici sbagliati, ma alcuni comportamenti possono influenzarne l’andamento e, in alcuni casi, peggiorarne l’aspetto. «Spesso, si è portati a schiacciare o grattare le lesioni nel tentativo di eliminarle», osserva il dermatologo. «Questi gesti, insieme all’uso di detergenti o cosmetici troppo aggressivi, possono irritare ulteriormente la pelle, aumentando il rischio di pigmentazioni post-infiammatorie o, in alcuni casi, anche di piccole cicatrici».
Il consiglio, dunque, è quello di evitare trattamenti aggressivi e preferire prodotti delicati, formulati per rispettare il pH cutaneo, così da non ostacolare la naturale evoluzione verso il miglioramento spontaneo della condizione.
Con cosa non va confusa la cheratosi pilare
Generalmente, la cheratosi pilare non si associa a sintomi come prurito o dolore ed è riconoscibile per l’aspetto caratteristico delle lesioni. Tuttavia, l’aspetto clinico può trarre in inganno, perché esistono altre condizioni cutanee che possono ricordarla. «Un esempio è la dermatite atopica, soprattutto nelle sue varianti follicolari, che può presentarsi con rilievi simili ma è accompagnata da infiammazione, prurito e altri segni clinici specifici», indica il dottor Figini. «Anche altri tipi di eczema, appartenenti alla più ampia categoria delle dermatosi infiammatorie, possono manifestarsi con un aspetto simile».
Meno frequente ma comunque possibile è la somiglianza con alcune forme giovanili di psoriasi, che non si presentano con le classiche placche squamose ma piuttosto con lesioni più diffuse e maculari, potenzialmente ingannevoli. «Inoltre», aggiunge l’esperto, «condizioni come le follicoliti, ovvero infiammazioni o infezioni dei follicoli piliferi, o alcune forme di infezioni fungine possono mimare l’aspetto ipercheratosico tipico della cheratosi pilare, pur essendo patologie completamente diverse». Per questo motivo, è sempre consigliabile rivolgersi a uno specialista per una diagnosi corretta e per escludere patologie con implicazioni terapeutiche differenti.
Come si arriva alla diagnosi
«Nella maggior parte dei casi, una valutazione clinica accurata è più che sufficiente per giungere alla diagnosi di cheratosi pilare», assicura il dottor Figini. «L’esame obiettivo, eventualmente supportato da una dermatoscopia, consente di identificare con sicurezza questa condizione nel 99% dei casi».
Nei rari casi di dubbio, si può ricorrere ad accertamenti ulteriori, come esami colturali con prelievo di squame cutanee per escludere infezioni fungine o batteriche oppure – in casi estremi – a una biopsia cutanea. Tuttavia, sottolinea il dermatologo, «questi approfondimenti sono eccezionali e difficilmente necessari».
Come si cura la cheratosi pilare
La cheratosi pilare è una condizione benigna e non presenta rischi di evoluzione in malattie più gravi, come i tumori cutanei. «Il trattamento dipende in gran parte dall’entità e dalla percezione soggettiva del problema», racconta il dottor Figini. «Nella maggior parte dei casi si tratta di una condizione asintomatica, che non provoca fastidi se non, talvolta, prurito. Proprio per questo, le terapie hanno spesso un obiettivo principalmente estetico: migliorare l’aspetto e la texture della pelle favorendo la rimozione degli accumuli di cheratina nei follicoli piliferi».
Una delle strategie più comuni prevede l’uso regolare di creme emollienti arricchite con principi attivi ad azione esfoliante, come alfa idrossiacidi, urea, acido lattico o acido glicolico. Queste sostanze aiutano a sciogliere e rimuovere gli accumuli di cheratina all’interno dei follicoli piliferi, favorendo un miglioramento graduale della superficie cutanea. È fondamentale che questi prodotti vengano utilizzati con criterio, idealmente sotto la guida di un medico o di personale esperto, perché un uso scorretto o troppo aggressivo può rischiare di peggiorare la situazione invece di migliorarla.
«Anche una leggera esfoliazione meccanica può essere utile, ad esempio durante la doccia, con l’utilizzo di guanti in microfibra o tessuti leggermente abrasivi, eseguendo movimenti circolari e delicati», suggerisce il dottor Figini. «Tuttavia, è importante non esagerare: strofinare con troppa forza o insistere esageratamente può irritare ulteriormente la pelle. Persino la temperatura dell’acqua può fare la differenza. L’acqua troppo calda, infatti, tende a peggiorare l’irritazione e il prurito; meglio quindi preferire docce brevi con acqua tiepida, evitando l’acqua bollente che può contribuire a infiammare le zone interessate».
Nei casi più persistenti, soprattutto quando si associa un’infiammazione visibile o quando le terapie base non portano a risultati soddisfacenti, può essere utile ricorrere a trattamenti più specifici. Tra questi, i retinoidi topici come la tretinoina, farmaci utilizzati anche nel trattamento dell’acne, che hanno un effetto cheratoriduttore e antinfiammatorio, stimolano il turnover cellulare e aiutano a liberare i follicoli dai tappi cheratinici. Anche in questo caso, l’indicazione e il monitoraggio medico sono fondamentali per evitare effetti indesiderati.
Nelle forme infiammate, l’uso di corticosteroidi topici, anche di potenza media, può essere utile per alleviare sintomi come rossore e prurito. Negli ultimi anni si è affermata anche la terapia laser, che rappresenta un valido supporto soprattutto nei casi più ostinati o quando l’impatto estetico e sintomatico risulta particolarmente fastidioso per il paziente.
Nelle forme lievi, si può anche decidere di non intervenire, dato che nella maggior parte dei casi la cheratosi pilare tende a risolversi spontaneamente nel tempo. «La soluzione migliore è sempre quella di rivolgersi a un dermatologo o a un professionista esperto», conclude il dottor Figini, «evitando di acquistare prodotti a caso o affidarsi a consigli presi dai social media, dove spesso si trovano informazioni contrastanti, a volte anche dannose. Ogni pelle ha caratteristiche e sensibilità diverse e richiede trattamenti personalizzati».
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