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Bambini, quando serve prevenire con gli antibiotici

Questi farmaci vanno somministrati ai bambini come profilassi soltanto in casi selezionati. Ecco quali sono

Foto: iStock



Usare gli antibiotici, prendendoli più del dovuto e soprattutto quando non sarebbe necessario, è un errore molto diffuso in Italia. E i danni che ne derivano sono particolarmente seri, a partire dal fenomeno dell’antibiotico-resistenza: con il passare del tempo, i batteri imparano a riconoscere e a difendersi dalle molecole che dovrebbero distruggerli, rendendo inefficaci i farmaci.

«Per combattere questo problema la Società italiana di medicina di emergenza ed urgenza pediatrica della sezione Umbria ha stilato il manifesto Profilassi antibiotica sì, profilassi antibiotica no», sottolinea la professoressa Susanna Esposito, presidente dell’Associazione mondiale per le malattie infettive e i disordini immunologici (Waidid), docente di pediatria all’Università degli studi di Perugia.

«Il problema dell’abuso di antibiotici diventa particolarmente pericoloso nei casi in cui si richiede l’assunzione di questi farmaci come profilassi, cioè per prevenire eventuali infezioni batteriche. Non sempre tale copertura è davvero richiesta. Anzi, andrebbe prescritta solo in presenza di determinate condizioni».

Ecco allora quali sono le situazioni più frequenti in cui la profilassi antibiotica deve essere somministrata al bambino. E quando, invece, si può evitare.


  • Otite media acuta


Dovuta a un’infezione prevalentemente batterica a carico dell’orecchio medio (la cavità subito dietro il timpano), spesso è la conseguenza di un banale raffreddore: «Nel 30% dei bambini si verificano episodi frequenti, almeno 3 in 6 mesi o 4 in un anno. Però, la profilassi antibiotica non è necessaria in tutti i casi ricorrenti», precisa la professoressa Esposito.

E allora quando serve la copertura? «Solo nel momento in cui si presentano determinate condizioni. Anzitutto, se è stato già fatto un tentativo di ridurre o eliminare i fattori di rischio, come l’esposizione al fumo passivo o l’uso del ciuccio, oppure se sono stati effettuati i lavaggi nasali, senza ottenere risultati. In secondo luogo, se è già stata fatta la vaccinazione influenzale e pneumococcica; inoltre, quando il bambino ha meno di 2 anni e si sono già verificati 3 episodi di otite media acuta nel corso degli ultimi 6 mesi», precisa la pediatra.

«L’antibiotico va scelto soltanto dopo l’esecuzione di un tampone nasofaringeo, per individuare l’agente patogeno che causa gli episodi ricorrenti, e somministrato per una durata fra i 3 e i 6 mesi».


  • Faringotonsillite da streptococco


Questa infezione acuta di faringe e tonsille è più spesso di origine virale (contro i virus gli antibiotici non servono).

Soltanto nel 15-30% dei casi ha origine batterica: «Le forme causate dallo streptococco beta-emolitico di gruppo A (Sbea) sono comunque poco frequenti. La profilassi con basse dosi di penicillina è raccomandata per quei bambini che hanno avuto una tonsillite acuta da Sbea ricorrente, oppure siano portatori di questo batterio, soltanto quando in famiglia c’è un componente che ha avuto la febbre reumatica acuta (vedi box in alto). L’antibiotico, invece, non è necessario se il bambino ha soltanto un elevato “titolo antistreptococcico” (l’esame del sangue per individuare la presenza dello streptococco), con dolori articolari», fa notare la professoressa Esposito.


  • Infezioni delle vie urinarie


Molto frequenti in età pediatrica, sono spesso sottovalutate o trascurate perché presentano sintomi fuorvianti come febbre o inappetenza: «Soprattutto se si manifesta più volte, un’infezione di questo tipo può indicare la presenza di reflusso vescico ureterale, fenomeno per cui il flusso dell’urina risale dalla vescica, attraverso l’uretere, verso il rene», spiega l’esperta.

«Nella maggior parte dei casi il problema si risolve da solo con il tempo. Ecco perché la profilassi antibiotica è necessaria soltanto in alcuni casi: dopo un episodio acuto di pielonefrite, un’infezione del rene, in attesa che il piccolo venga sottoposto agli esami strumentali; se il reflusso vescico uretrale è particolarmente grave, oppure nei pazienti che presentano almeno 3 episodi in 6 mesi di infezioni alle vie urinarie, oppure 4 nel giro di un anno».



  • Meningite meningococcica


È una malattia infettiva che causa l’infiammazione delle meningi (le membrane che avvolgono cervello e midollo spinale). La forma più pericolosa, per quanto meno frequente, è quella causata dal meningococco: «Quando si viene a contatto con un paziente colpito da questo batterio, bisogna valutare le modalità con cui potrebbe essersi verificato il contagio», fa notare Esposito.

L’antibiotico, pertanto, va usato in via preventiva in casi precisi: «Se ci sono stati contatti ravvicinati con il malato in casa, all’asilo o nella scuola materna; se c’è stata un’esposizione alle goccioline di saliva degli starnuti o della tosse; quando si è verificato uno scambio di baci o è stato usato lo stesso spazzolino da denti; se si è dormito nella stessa camera». Non è indicata la profilassi antibiotica in caso di contatti casuali, senza la diretta esposizione a tosse e starnuti del paziente.



Attenzione alle complicanze

Malattia rara, la febbre reumatica acuta è una complicazione della faringotonsillite da Sbea: «Colpisce una persona su 100 mila», precisa la pediatra Susanna Esposito. «Si manifesta con febbre, dolore e gonfiore articolare, ma anche sintomi più gravi come la cardite, infiammazione dei tessuti del cuore».

La profilassi antibiotica è sempre indicata: «La durata è di 5 anni se non c’è la cardite, altrimenti si estende a 10 anni. Ma nei casi in cui sussistono anche altre complicanze al cuore, la profilassi va seguita fino ai 40 anni», puntualizza l’esperta.



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Articolo pubblicato nel n° 22 di Starbene in edicola dal 14 maggio 2019

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