L’angina pectoris è il classico dolore al petto che si manifesta quando il cuore richiede più sangue di quanto i vasi coronarici siano in grado di fornire. In pratica, il muscolo cardiaco lavora più del necessario e questo squilibrio provoca una sensazione di peso o oppressione al centro del petto, spesso accompagnata da fiato corto, stanchezza e difficoltà a svolgere le attività quotidiane.
Esiste, però, una forma più complessa e meno conosciuta: persone che avvertono il tipico dolore toracico dell’angina ma che, all’esame delle coronarie, risultano perfettamente normali. «Questa condizione sfida le convenzioni della cardiologia tradizionale: dolore toracico che indica ischemia, ma coronarie che sembrano impeccabili alla coronarografia», racconta il dottor Felice Perrino, cardiologo presso il Piccole Figlie Hospital di Parma.
Questa condizione prende il nome di angina senza coronaropatia ostruttiva ed è più comune di quanto si pensi, soprattutto tra le donne. Pur non mostrando lesioni evidenti nelle arterie principali, può influenzare profondamente la qualità della vita, limitando le attività quotidiane e generando ansia e preoccupazione nei pazienti.
Cos’è l’angina senza coronaropatia ostruttiva
Con il termine INOCA (ischemia senza coronaropatia ostruttiva) o ANOCA (angina senza coronaropatia ostruttiva) si indica qualsiasi condizione in cui il cuore soffre per un ridotto afflusso di sangue, seppure senza la presenza di restringimenti significativi nelle arterie coronarie principali.
«Fino a qualche anno fa, la diagnosi di angina si basava quasi esclusivamente sull’individuazione di restringimenti evidenti nelle coronarie», ricorda il dottor Perrino. «Se un test da sforzo risultava positivo, il paziente veniva sottoposto a coronarografia e, se necessario, a un intervento di angioplastica con palloncino o a bypass. Oggi però sappiamo che questo modello non spiega tutto: molti pazienti continuano a manifestare angina pur non avendo lesioni significative. Non a caso, circa il 60% delle persone che arrivavano in sala angiografica presentava in realtà una coronaropatia non ostruttiva».
Anoca, come si arriva alla diagnosi
L’angina senza coronaropatia ostruttiva non è semplice da identificare e, nella maggior parte dei casi, rappresenta una diagnosi di esclusione. Significa che il percorso inizia sempre dallo stesso punto: il paziente riferisce dolore toracico e il cardiologo avvia gli esami per verificare la presenza di stenosi nelle arterie principali. Se la coronarografia e i test funzionali non mostrano restringimenti significativi, ma i sintomi continuano a manifestarsi, occorre andare oltre.
È qui che entrano in gioco tecniche più raffinate. «Con strumenti innovativi, come cateteri sottilissimi che misurano le resistenze del microcircolo, possiamo valutare se i piccoli vasi funzionano bene», riferisce il dottor Perrino. «In altri casi utilizziamo farmaci, come l’acetilcolina, che mettono alla prova la capacità delle arterie di dilatarsi o restringersi. Se la risposta è anomala, emerge il problema: nonostante le coronarie principali siano perfette, il cuore continua a soffrire».
Perché il cuore soffre
Come tutti i muscoli, il cuore ha bisogno di un flusso costante di sangue ricco di ossigeno per funzionare bene. A garantire questa riserva sono i vasi coronarici, che si comportano come rubinetti intelligenti: si dilatano quando il cuore richiede più carburante – ad esempio durante una camminata veloce o uno sforzo fisico – e si restringono quando siamo a riposo.
Quando però questo delicato equilibrio si rompe, il sangue non arriva a sufficienza e compare il dolore toracico. «Il tono vascolare è sempre il risultato di un bilanciamento tra fattori che dilatano e fattori che costringono i vasi», chiarisce il dottor Perrino. «Se prevalgono i secondi, il cuore riceve meno sangue di quanto serva e si genera ischemia».
Diversi elementi possono alimentare questo squilibrio: ipertensione, colesterolo alto, obesità, fumo di sigaretta, ma anche infiammazione cronica e stress. Non si tratta solo di stress fisico, ma anche emotivo. «Ci sono prove crescenti che lo stress psicosociale contribuisca ai disturbi vasomotori coronarici», sottolinea l’esperto. Infatti, molti pazienti raccontano di avvertire i sintomi nei periodi di forte tensione o preoccupazione.
Un’altra osservazione importante riguarda le differenze di genere. Le donne, soprattutto dopo la menopausa, risultano più colpite dalla forma microvascolare dell’angina. Spesso, inoltre, questa condizione si associa a malattie infiammatorie croniche, come il lupus o l’artrite reumatoide, che rendono i vasi più vulnerabili.
Come si cura l'angina senza coronaropatia ostruttiva
Ad oggi non esiste una terapia unica e valida per tutti i pazienti con angina senza coronaropatia ostruttiva. La strategia migliore parte da ciò che ognuno può fare nella vita di tutti i giorni: mantenersi attivi con esercizio fisico regolare, seguire un’alimentazione equilibrata, controllare il peso corporeo e imparare a gestire lo stress. Sono piccoli passi, ma fondamentali per alleggerire il lavoro del cuore e migliorare la qualità della vita.
Accanto allo stile di vita, ci sono alcuni farmaci che possono dare beneficio. «ACE-inibitori e statine, oltre al loro effetto sul colesterolo e sulla pressione, hanno anche un’azione antinfiammatoria che può essere utile in questi pazienti», evidenzia il dottor Perrino. In casi specifici, come l’angina vasospastica dei grandi vasi, entrano in gioco i calcio-antagonisti, che modulano il tono delle arterie e riducono gli episodi di dolore.
Nonostante questi strumenti, la ricerca è ancora in cammino. «La nuova comprensione delle alterazioni funzionali ci permette di dare indicazioni personalizzate, aiutando i pazienti a vivere meglio», conclude il cardiologo. «Intanto, diversi studi clinici sono in corso per individuare trattamenti più mirati, con l’obiettivo di offrire soluzioni sempre più efficaci a chi convive con questa condizione».
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