Un nuovo farmaco per dire addio all’emicrania: il fremanezumab

Finalmente è arrivato nelle farmacie il fremanezumab, l’anticorpo monoclonale capace di prevenire gli attacchi di emicrania per lunghi periodi



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Chi soffre di emicrania episodica ad alta frequenza (cioè per almeno 8 giorni al mese, da oltre tre mesi) o addirittura della forma definita cronica (15 o più giorni al mese) vive un susseguirsi di crisi dolorose altamente invalidanti, che impattano negativamente sulla qualità della vita. Da pochi mesi il Ministero della Salute l'ha riconosciuto come “malattia sociale”. In Italia, soffrono di emicrania circa sei milioni di persone, che oggi possono tirare un sospiro di sollievo grazie all’immissione sul mercato, dallo scorso 22 luglio, di un innovativo farmaco, il fremanezumab, capace di ridurre l’intensità e la frequenza degli attacchi.

Di che cosa si tratta? E qual è il suo meccanismo d’azione, differente dai comuni antinfiammatori e analgesici presi al bisogno, per cercare di lenire il dolore pulsante che dalla fronte e dalle tempie si irradia a tutta la testa?

«Fremanezumab è un anticorpo monoclonale che rientra tra i cosiddetti farmaci biologici perché agisce in modo quasi fisiologico all’interno della scatola cranica», premette la professoressa Sabina Cevoli, neurologa dell’IRCCS Istituto delle Scienze Neurologiche di Bologna. «Il nuovo anticorpo è diretto contro un bersaglio preciso: una proteina chiamata CGRP (acronimo di Calcitonin Gene Related Peptide) che, liberata dalle terminazioni nervose del trigemino, innesca l’attacco emicranico. È da lei, infatti, che dipende la cascata di reazioni infiammatorie che provocano il caratteristico dolore pulsante, accompagnato da spossatezza, nausea, vomito, fotofobia (intolleranza alla luce) e fonofobia (intolleranza ai rumori)». Bloccando la produzione di questa proteina, si diradano nel tempo gli episodi che mettono ko anche la persona più attiva.


Basta quattro dosi all’anno di fremanezumab

A onor del vero fremanezumab non è l’unico anticorpo anti-CGRP lanciato sul mercato per curare l'emicrania. Gli altri due, che agiscono in modo analogo, hanno nomi altrettanto altisonanti: erenumab e galcanezumab. Però il fremanezumab offre un vantaggio in più. «Mentre gli altri due prevedono una somministrazione mensile, sotto forma di iniezione sottocutanea, fremanezumab ha un doppio regime di somministrazione: mensile e, in pazienti se lezionati, anche trimestrale», spiega ancora la professoressa Cevoli.

«Spetta al neurologo, in base al quadro clinico del singolo paziente e alla sua risposta al trattamento, prescrivere la cadenza delle iniezioni sottocutanee del fremanezumab. Ma è importante sottolineare che, nella maggior parte dei casi, con questo anticorpo è possibile trovare tregua dal mal di testa con sole quattro dosi all’anno.

Fatto che facilita l’aderenza alla terapia, soprattutto a fronte dei risultati ottenuti che risultano apprezzabili fin dal primo mese di trattamento dell'emicrania». L’importante è ribadire che non si tratta di banali cachet contro il mal di testa, acquistabili al banco della farmacia, ma di medicine prescrivibili soltanto dai neurologi dei Centri Cefalee, presenti in quasi tutte le città italiane. Sono dispensati dalle farmacie ospedaliere come farmaci in fascia A, cioè a carico del SSN, avendo ottenuto la completa rimborsabilità. Quanto alle iniezioni sottocutanee sono praticate dai pazienti stessi, una volta istruiti dal neurologo sulla corretta procedura da seguire a casa propria.


Gli attacchi di emicrania sono ridotti della metà

Ma quali sono i risultati concreti, in termini di qualità della vita, apportati da questo nuovo farmaco? «Sono stati condotti diversi studi randomizzati in doppio cieco, cioè a confronto con placebo, i più importanti dei quali si chiamano Halo e Focus, e hanno arruolato centinaia di pazienti», risponde la professoressa Cevoli.

«I risultati sono stati più che brillanti: il 48% delle persone affette da emicrania episodica ad alta frequenza e il 41% di quelle affette dalla forma cronica hanno registrato una diminuzione della frequenza e dell’intensità degli attacchi di almeno il 50%. E, in alcuni casi, la riduzione dell’emicrania ha superato il 75%. Se ottenere un dimezzamento dei sintomi può sembrare poco, basti pensare che chi scivola nella morsa emicranica otto giorni al mese “recupera” quattro giorni di salute in più. Ovvero quattro giorni di vita vera, libera dal martellamento continuo».


Pochi gli effetti collaterali

Fremanezumab è controindicato a chi soffre di ipertensione arteriosa grave, non controllata dai farmaci, cardiopatia ischemica e vasculopatie cerebrali conseguenti a ictus. «Per contro, vanta un’alta tollerabilità e gli effetti collaterali sono minimi», precisa la neurologa. «In alcuni casi, si può avere un transitorio arrossamento della zona di inoculazione, mentre nel 3% dei casi i pazienti riferiscono di andare incontro a episodi di stipsi». Piccole noie che però non sono in grado di portare alla sua sospensione.


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Articolo pubblicato sul n. 22 di Starbene, in edicola e in digitale nel mese di ottobre 2020



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