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Minimalismo e felicità: una vita più semplice è possibile?

Meno oggetti, meno parole, meno regole. Benvenuti nel regno del minimalismo. Filosofia che, nata in Giappone, sta conquistando il mondo intero, perché si focalizza su quello che ci rende davvero felici

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Togliere per avere di più. Anche se a prima vista sembra un controsenso, è il messaggio di Vivere semplice (Natura e cultura editrice), il saggio di Sabrina D’Orsi appena arrivato in libreria e destinato a far discutere. Perché l’autrice, anima del blog.vivere-semplice.org e mamma di 3 maschi, propone un nuovo modo di essere genitori. La chiave è “sottrazione”, ovvero meno parole, meno oggetti, meno regole, per riscoprire ciò che è autentico e ci fa stare bene.


Parola d’ordine: eliminare

Lo dicono autorevoli studi scientifici: i bambini davanti a troppi stimoli e scelte diventano più capricciosi, si sentono a disagio. «Questa è stata una delle prime cose che ho notato quando sono diventata madre», dice Sabrina D’Orsi.

«Schiava del multitasking, riempivo la nostra vita di oggetti e impegni e toglievo spazio al pensiero, alla creatività e al benessere. Allora ho iniziato a “eliminare“ per capire le priorità e focalizzarci su quello che ci rendeva felici. Non significa trasformarsi in eremiti, ma per esempio, proporre ai piccoli solo pochi giochi per volta e riporre gli altri in soffitta, chiedersi se l’ennesima maglietta ci serve o non sia meglio usare quei soldi per un’esperienza più appagante come una gita», spiega la blogger.

Che continua: «Ho tolto anche le parole perché, soprattutto con i figli, implicano sempre un giudizio, un commento: meglio stare in silenzio e lasciare loro il tempo di sperimentare e imparare. Perché insistere nel chiedere “Com’è andata a scuola?”, come a sottintendere se si è comportato bene, quando non risponde? Aspettiamo che abbia voglia di esprimere le sue emozioni. Sono anche inutili le sequele di “sbrigati”, che significano che non è abbastanza veloce, per esempio, a mettere le scarpe: lasciamogli qualche minuto in più e ce la farà. Non è un processo immediato, servono tempo ed esercizio continuo, ma è un percorso che porta i suoi frutti. Prima ero perfezionista, ansiosa e competitiva, mi sentivo spesso inadeguata, ora mi vedo più centrata, ho le idee chiare su valori e obiettivi. E anche i miei ragazzi stanno crescendo bene: sono sicuri e autonomi, non si lasciano influenzare dalle mode».


Una nuova sobrietà

Il minimalismo, dunque, sembra funzionare sul fronte dell’educazione. Ma non si ferma qui. La voglia di alleggerire il carico contagia diversi ambiti. «Complice la crisi economica degli ultimi anni, ovunque assistiamo al diffondersi di una nuova sobrietà», nota Mauro Ferraresi, sociologo dei consumi all’università Iulm di Milano.

«Sia chiaro, non si tornerà più a usare le candele come le nostre nonne, però si acquista in modo più critico: ci si chiede quale sia l’impatto ambientale di un oggetto e se è stato prodotto seguendo principi etici. Si cerca di riciclare, si è più essenziali». Tanto che spopolano i metodi alla Marie Kondo per riordinare casa e quindi si buttano o si regalano vestiti, libri e cose che, per esempio, non si sono usati negli ultimi sei mesi.

I mercati del second hand hanno un giro d’affari di 21 miliardi di euro, con un +22% dal 2015, e sono sempre più diffusi gli swap party, feste casalinghe dove ci si scambiano gli abiti. Poi si usa meno l’auto a favore di mezzi pubblici e ibridi e si riscoprono biciclette e camminate.

E la tecnologia? «Anche qui aumenta il senso critico», prosegue Ferraresi. «Si affievolisce la corsa all’ultimo modello di smartphone (- 13%, secondo Nielsen) e si privilegia ciò che semplifica la quotidianità e non ci fa diventare schiavi di schermi e device, come le app che stabiliscono un limite alla connessione o i programmi per organizzare lavoro e spese e ottenere, così, risparmio e tempo libero.

In fondo, le smart city, le città intelligenti del futuro, vanno proprio in questa direzione: più tecnologia per avere, in cambio, più ecologia e benessere. Questa filosofia piace proprio perché implica un maggior equilibrio tra l’individuo, l’ambiente e il resto del mondo, fa sentire soddisfatti, protagonisti della vita e del futuro dei nostri figli, cui cerchiamo di lasciare un Paese migliore».


Dalla filosofia alla pratica

Così negli ultimi tempi si moltiplicano le persone che provano davvero a vivere minimal. In Inghilterra ha fatto scalpore l’esperienza della giornalista Michelle McGhan, che per un anno ha tagliato le spese superflue: bici al posto dell’auto, cinema solo con coupon gratuiti, ginnastica in casa invece della palestra. Alla fine, oltre ad aver risparmiato 23.000 sterline, ha rivoluzionato le sue abitudini e non le ha più cambiate.

Come ha fatto Michele Di Stefano, 39enne genovese, che racconta le sue avventure sul seguitissimo blog karmaecolori.com. «Quattro anni fa ho avuto una crisi: non mi riconoscevo nell’esistenza consumistica e conformista che conducevo: ho lasciato lavoro e moglie, venduto tutto ciò che avevo, e sono partito per un viaggio intorno al mondo con un bagaglio di 20 chili. Ora passo la maggior parte del tempo in Thailandia, dove studio Tantra Yoga. Certo, è una scelta estrema, non per tutti. Ma si può applicare il minimalismo a casa propria, iniziando dalle piccole cose: bere un cocktail con gli amici o strisciare la carta di credito per lo shopping sono azioni che rilasciano dopamina nel cervello, danno una sensazione di benessere momentanea, che brucia come un fuoco di paglia. Invece il minimalismo fa piazza pulita della spazzatura, ovvero del superfluo e delle sovrastrutture sociali che ci condizionano, per farci vedere il significato più profondo della vita».ù


Chi è il re del minimalismo

Non ha nemmeno 40 anni ed è uno degli uomini più chiacchierati del Giappone. È Fumio Sasaki, che nel 2015 ha lanciato il minimalismo. Ha iniziato a liberarsi del superfluo tra le pareti di casa in cui ha pochissimi mobili, 3 camicie, 4 paia di pantaloni e poco altro.

Il resto? Tutto donato agli amici. La moglie e la figlia lo seguono in questo progetto, che lui, dipendente di una casa editrice, ha raccontato nel libro Fai spazio nella tua vita: come trovare la felicità con l’arte dell’essenziale (Bur, 14 €), dove regala ai lettori i consigli per provare questa filosofia.

«Non si tratta di una questione economica», ha spiegato. «Guadagno bene grazie al mio lavoro e non avrei necessità di risparmiare, ma essere sommerso dagli oggetti mi aveva reso triste e pigro. Se hai poco, aguzzi l’ingegno, trovi nuove idee anche per cucinare, fare i mestieri e trascorrere il tempo libero».


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Articolo pubblicato sul n. 48 di Starbene in edicola dal 13/11/2018



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