Mense scolastiche: cosa mangia tuo figlio?

Sono già partiti i controlli a campione dei Nas nelle mense scolastiche italiane. Li ha richiesti il Ministero della salute, dopo le segnalazioni di molte famiglie, per verificare la qualità dei menu. E per combattere gli sprechi alimentari



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Foto: iStock


di Oscar Puntel


La ministra della Salute, Beatrice Lorenzin, ha avviato controlli a campione in tutta Italia per valutare la qualità dei cibi forniti nelle mense scolastiche. L’indagine vuole anche capire se le diete servite ai nostri studenti sono bilanciate e appropriate all’età.

Secondo un rapporto Coldiretti/Ixè, il 20% degli italiani ha una valutazione negativa dei pasti serviti ai figli. E l’83 per cento degli intervistati pensa che le mense dovrebbero offrire cibi più sani per educare le nuove generazioni dal punto di vista alimentare.

«Le verifiche sono partite su segnalazioni dei genitori, che si lamentavano della qualità. Ci interessa andare a fondo per capire se esiste veramente un problema e che tipo di problema è», sottolinea il Ministro. I controlli, a cura dai Carabinieri del Nas, saranno trimestrali.


BAMBINI VIZIATI O CIBO CATTIVO?

50872I nostri bambini non mangiano volentieri il cibo servito nelle mense scolastiche: la pietanza c’è, ma molto spesso il piatto torna indietro e viene gettato (come si vede nell'immagine qui a fianco, scattata da una giornalista della redazione di Starbene nei pressi della scuola del proprio bambino. Visto quante mele finiscono in pattumiera?).

Qualche dato, per intenderci: la società di consulenza e analisi agroalimentare Ul-Conal ha monitorato per un mese, nel 2014, gli avanzi nei piatti dei ragazzi nelle mense scolastiche lombarde, registrando valori allarmanti: il 64,7% della pasta condita con pomodoro e ricotta finiva nei rifiuti. Per lo spezzatino di manzo, si arriva quasi al 73%. Stessa fine per il 29% delle mozzarelle e il 19% del prosciutto. Andava meglio solo al budino (6,5%) e alla frutta (11%).

E ancora nel Rapporto 2015 di Cittadinanzattiva su “Sicurezza, qualità e accessibilità a scuola”, si legge che ogni giorno circa il 14% del cibo si butta via. Secondo l’Osservatorio sulla Ristorazione Collettiva e Nutrizione, finiscono nel cassonetto dell’immondizia l’11% dei primi piatti, il 13% dei secondi, il 22% dei contorni, il 9% nei dessert, il 10% della frutta e il 10% del pane.

Soldi sprecati, cibo sprecato, insomma, visto che i genitori pagano il buono. L'augurio è che l’indagine ministeriale serva proprio a capire se i nostri figli sono viziati o se, in effetti, ciò che viene loro proposto a pranzo “non è buono”.


MA CI SONO SCUOLE CHE NON SPRECANO 

Per arginare il fenomeno, alcune scuole si sono organizzate e hanno avviato campagne anti-spreco, come la consegna del cibo in eccedenza alle mense Caritas perché venga distribuito agli indigenti.

In alcune scuole dell’astigiano, si sono introdotte le mezze porzioni, così i bambini possono mangiare tutto quello che viene proposto ed eventualmente richiedere il bis.

A Lecco, ai bambini viene consegnata la Good food bag, sacchetto per portare a casa gli alimenti confezionati che non sono stati consumati.

Campagne anti-spreco, dice l’indagine di Cittadinanzattiva, che comunque sono ancora troppo poche: succede appena nel 9% delle scuole italiane.


L'EDUCAZIONE ALIMENTARE SI FA A CASA E A SCUOLA

Non va dimenticato, comunque, che è proprio a tavola che si costruisce un corretto rapporto con il cibo, sia a casa, sia a scuola. «L'educazione alimentare non è trasmissione di nozioni, ma si costruisce grazie all'esempio di genitori e insegnanti: se loro non mangiano la verdura, è difficile che lo faccia il bambino.

La mensa scolastica scolastica può diventare un laboratorio di esperienze di sapori e gusti diversi. In una classe ci sono alunni che non mangiano la frutta? Gli insegnanti possono organizzare esperienze di avvicinamento al cibo, con tutti i compagni.

La frutta, per esempio, può essere portata in classe, toccata, annusata, lavata, sbucciata e assaggiata insieme. Nasciamo con i 5 sensi, ma l'apprezzamento del gusto, l'imparare ad assaggiare tutto prima di dire “non mi piace” sono passaggi che avvengono in età evolutiva grazie alle esperienze che un bambino fa. E che devono essere positive”, ci spiega Giuseppe Morino, pediatra-dietologo dell'Ospedale Bambino Gesù di Roma.

«Proprio perché la mensa può trasformarsi in un momento formativo importante si dovrebbero rivedere i menù settimanali, non tanto nei valori nutrizionali (cioè l'apporto calorico adeguato) che sono sostanzialmente corretti, quanto nelle combinazioni degli alimenti», continua l'esperto.

Ci sono mense che, in uno stesso piatto, offrono insieme pasta, pane e patate: ma stiamo parlando della stessa categoria di alimenti e non educhiamo il bambino alla varietà. Così il legume che spesso è offerto come contorno, mentre potrebbe essere proposto come un secondo proteico», ci spiega il pediatra.

12 maggio 2016


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