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Lotta al cancro: diagnosi in aumento, ma migliorano le cure

La fotografia alla vigilia della Giornata mondiale della lotta al cancro. Le diagnosi, le cure innovative, ma anche l’appello dell’esperto: «Attenzione allo stile di vita»

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Le diagnosi di tumore aumentano, ma migliorano anche le terapie, tanto che cresce il tasso di sopravvivenza tra i pazienti oncologici. Sono alcune delle indicazioni che arrivano alla vigilia del World Cancer Day, la Giornata mondiale della lotta al cancro, il 4 febbraio. Nel 2022 ci sono state 390.700 diagnosi di tumore, cioè 14.100 in più rispetto al 2020, come emerge dalla XII edizione del volume «I numeri del cancro in Italia», curato da Aiom, Associazione italiana di oncologia medica, con la collaborazione anche di Airtum, Fondazione Aiom, Ons, Passi, Passi d’argento e Siapec-Iap.

I cinque carcinomi più frequenti sono quelli della mammella (55.700), colon-retto (48.100), polmone (43.900), prostata (40.500) e vescica (29.200). In generale si parla di incrementi compresi tra lo 0,5% e l’1,5%, con un picco del + 3,6% % di casi di tumore al polmone nelle donne. Ma gli esperti mettono in guardia: «Il 2023 potrebbe essere l’anno della pandemia da cancro, perché le diagnosi sono aumentate di molto, soprattutto in Africa e Asia, dove è migliorata la possibilità di intercettare la malattia. In Occidente, invece, a pesare è lo stile di vita e la pandemia non ha giovato, anzi ha peggiorato in molti casi le condizioni di salute generale della popolazione», spiega il presidente dell’AIOM, Saverio Cinieri.


Diagnosi in aumento: colpa (anche) della pandemia Covid

I dati non lasciano molti dubbi: il 33% degli italiani è in sovrappeso, il 24% fuma e i sedentari sono passati dal 23% nel 2008 al 31% nel 2021. Durante la pandemia la situazione è peggiorata: «Complici il lockdown e le restrizioni a causa delle ondate di contagi, si è fumato di più, si è mangiato di più e ci si è mossi di meno», spiega Cinieri. Nel complesso l’emergenza sanitaria ha portato anche a ritardi nell’assistenza sanitaria e a un rallentamento degli screening diagnostici. Come sottolinea l’AIOM, però, «si registra una ripresa dei programmi di prevenzione secondaria e degli interventi chirurgici in stadio iniziale».


Migliorano le diagnosi precoci

Un altro aspetto che contribuisce all’aumento delle diagnosi, però, è anche la capacità di individuare la malattia precocemente, permettendo anche terapie che possono aumentare le possibilità di guarigione: «Teniamo presente che in passato non si era in grado di attribuire alcuni decessi al cancro, come invece avviene oggi, e ci si limitava spesso a parlare di decesso ‘per un brutto male’ - spiega Cinieri – Oggi, invece, abbiamo migliorato le capacità diagnostiche e questo è un aspetto positivo da sottolineare, insieme a fatto che possiamo contare su terapie più efficaci e mirate. Se analizziamo la popolazione italiana, il 5% ha avuto una diagnosi di tumore ed è guarita, con un innalzamento dell’indice di sopravvivenza».


Verso la cronicizzazione della malattia

Tra le nuove sfide, dunque, ce ne sono due in particolare: da un lato la cronicizzazione della malattia, dall’altra una medicina sempre più personalizzata. «Sicuramente è aumentata la capacità di cronicizzare la malattia: significa che è cresciuta la possibilità di convivere con il tumore. Questo, purtroppo, non accade sempre, ma penso che potremo arrivare a una condizione in cui si possa vivere in modo più normale anche e nonostante la patologia, grazie anche alle nuove metodiche terapeutiche», conferma il presidente di AIOM. Una delle frontiere è la medicina personalizzata e di precisione. «Rispetto al passato oggi è cambiato l’approccio. Da un lato si eseguono sempre più esami genetici, per individuare il profilo del paziente, dall’altro disponiamo anche di tecniche nuove: fino a qualche tempo fa si faceva ricorso quasi esclusivamente alla chemioterapia, che comunque non abbiamo abbandonato. Essendo una terapia aspecifica, però, ha il limite di uccidere indistintamente le cellule in replicazione, causando effetti collaterali come la caduta dei capelli o problemi all’emocromo, ai globuli bianchi e alle mucose, come quelle della bocca. Grazie alla sempre maggiore conoscenza del genoma umano, al suo svisceramento completo che ha permesso di conoscere tutti i geni del corpo umano, è diventato più facile individuare il gene alterato che induce il cancro: il cosiddetto oncogene», precisa l’oncologo. In questo modo le possibilità terapeutiche sono maggiori: «Un esempio classico è quello del cancro alla mammella: se si è in presenza di gene A2 positivo, che è l’alterazione più diffusa (presente nel 15% delle donne con cancro al seno), abbiamo molti farmaci specifici, compresi quelli di ultima generazione, che sono i citotossico-coniugati. Questi anticorpi specifici, dopo l’immunoterapia, sono la nuova frontiera».

Ma come funzionano? «Si vanno a legare su un recettore della cellula malata e vengono inglobati nella cellula malata: concretamente entrano nel suo nucleo, dove si dissolve la copertura e viene rilasciato un chemioterapico. Questo sarebbe molto tossico se fosse somministrato in vena, ma all’interno della cellula malata la uccide da dentro, agendo in modo mirato e circoscritto. Si tratta di scoperta ‘copernicana’», commenta Cinieri, che aggiunge: «Abbiamo molti anticorpi citotossici alterati, realizzati grazie alla tecnica dell’Rna che ci ha permesso anche di mettere a punto i vaccini anti-Covid. Non dimentichiamoci, infatti, che questa parte di ricerca è nata proprio per individuare farmaci anti-tumorali di nuova generazione», conclude Cinieri.


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