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Fumo, la raccolta firme per il divieto totale

L’iniziativa, partita dall’Istituto Mario Negri di Milano, fa parte di un’azione a livello europeo che mira a creare la prima generazione smoke free e ha trovato l’appoggio di numerosi esperti

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È appena partita e ha già ottenuto molte adesioni la campagna di raccolta firme per chiedere il divieto totale di fumo entro il 2030. A lanciarla è stato l’Istituto Mario Negri di Milano in collaborazione con la Società Italiana di Tabaccologia (SITAB). Se questo è l’obiettivo di medio-lungo periodo, nel medio periodo l’iniziativa fa parte di un’azione a livello europeo, promossa dalla ONG spagnola Nofumadores, che mira a creare la prima generazione smoke free: in questo caso la data da tenere a mente è il 15 gennaio 2024, entro cui si vorrebbe arrivare a 1 milione di firme in Europa per chiedere il divieto di vendita di tabacco e prodotti a base di nicotina per tutti i cittadini europei nati dopo il 1° gennaio 2010.


Stop al fumo per i nati dopo il 2010

L’idea di introdurre un divieto di fumo per un’intera generazione (e a partire dai nati in un anno preciso) ha come capofila l’Australia e la Nuova Zelanda. Questo la rende un obiettivo concreto e raggiungibile anche in Europa, anche se non privo di ostacoli: «Ne siamo consapevoli, ma siamo irremovibili sul fatto che sia la cosa giusta da fare, in particolare in questo periodo storico in cui abbiamo esempi concreti che oltre ad essere giusta, questa causa sia anche possibile. Mi riferisco alla Nuova Zelanda, primo paese al mondo che ha approvato una legge a tutela dei più giovani, vietando la vendita di sigarette a tutti i nati dopo il 2009», ha spiegato Silvano Gallus, epidemiologo del Dipartimento di Ricerca Ambiente e Salute dell’Istituto Mario Negri di Milano, coordinatore italiano dell’iniziativa.


Come creare una generazione “smoke free” in Europa

Il percorso non è semplice, dunque, ma parte da un presupposto normativo: la petizione, infatti, fa leva sul meccanismo della cosiddetta “Iniziativa dei cittadini europei” (ICE), che obbliga la Commissione Europea a prendere in considerazione qualsiasi iniziativa che raccolga 1 milione di firme in almeno 7 paesi europei che, a loro volta, devono raggiungere un numero minimo di sottoscrizioni (in Italia ne sono previste 54.000). Tutti i cittadini maggiorenni possono aderire, tramite l’apposito sito dell’UE (eci.ec.europa.eu/029/public/#/screen/home).


Il progetto non si limita al divieto di vendita di sigarette (con tabacco o nicotina) ai nati dopo il 2010, ma anche alla creazione di aree smoke free, anche all’aperto, come spiagge, rive fluviali e parchi nazionali. In questo modo aumenterebbero le zone libere da fumo e da mozziconi (con benefici per l’ambiente). Infine, si mira a eliminare la pubblicità di prodotti a base di tabacco, anche su tv e social media, dove invece sono presenti anche in forme occulte. «Non per ultimo, si chiede che vengano finanziati progetti di ricerca indipendenti dall’industria del tabacco sulle malattie causate dal consumo di tabacco per migliorarne la prognosi e renderle curabili», spiega l’Istituto Mario Negri.


Divieto di fumo entro il 2030: è realizzabile?

«Si tratta di traguardi ambiziosi nei quali crediamo anche noi della Società italiana di tabaccologia», spiega il vicepresidente, Roberto Boffi, responsabile di Pneumologia e del Centro antifumo dell’Istituto nazionale dei Tumori di Milano. «Noi puntiamo molto e da sempre nella prevenzione, nella ricerca indipendente e nella multidisciplinarietà, tanto che nel nostro team ci sono anche psicologi ed epidemiologi come Gallus, per questo abbiamo aderito anche noi – prosegue Boffi – Sul traguardo che ci si pone, credo che a volte bisogna essere visionari e porsi obiettivi alti. Finora, non senza fatica e gradualità, siamo riusciti ad arrivare a risultati concreti come il divieto di fumo anche all’aperto a Milano a 10 metri dalle pensiline delle fermate dei mezzi pubblici, ma anche nei parchi o negli stadi, o alla creazione di una spiaggia con divieto di fumo a meno di 10 metri dagli ombrelloni, a Bibione. Dove non arriva l’informazione e la sensibilizzazione, però, ci deve essere una normativa che va accompagnata alla certezza delle sanzioni, altrimenti le leggi perdono di credibilità». Sul fronte delle leggi italiane, in realtà, si è registrata una battuta d’arresto.


Le leggi in Italia: a che punto siamo

Il ministro della Salute, Orazio Schillaci, di recente ha annunciato la volontà di ampliare il divieto di fumo, anche nelle aree outdoor ed estendendolo anche alle e-cig, le sigarette elettroniche. «Siamo d’accordo perché oltre ai progetti più ampi, occorre agire nel qui e adesso. Nella scorsa legislatura si era lavorato a un disegno di legge bipartisan che, dopo essere rimasto fermo per anni, aveva ottenuto l’appoggio di oltre 80 senatori. Purtroppo, cambiando Governo, si riparte da zero. Ma se c’è, come sembra, il sostegno del Ministro, forse stavolta ce la faremo. Anche in quel caso il testo, presentato dal Senatore Giuseppe Auddino, prevedeva un’estensione dei divieti, che secondo noi dovrebbe riguardare sia le aree esterne per quel che riguarda il fumo tradizionale, sia le aree interne per le sigarette elettroniche, che sono comunque nocive. Oggi, inoltre, i giovani sono bombardati da una massiccia campagna pubblicitaria sulle e-cig ‘usa e getta’», spiega Boffi.


Le sigarette elettroniche usa e getta: quali rischi

Le sigarette elettroniche ‘usa e getta’ o monouso (in inglese Disposable) sono dispositivi di vaping pronti all'uso: contengono una batteria e un meccanismo di vaporizzazione integrati con un liquido precaricato. Chiamate dai ragazzi anche Puff e sono molto diffuse proprio nella fascia più giovane della popolazione. «Purtroppo hanno una grande capacità di generare dipendenza. Contengono, infatti, sali di nicotina che hanno un legame recettoriale 4 volte superiore rispetto alla nicotina tradizionale, che crea appunto maggiore dipendenza. In più, usano aromi che danno freschezza e dolcezza, ricordano caramelle o gomme da masticare, che le rendono molto attrattive: ad esempio, si usa anche il mentolo, che invece è bandito dalle sigarette tradizionali. Per questo sono accattivanti, oltreché poco appariscenti perché si tengono comodamente negli astucci; si comprano anche su internet e possono contenere anche alcol, quindi mimano il gusto di assumere alcolici. A ciò si aggiunga che inquinano, perché la batteria ogni volta viene gettata via dopo l’uso quindi vanno in direzione opposta rispetto alla filosofia ecologica di tutela ambiente che invece si è diffusa tra le giovani generazioni da qualche tempo a questa parte», spiega lo pneumologo, che ricorda come anche le sigarette elettroniche nuocciano alla salute: «Sono ormai numerosi gli studi che dimostrano come anche le e-cig, sia con liquidi come quelle monouso, sia a tabacco riscaldato, rilascino sostanze cancerogene. Chiaramente ci sono differenze tra prodotti diversi, ma in ogni caso vanno in direzione opposta rispetto all’obiettivo iniziale con il quale erano state immesse nel mercato, cioè come alternativa meno dannosa possibile per cercare di smettere di fumare. I dati ci dicono che l’80% di chi le usa è un fumatore duale, che fuma le sigarette tradizionali in ambienti aperti e quelle elettroniche indoor, dove non c’è ancora il divieto di fumo per queste ultime».


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