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Quante cose puoi fare in farmacia

Esami per il cuore, controlli anti-osteoporosi, consulti con il nutrizionista. E poi ancora, test per le intolleranze, campagne di screening. Addirittura trattamenti estetici. L’offerta si allarga sempre di più. E l’obiettivo è il monitoraggio dei pazienti cronici

Foto: iStock




Un paio di professionisti, scaffali zeppi di prodotti, un computer e poco altro. Fino a qualche tempo fa, le farmacie italiane erano proprio così. Ma ora, come si vede quasi ovunque, queste attività sono molto diverse. E non è soltanto una questione di look. La nuova parola d’ordine, infatti, è servizi, con l’offerta di esami, consulenze, screening e molto altro. Insomma, i “negozi con la croce verde” si sono trasformati in autentici centri della salute. Allora, che cosa cambia per il cittadino e per chi ci lavora? Vediamolo insieme.


Rispondono al bisogno di velocità

A fotografare alla perfezione il fenomeno ci ha pensato il primo rapporto realizzato da Cittadinanzattiva e Federfarma. «Nel 63% delle strutture c’è il famoso servizio Cup (centro unico per le prenotazioni)», spiega Marco Cossolo, presidente di Federfarma. «Quasi 8 su 10 fanno esami, soprattutto quelli classici come glicemia (96%), colesterolo totale (92%), trigliceridi (83%). L’87% partecipa a diverse campagne di prevenzione e screening.

Invece, altre figure professionali come infermieri, fisioterapisti e psicologi sono presenti al massimo in un punto vendita su 10». La grande differenza, in questo caso, la giocano le città: più sono grandi, più si punta su servizi sfaccettati.

È il caso della farmacia milanese Ambreck, un’istituzione da oltre un secolo nel capoluogo lombardo. «Da noi ogni mattina c’è l’infermiera», spiega la responsabile Raffaella Ferrari. «Esegue iniezioni, vaccini ed esami come holter cardiaco ed elettrocardiogramma. Il costo è di poco superiore rispetto al Servizio sanitario nazionale, ma non serve prenotazione e al massimo entro 24 ore diamo l’esito, quindi è molto comodo. Periodicamente, invece, vengono il nutrizionista e l’audiometrista. Funzionano molto bene anche i servizi estetici, i test per le intolleranze alimentari e il nostro laboratorio per la preparazione dei medicinali che non sono in commercio. La clientela è variegata, molti arrivano perché apprezzano la velocità».

Anche la storica Farmacia Di Lullo, a Napoli, è un esempio della trasformazione. «Vendere medicinali è solo una delle tante attività», nota una delle responsabili. «Ormai siamo diventati un punto di riferimento per la salute. La gente viene soprattutto per prenotare ed eseguire esami. Tra test e screening dialoghiamo molto con le persone, le seguiamo passo dopo passo facendo educazione e sensibilizzazione. Oggi la gente è più attenta al benessere e alla prevenzione e noi rispondiamo a questa esigenza».

Ma così tanta offerta non rischia di causare un effetto fai da te, con i cittadini che si auto curano? «No, per ora il pericolo non c’è», continuano dalla farmacia Di Lullo. «Noi professionisti facciamo da filtro: evitiamo test inutili e incoraggiamo sempre a consultare il medico per eventuali terapie. Anzi, questo ci permette di collaborare ancora di più con i medici per offrire un aiuto mirato e costante».


Professionisti a 360 gradi

A proposito di professionalità, proprio quella del farmacista è in evoluzione. «Certo, prima eravamo concentrati sui medicinali, adesso agiamo a 360 gradi», prosegue la dottoressa Ferrari della farmacia Ambreck. «Peccato che la preparazione di base non vada sempre di pari passo: l’università, infatti, non propone lezioni specifiche, per esempio su esami o alimentazione. Quindi dobbiamo frequentare noi corsi di formazione proposti dall’ordine o da società private, ma resta tutto legato all’iniziativa del singolo, è ancora poco capillare. A proposito di medicine, poi, la nuova veste delle farmacie rischia di metterci in secondo piano sul fronte dei prodotti più innovativi, che infatti arrivano prima negli ospedali e nelle Asl».

Essersi trasformate nei nuovi “templi della salute’, poi, porta un ulteriore compito a queste strutture. «Il grande fronte da sviluppare è quello del monitoraggio dei pazienti cronici», conclude il presidente di Federfarma Marco Cossolo. «Il 39% degli italiani soffre di queste patologie ed è un numero destinato a crescere visto l’aumento della popolazione anziana.

Il tasto dolente è l’aderenza alle terapie, cioè il rispetto delle indicazioni del medico nell’assunzione dei farmaci, che si aggira tra il 40 e il 50%. Vuol dire che i malati assumono meno della metà dei medicinali necessari. In pratica, non si curano in modo adeguato e questo comporta un peggioramento dello stato di salute, con ricoveri o corse al pronto soccorso. Tutto ciò determina anche costi che si potrebbero evitare. La farmacia può dare un contributo importante. La prova è il progetto I-MUR, che prevede il controllo costante del farmacista: in sei mesi ha fatto aumentare l’aderenza del 40% e ha migliorato del 25% le condizioni dei malati».


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Articolo uscito sul n. 4 di Starbene, in edicola dall'8 gennaio 2019

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