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Medicina: quanti farmaci e cure nate per caso

Dagli antibiotici alle pillole dell’amore. La scienza a volte scopre terapie straordinarie senza andare a cercarle. L’ultimo caso? Un rimedio contro la caduta dei capelli

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La casualità, l’imprevisto sono alleati importanti per gli scienziati: permettono di mettere a segno nuove cure o di trovare campi di applicazione inediti a terapie già note. È recente, per esempio, la scoperta che un estratto di mela annurca, studiato per controllare il colesterolo, aiuta anche a contrastare la caduta dei capelli.

«Abbiamo notato che i partecipanti all’indagine riportavano, oltre agli attesi benefici sul colesterolo, anche un rinfoltimento della chioma», racconta il professor Ettore Novellino, direttore del Dipartimento di farmacia dell’Università Federico II di Napoli. «Così siamo risaliti al componente della miscela che esercitava questa proprietà. Ciò ci ha permesso di differenziare le formule e oggi abbiamo due integratori a disposizione: uno per il colesterolo, l’altro per la calvizie».


Il ruolo della serendipità

Alcuni la chiamano serendipità: nella favola da cui prende il nome (serendipity), tre giovani principi scoprono cose straordinarie senza andarle a cercare. «È una componente importante, e ricorrente, della scienza e apre nuovi percorsi esplorativi», commenta Diego Fornasari, professore di farmacologia all’Università degli studi di Milano.

«Uno dei primi esempi fu quello dell’anticoagulante orale più potente al mondo, il warfarin, inizialmente usato come topicida. Fu in seguito al fallito suicidio di un marinaio che lo aveva ingerito, che si capì come, a basse dosi, il veleno non era letale, ma curativo».

L’esempio più famoso è il sildenafil, la pillola dell’amore: studiato per le malattie del cuore, trovò tutt’altre applicazioni mediche.

Anche Fleming scoprì le proprietà antibiotiche della penicillina accidentalmente, analizzando la muffa che si era formata sui composti su cui stava lavorando.

E ancora: l’azione antidepressiva dell’isoniazide, che negli anni Cinquanta curava epidemie di tubercolosi, fu chiara notando quanto erano euforici e sorridenti gli infetti ricoverati nei sanatori.

Recentissima la scoperta che il propranololo, farmaco antipertensivo, può essere usato anche nel trattamento degli angiomi infantili al posto del cortisone.


La fortuna non basta

Ma, come diceva Pasteur, la casualità non è tutto. Servono intuito, preparazione, mente aperta. Solo così errori e fallimenti diventano opportunità. «Numerose innovazioni sono passate attraverso sbagli e passi indietro», sottolinea Andrea Castiello d’Antonio, professore di psicologia del lavoro all’università europea di Roma. «La storia insegna che i flop sono straordinariamente comuni.

Se non sbagliassimo, lasceremmo molte strade intentate». È proprio a casualità ed errori umani che si deve la nascita del primo pacemaker: lavorando a un congegno, lo scienziato inserì una resistenza sbagliata finendo per riprodurre perfettamente il ritmo del cuore. Così fu anche per l’anestesia: il protossido di azoto era usato nell’Ottocento come gas euforizzante dai comici durante i loro spettacoli, ma quando uno di questi si ferì e non provò dolore, un dentista seduto in platea ebbe l’intuizione.


Sbagliando s’impara

Sull’errore come parte fondamentale del processo scientifico è basato il libro per ragazzi Errori galatticiErrare è umano, perseverare è scientifico dell’astrofisico Luca Perri (DeAgostini, 15,90 €). Illustra a fumetti le “cantonate” e i “granchi” presi dagli scienziati più famosi, spiegando come un buon ricercatore della verità debba sbagliare, per migliorarsi e progredire. Perché non è importante essere infallibili, ma non arrendersi.



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Articolo uscito sul n. 50 di Starbene, in edicola dal 27 novembre 2018



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