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Dislessia: i gruppi di auto-aiuto allo studio

Ragazzi con Dsa che insegnano ai coetanei alle prese con gli stessi problemi a studiare bene. Succede a Firenze, all’associazione “Pillole di parole”

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È il tavolo delle riunioni, ma di pomeriggio si colora di quaderni pieni di disegni e mappe concettuali. Siamo nella sede di LibriLiberi, storica casa editrice fiorentina, che dal 2012 ospita anche “Pillole di parole”, un’associazione di ragazzi con disturbi specifici dell’apprendimento, come dislessia, discalculia e disortografia, che organizza gruppi di auto aiuto allo studio per coetanei con gli stessi problemi. I cosiddetti Dsa, che in Italia interessano più di due milioni di persone.


L'idea di fondare un'associazione

A fare nascere l’associazione (in questi giorni alla prese con l’organizzazione del convegno “Ho una caratteristica in più”) sono stati Vittoria Hayun e Filippo Gerli, oggi 25 e 26 anni. Entrambi frequentavano il liceo scientifico Castelnuovo di Firenze. Classi diverse, vite parallele, due personalità agli antipodi, ma stesso problema.

Filippo, dislessico e discalculico, faceva di tutto per mascherare il disturbo, rifiutando il piano didattico su misura per studenti con Dsa. Vittoria, invece, aveva ricevuto la diagnosi solo tra la prima e la seconda liceo, sentendosi, fino a quel momento, dare della svogliata. «Sapere di essere dislessica mi ha permesso di capire che non ero né impreparata né incapace», ci racconta dal Lussemburgo, dove sta scrivendo la sua tesi in inglese. «Però, il problema da affrontare era un altro: i prof non davano spiegazioni alla classe e i miei compagni mi accusavano di “rubare” i voti, visto che potevo usare la calcolatrice o la sintesi vocale».


Gli insegnanti sono tutti under26

Per l’ultimo report del Miur, 250mila studenti (2,9%) di ogni ordine e grado su oltre 8,6 milioni di iscritti ha difficoltà d’apprendimento. Ma fino al 2011 solo l’0,7% degli alunni aveva una diagnosi di Dsa. È stato per questo che Vittoria si è messa in testa di fare qualcosa. È andata a “stanare” Filippo in classe sua, e nel 2012, insieme hanno scritto il libro Devo Solo Attrezzarmi (LibriLiberi, 12 €) e fondato l’onlus “Pillole di Parole” (pillolediparole.it). «Siamo un’associazione con oltre 300 ragazzi iscritti che lavorano insieme.

I più grandi insegnano ai piccoli a trovare i propri punti di forza e ad affinare il metodo di studio», spiega Filippo che, dopo la laurea, è diventato fisioterapista e ricercatore. «Lavoriamo per sostenere chi ha un Dsa e per promuovere l’inclusione nel contesto scolastico, perché la dislessia non è una malattia, ma solo una difficoltà». Un concetto che è più facile capirlo se te lo spiega chi è riuscito ad “attrezzarsi”.

Per questo i ragazzi di Pillole (tutti under 26) sono già entrati in più di mille classi, dalle elementari alle superiori, per parlare di Dsa partendo dai bisogni, dai dubbi e dalle resistenze espresse dai diretti interessati. E fanno bene a farlo: una ricerca dell’University of Washington, pubblicata su Nature Communications, dice che insegnare ai dislessici un metodo di studio su misura per loro migliora le perfomance scolastiche e potenzia le aree cerebrali legate al linguaggio e alla visione.


Una ragazza dislessica di successo

Andrea Delogu, conduttrice del programma tv Stracult e voce di Radio 2 ne La versione delle 2, racconta la storia della sua dislessia nel libro Dove finiscono le parole (Rai libri, 17 €) in libreria dal 9 aprile. Anche per la conduttrice le parole diventano difficili da comprendere e da scrivere. Eppure vive immersa in un mondo in cui comunicare è tutto. Ma ha imparato ad aggirare l’ostacolo. Lo ha raccontato lei stessa in una conferenza TedX (organizzazione no profit per la diffusione di idee di valore). «Da allora non smetto di ricevere mail e messaggi di ragazzi, genitori e insegnati. Perciò ho accettato di scrivere un libro sulla mia dislessia, ma in modo ironico come piace a me». Per Andrea, che sarà anche testimonial del convegno di Firenze, essere dislessici «non è una colpa, sono gli altri che non capiscono che non c’è un solo modo di apprendere».


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Articolo pubblicato nel n° 16 di Starbene in edicola dal 2 aprile 2019


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