Data di scadenza dei cibi, “spesso buono oltre”: come cambiano le etichette

La Commissione Ue vuole introdurre la nuova dicitura “Spesso buono oltre” al posto della solita “Da consumare entro il…” . Cosa significa e cosa cambierebbe



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Ridurre gli sprechi e aumentare la consapevolezza dei cittadini. Con questi obiettivi la Commissione europea ha proposto una modifica alle attuali etichettature degli alimenti, in particolare cambiando le indicazioni che riguardano la data di scadenza. Insomma, potrebbero presto andare in soffitta scritte come "Da consumare entro il…", per lasciare il posto a una nuova raccomandazione, tipo "Spesso buono oltre".

Che ne sarà, allora, del classico "Da consumarsi preferibilmente entro il…"? E cosa significherà la nuova avvertenza?


Perché cambiare le etichette dei cibi

Per capire cosa c'è all'origine di questo possibile cambiamento, bisogna ricordare che ogni anno finisce nella spazzatura qualcosa come 127 chili di prodotti alimentari per ciascun cittadino europeo, per un totale 57 milioni di tonnellate di rifiuti che devono essere smaltiti, pari a un valore di 130 miliardi di euro sprecati.

Spesso, però, tra questi rifiuti ci sono alimenti che potrebbero ancora essere consumati in sicurezza, nonostante il superamento della data di scadenza in etichetta. Da qui la proposta di modifica, che gli stessi tecnici di Bruxelles hanno motivato spiegando: «L'introduzione della nuova dicitura è ora considerata necessaria per consentire una migliore comprensione della data di scadenza» per portare a cambiare «il processo decisionale dei consumatori in merito all'opportunità di consumare o eliminare un alimento», come si legge nella misura proposta da Bruxelles e al vaglio ora del Parlamento.
Ma come si capirà quando è bene consumare un alimento, a seconda del tipo di etichette?


La dicitura "Spesso buono oltre" cosa significa?

Ma cosa significa esattamente la dicitura "Spesso buono oltre"? «Purtroppo si tratta di una traduzione dall’inglese, che non risulta chiara in italiano. Probabilmente è stata affidata a traduttori non esperti in materia, quindi potrebbe confondere. In molti si chiedono cosa significhi “spesso”, chi lo stabilisce?», si chiede Agostino Macrì, docente di Ispezione degli Alimenti presso la Facoltà di Medicina del Campus Biomedico di Roma, responsabile della Sicurezza alimentare dell'Unione Nazionale consumatori e già dirigente del Dipartimento di Sicurezza alimentare dell'Istituto Superiore di Sanità.

«Il punto è che quando in etichetta troviamo l’attuale dicitura "Da consumarsi preferibilmente entro il…" significa che dopo quella data quel cibo è ancora buono da un punto di vista sanitario, ma potrebbe esserci un semplice scadimento di qualità nel gusto. Naturalmente si deve trattare di un lasso di tempo non infinito», precisa Macrì.

La stessa Commissione ha indicato, nelle spiegazioni relative alle possibili nuovi etichette, alcuni casi concreti: per gli alimenti in scatola, per esempio, il consumo sarebbe valido anche fino a un anno dopo l’indicazione, a patto che la confezione sia integra e sia stata conservata in modo corretto, per esempio non esposta a luce o sbalzi di temperatura. Lo stesso vale per i prodotti secchi, come la pasta o i biscotti, previo controllo anche visivo per accertarsi che non si siano formate farfalline o muffe.

Diverso, invece, il caso dei prodotti freschi per i quali le scadenze vanno rispettate. «Quando troviamo la dicitura "Preferibilmente entro…", che solitamente è su prodotti meno deperibili come la pasta, significa che se scadono dopo tre mesi possiamo mangiarli anche dopo tre mesi e mezzo, in linea di massima. Va comunque sempre fatto un controllo visivo anche in caso di indicazione "Da consumare entro e non oltre"», avverte l’esperto.


Entro quando consumare i cibi freschi

Un caso concreto e frequente è quello del latte. «Il latte fresco andrebbe sempre consumato entro 6 giorni, ma questo termine si riferisce alla scadenza generale, se conservato integro e in frigorifero: se invece viene aperto andrebbe consumato in un paio di giorni perché prendendo aria si può contaminare con microbatteri», spiega Macrì.

«Il latte a lunga conservazione, invece, può durare fino a 90 giorni, ma solo se la confezione non viene aperta, altrimenti anche in questo caso la scadenza è di un paio di giorni. Per il microfiltrato si indicano in genere 10 giorni che sono il frutto di ricerche effettuate dalle aziende, che hanno dimostrato che rimane inalterato per questo periodo di tempo. Ma se aperto va bevuto sempre nelle 48 ore circa».

«In genere per tutti i latticini e le creme, come la maionese, una volta aperti vanno consumati nel più breve tempo possibile – prosegue Macrì -. Ciò vale, per esempio, anche per le mozzarelle, per le quali sono indicati anche 10 giorni come periodo entro cui mangiarle».


Cosa fare se compaiono le muffe?

Soprattutto nel caso dei latticini, in particolare dei formaggi, esiste poi un rischio rappresentato dalle muffe.

«Prendiamo il caso del parmigiano o grana padano stagionato a 30 mesi. Difficilmente si contamina se mantenuto alle condizioni ideali o sottovuoto, ma una volta aperto o porzionato può comparire della muffa, anche se non è tecnicamente scaduto», dice Macrì. «Se si tratta di poche macchie si possono rimuovere, ma se è fortemente ammuffito è sconsigliabile il consumo, perché significa che si sono prodotte micotossine che possono essere pericolose. È vero che esistono formaggi con le muffe, come il gorgonzola, ma in questo caso sono “buone” e controllate, mentre questo non accade nel formaggio che non le prevede».


Il consumo di sott’oli e sott’aceti: i consigli

Infine qualche consiglio che riguarda il cosumo di sott’aceti e sott’oli. «In questo caso il problema è dato dalle possibili contaminazioni da batteri o funghi, in particolare dalle spore di botulino. Può capitare anche con cibi in scatola come il tonno, ma soprattutto con le conserve o le verdure sott’olio fatte in casa. Il trucco per evitarlo è trattare i cibi con aceto o succo di limone, per acidificare l’ambiente: in pratica sbollentare le verdure con aceto e poi metterle sott’olio. Ma attenzione: una volta aperte, vanno sempre consumate a breve», conclude l’esperto.


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