Come difendersi dalle bufale sul web

Sono notizie false che circolano in Rete ogni giorno e possono essere molto pericolose. Ecco come riconoscerle (ed evitarle)



di Valentino Maimone

La carne rossa? Fa male esattamente come il fumo”. “Ecco la lista dei rossetti cancerogeni”. “Questo shampoo crea lesioni al cuoio capelluto!”. Sono solo tre delle centinaia di notizie false in cui ogni giorno rischiano di imbattersi gli oltre 11,5 milioni di italiani che si affidano a Internet per cercare informazioni su malattie, farmaci e dove curarsi. (fonte: Istituto GFK).

“Bufale” che nascono, si sviluppano e proliferano sul web, favorite dai social network. E rappresentano ormai il problema del momento, soprattutto quando si parla di salute.

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Ogni settimana su Starbene troverai una “bufala” scovata dall’associazione Factcheckers di Gabriela Jacomella, Nicola Bruno e Fulvio Romanin.

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PERCHÉ NASCONO


Le fake news, cioè le false notizie, possono avere origine per vari motivi. «Ci sono quelle diffuse in buona fede, che derivano da un equivoco: capisco male un’informazione medica e la inoltro distorta ai miei contatti», esemplifica Paolo Attivissimo, giornalista e pioniere delle indagini “anti-bufala” in Italia.

Ma le più subdole e diffuse, sono quelle in malafede: «Vengono costruite ad arte da provocatori solo per il gusto di disturbare e creare confusione in una discussione, per dare fastidio alla concorrenza, per promuovere un’ideologia ».

C’è chi lo fa per profitto: «In rete esistono vere fabbriche di bufale, la cui attività principale è proprio la pubblicazione di notizie inventate (per un elenco continumente aggiornate: bufalopedia.blogspot.it/p/siti-creatori-di-bufale. html): l’obiettivo è attirare clic, per generare introiti pubblicitari, da reinvestire in parte per alimentare la stessa falsa notizia sui social e perpetuare il circolo vizioso», precisa Attivissimo.

«Certo, le leggende metropolitane esistono da sempre, basti pensare a quella secondo cui Paul McCartney sarebbe morto da 40 anni e quello che vediamo è solo un suo sosia.

Con Internet, tuttavia, hanno trovato il mezzo di diffusione più potente », aggiunge Gabriela Jacomella, fondatrice con Nicola Bruno e Fulvio Romanin dell’associazione Factcheckers per l’educazione alla verifica.

PERCHÉ ATTECCHISCONO


«Le bufale trovano terreno fertile soprattutto tra coloro che non hanno un’opinione propria su un certo tema e sono così facilmente influenzabili dal passaparola, unica fonte che sono abituati a utilizzare», osserva Eugenio Santoro, responsabile del laboratorio di informatica medica dell’Istituto Mario Negri.

Un esempio? «L’associazione tra il vaccino trivalente per i bambini e la comparsa dell’autismo, più volte sconfessata da ogni studio scientifico,
eppure alimentata di continuo da falsità diffuse proprio in rete». Se poi ci si mettono anche i personaggi famosi le cose si complicano: «Più sono noti, maggiore è il danno che possono arrecare.

L’attrice americana Gwyneth Paltrow ha sostenuto che indossare il reggiseno fa venire il cancro al seno. Eleonora Brigliadori dice che i malati di tumore non muoiono per colpa della malattia, ma per gli effetti della chemioterapia», dice Santoro.

PERCHÉ SONO PERICOLOSE


«Le “news” che riguardano la salute sono particolarmente temibili perché possono farci modificare comportamenti sani a tavola o nella cura di sé, a favore di abitudini completamente sbagliate», precisa Jacomella.

Non solo: «Una “catena di Sant’Antonio” (vedi qui di seguito) che finge di voler raccogliere fondi per aiutare un bambino povero che ha bisogno di un trapianto, mentre in realtà vuole sottrarre soldi o diffondere un virus informatico, contribuisce a far perdere fiducia nella validità delle iniziative benefiche oneste», aggiunge Santoro.

PERCHÉ PUOI RICONOSCERLE

Per individuarle basta avere senso critico, voglia di farsi domande e di verificare ciò che si legge. «Il primo occhio di riguardo deve andare alle fonti delle informazioni.

Chiediti se sono affidabili, se provengono da società scientifiche, associazioni di pazienti, istituzioni sanitarie riconosciute e credibili», consiglia Peter Schulz, professore ordinario di Teoria della comunicazione sanitaria dell’Università della Svizzera Italiana, tra i curatori del decalogo sulla Health Literacy.

«Diffida degli articoli non firmati e cerca di capire se l’autore o il sito sono davvero autorevoli. E controlla che non si tratti di sole opinioni personali, ma vi siano sempre link a studi o altri articoli scientifici», aggiunge Santoro.

«Anche i forum e i blog vanno presi con le pinze, perché ospitando esperienze personali puntano a suscitare empatia, e non è detto che siano affidabili scientificamente », sottolinea Schulz.

«Non dimenticare, poi, di controllare la data di pubblicazione: soprattutto se si parla di allarmi o di terapie, magari “datate”». Usare bene i motori di ricerca è importante: «Quando si cercano sul web informazioni su malattie o terapie, si è più fragili e propensi a dar credito a quelle negative», dice ancora Schulz.

«Ecco perché è meglio non inserire, nella ricerca, soltanto quelle parole che possano darti conferma di una tua convinzione, e aggiungere il termine “bufala” alla frase che vuoi verificare: saprai se chi indaga professionalmente sulle fake news ha già fatto il lavoro per te, occupandosi proprio di quello che stai cercando», conclude Paolo Attivissimo.

ANCHE LE CATENE DI SANT'ANTONIO FANNO DANNI


Le cosiddette catene di Sant’Antonio, cioè le mail che invitano il destinatario a estendere il messaggio alla propria rubrica di contatti possono fare danni seri: «Quelle che sostengono la falsa presenza di sostanze tossiche nei prodotti alimentari e non solo, danneggiano le aziende che li producono e chi ci lavora», spiega Paolo Attivissimo.

Inoltre, se partecipi a una catena, è certo che il tuo indirizzo finirà nelle liste degli spammer, i siti specializzati nell’inviare pubblicità-spazzatura su Internet che rastrellano il web a caccia di queste comunicazioni proprio perché ricche di contatti». Certe catene sono dannose anche se autentiche: 

«Quando contengono appelli per curare una persona malata, molto spesso proseguono per anni anche dopo la morte del paziente. E così i familiari continuano a ricevere offerte, mail o telefonate di sconosciuti che vogliono notizie», dice Attivissimo.

Articolo pubblicato sul n. 12 di Starbene in edicola dal 6/03/2017

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