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Conoscere la depressione post-partum

Ascoltare le proprie emozioni e creare nella coppia uno spazio di dialogo sul significato dell’essere genitori è il primo passo per aiutare una neomamma

Corbis



Di frequente la depressione post-partum, o depressione post-natale, risulta difficile da riconoscere, soprattutto quando non si presta sufficiente attenzione ai segnali del corpo. A differenza del maternity blues si tratta di un disagio profondo, prolungato nel tempo. Abbiamo chiesto alla dott.ssa Marzia Cikada, psicologa e psicoterapeuta sistemico relazionale, le strategie che possono aiutare una donna a confrontarsi con le proprie emozioni nel delicato momento in cui si diventa madri.

Depressione post-partum: quali sono i segnali a cui prestare attenzione?

«Il primo problema è che le neo-mamme fanno molta fatica ad accettare di aver bisogno di aiuto, a mostrarsi tristi quando tutto il mondo le vuole felici. È il primo problema delle mamme: la paura di essere viste come una sorta di mostro perché per loro la maternità è dolore e inadeguatezza. La depressione è spesso poco vista e non si è sempre preparati a prendersene cura. Detto questo, prima che diventi palese sono molti i piccoli segnali fisici a cui far caso. Per esempio, una certa instabilità dell'umore, tristezza, la tensione del corpo, la poca capacità di dormire, il lamentare dolore alla testa e lasciarsi spesso andare a pianti che non si riescono a trattenere. Un altro campanello di allarme è la forte fatica a stare nelle relazioni, anche con il bambino e con le persone care».

Ci sono delle accortezze da adottare in grado di aiutare una neomamma in questa fase così delicata?

«Affrontare questi temi prima del parto sarebbe auspicabile, darle il tempo di vivere le emozioni connesse alla nascita, ai cambiamenti del suo corpo e della sua vita di donna. Vale molto il confronto con le altre mamme, per esempio, anche solo per scoprire come le proprie paure siano condivisibili».

Che cosa intendiamo quando parliamo di depressione post partum e maternity blues?

«Le differenze sono molte. Prima di tutto, il maternity blues, o baby blues, è meno intenso, arriva poco dopo il parto e, solitamente, svanisce dopo non più di qualche settimana, un mese. È di natura transitoria: qualche accortezza e un po' di serenità permettono di superarlo facilmente, accettando come normali i sintomi di nervosismo, tristezza, irritabilità che possono accompagnare questo stato. La depressione post-partum invece, sorge nei primi sei mesi di vita del bambino, e si manifesta come un disturbo più intenso e feroce, perdura nel tempo e ,spesso, è dovuto alla poca attenzione fatta ai segnali precedenti. Le cause sono di natura diversa e il livello di ansia è molto più violento. La relazione con il bimbo, in questo caso, può essere fortemente compromessa ed è necessario che la donna venga presa in carico da professionisti competenti che l'aiutino a riprendersi la sua vita»

Nella delicata fase di una nascita, la famiglia può dimostrarsi assente, o viceversa, fin troppo invadente: quali strategie possono dimostrarsi utili affinché una neomamma possa iniziare in maniera rilassata questa nuova fase, destinata a ridefinire i ruoli della coppia, così come i rapporti con la famiglia d'origine?

«Prima di tutto se la neomamma ha accanto qualcuno bisogna partire dalla sua coppia. È facile che confini mal segnati vengano calpestati invocando il diritto di “dare una mano” ma non sempre questo è di aiuto. Vecchie ferite ci mettono poco a riaprirsi in un momento delicato come la nascita. Per questo la strategia è affrontare nella coppia, con il dialogo, ancor prima ci sia il bambino, modalità e regole da far rispettare a tutto il parentado. Spesso con le migliori intenzioni di far bene, molti nonni (ma anche amici e zii), finiscono con l'indebolire la coppia, facendo sentire la mamma incompetente e, nelle coppie classiche, allontanando il padre. Invece sono i neo-genitori a dover dettare le regole della danza. Sostenere non deve essere mai “prendere il posto di..».

Il primo approccio a un bambino, oltre alla felicità, lascia comprensibilmente emergere un'importante componente di vulnerabilità, paura, insicurezze: è possibile "allenare la mente" a venire a patti con questa vulnerabilità senza esserne travolte?

«Diventare madre significa confrontarsi con l'essere stata figlia, con la propria femminilità che cambia, con la coppia che diventa coppia di genitori, con la propria autostima. Un cambiamento che coinvolge sotto moltissimi aspetti, fisici, psicologici, sociali. Non poco a cui allenarsi, direi! Di contro, è una avventura che riempie di gioia quotidiana. Nei mesi prima della nascita, è bene concedersi uno spazio di riflessione sui propri significati per la parola “mamma”. Sono molte le cose da fare e poco lo spazio per raccontarle, ma il pensiero buono è che si sta facendo “il meglio di quello che si può”, sempre. Cerchiamo di non cadere vittime di una idea di mamma perfetta che non esiste. I bambini, per altro, si annoierebbero con la madre perfetta: a loro piace quella serena che nel caso, perché no, sa ancora giocare e divertirsi “come una bambina”».