Come i musei promuovono benessere e serenità

Uno studio medico al Museo Egizio di Torino, sessioni di Mindfulness al Museo di Storia Naturale di Milano… gli spazi museali si mettono al servizio della comunità



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La pandemia sta mettendo a dura prova ognuno di noi. Solitudine, depressione, ansia e stress sono stati compagni di viaggio abituali di questi ultimi due anni e mezzo, insieme al consumo di ansiolitici e antidepressivi. Il Covid ha costretto gli italiani a ripensare il proprio futuro: salute, lavoro, relazioni non possono più essere dati per scontati. In questo contesto i musei sono scesi in prima linea per promuovere il benessere e la serenità della cittadinanza.

Già i medici di base canadesi, nel 2018, hanno iniziato a prescrivere le visite museali come terapia per migliorare le condizioni psicofisiche e una simile iniziativa è stata sperimentata anche in Belgio. In questa direzione va anche una ricerca dell’Università di Westminster, nel Regno Unito, che ha rivelato che una visita a una galleria d’arte durante la pausa pranzo può ridurre significativamente i livelli di cortisolo, l’ormone dello stress. Vediamo cosa succede in Italia.


  • A Torino, dal medico al Museo Egizio

«Una volta si entrava al museo in punta di piedi, come quando si andava in chiesa», afferma Paola Matossi L’Orsa, direttore comunicazione marketing e relazioni esterne al museo Egizio di Torino. «Con questo atteggiamento per molto tempo abbiamo allontanato le persone dalla fruizione del patrimonio culturale. Oggi crediamo che il museo possa essere un luogo divertente, fonte di benessere e perfino di salute. In quest’ottica abbiamo avviato l’iniziativa Cultura di Base: abbiamo allestito un vero e proprio studio medico all’interno del museo Egizio in modo che i pazienti, invece di stare in sala d’attesa dal proprio dottore, possano godere della bellezza delle nostre collezioni. Crediamo che l’umanizzazione dei luoghi di cura possa essere affrontata non solo negli ospedali, ma anche in spazi diversi, dove la persona, che magari si trova in una condizione di fragilità fisica e psicologica, possa affrontare una visita medica godendo di un momento di relax in un luogo suggestivo.

Ogni martedì e mercoledì i pazienti arrivano e vengono accompagnati fino allo studio medico che si trova al pianterreno del museo. Mentre aspettano il loro turno, o subito dopo il consulto, possono accedere alla Galleria dei Re, la scenografica sala che contiene la statuaria monumentale che si trova al pianterreno vicino all’ambulatorio. Il progetto è in collaborazione con la Compagnia di San Paolo, la Fondazione per l’Architettura e il Circolo del Design e rimarrà in vigore fino alla fine dell’anno».


  • A Bologna, sviluppa una seconda vista al Museo Tolomeo

Se state pensando che il Museo Tolomeo - Istituto dei ciechi Francesco Cavazza a Bologna sia dedicato solo alle persone non vedenti vi sbagliate. «L’intero progetto è di natura inclusiva: è aperto a tutti», afferma Fabio Fornasari, architetto museologo e direttore artistico del Museo Tolomeo.

«La prima sala non è fatta di teche e armadi che proteggono oggetti ma da un grandissimo tavolo che li raccoglie perché siano usati. Sono spazializzati lungo una linea sinuosa: non si usa la vista ma sensori acustici che rendono presenti gli oggetti, dando loro voce, riportandoci la memoria sonora delle cose immerse nel loro ambiente d’utilizzo. Ci si muove nello spazio con la propriocezione, e cioè prestando attenzione alla sensibilità del nostro corpo di sentirsi, mantenersi in equilibrio, calibrare il proprio passo, muoversi sfiorando la sinuosità del tavolo. L’atelier, che è la seconda sala, punta sulla capacità di ogni essere umano di costruire l’immagine di un oggetto attraverso l’esperienza del tatto (tocco con le mani l’oggetto esplorando, cercando con attenzione e sentendo il mio corpo che segue il movimento). Infine, la terza sala è quella multisensoriale che non lavora solo sulla cecità ma sulla pluridisabilità. Qui si creano dispositivi per accompagnare i bambini alla scoperta del mondo con una molteplicità di stimoli. Lo scopo è aprire un dialogo tra alfabeti, codici e linguaggi differenti», conclude l’esperto.


  • A Milano, ansia e stress si combattono nei musei

A Milano sta partendo il progetto ASBA (Anxiety, Stress, Brain friendly Museum Approach), il museo alleato del cervello contro ansia e stress. «Si tratta di un programma interdisciplinare che ha l’obiettivo di stimolare il benessere della collettività attraverso una serie di metodologie come la Mindfulness, l’Arte Terapia, le Visual Thinking Strategies, il metodo Art Up», afferma Annalisa Banzi, storica dell’arte, consulente e ricercatrice presso il CESPEB, Centro Studi sulla storia del pensiero biomedico di Milano.

«Ognuno di questi metodi verrà utilizzato in un museo di arti figurative e in uno scientifico per dimostrare che queste strategie funzionano in contesti diversi. La Mindfulness è un programma ampiamente testato a livello clinico, in grado di sviluppare un maggior controllo dell’attenzione e una migliore stabilità emotiva attraverso la regolazione delle emozioni, riducendo i livelli di ansia e stress. L’Arte Terapia si basa sull’utilizzo di attività artistiche (per esempio la pittura) a scopo curativo quando la comunicazione verbale diventa difficile. Le Visual Thinking Strategies (VTS) sono un metodo di apprendimento basato sulla discussione di gruppo, guidata da un facilitatore, davanti a un oggetto di un museo: migliora l’autostima, sviluppa il problem solving e le capacità relazionali. Il metodo Art Up (solo nei musei d’arte figurativi) adotta una metodologia basata sulle competenze integrate di storici dell’arte, psicanalisti e facilitatori il cui obiettivo è la comprensione dell’arte per promuovere il benessere mentale».

L’iniziativa parte a ottobre al Museo di Storia Naturale e alla Galleria d’Arte Moderna di Milano.


  • A Brescia, l'integrazione avviene dentro agli spazi museali

Diritti umani e valorizzazione dell’arte contemporanea è un connubio possibile? «Noi ne siamo fermamente convinti», afferma Stefano Karadjov, direttore della Fondazione Brescia Musei (bresciamusei.com).

«Crediamo nel grande potere dell’arte come elemento unificatore di culture e popoli. A maggio scorso abbiamo avviato un’iniziativa a sostegno del popolo ucraino e abbiamo aperto le porte non solo alla comunità ucraina già residente a Brescia ma anche ai profughi arrivati dalla guerra in corso. Questo progetto di mediazione culturale prevede che i contenuti espositivi siano raccontati dai nuovi cittadini: quindi sono gli stessi ucraini che raccontano le nostre collezioni ai loro connazionali ma anche agli italiani. In questo modo possiamo sensibilizzare tutti e lavorare in un’ottica di interculturalità.

Inoltre, sempre nell’intento di avviare iniziative dedicate all’inclusione partirà l’11 novembre al Museo di Santa Giulia a Brescia una mostra di Victoria Lomasko, un’artista dissidente russa che intende raccontare la Russia profonda, lontana da Mosca e Pietroburgo. L’obiettivo è avvicinare i popoli russi e ucraini e far conoscere al pubblico italiano l’altra faccia di questo grande Paese. In nome dell’arte, l’esposizione verrà guidata da un gruppo di profughi ucraini che possono sensibilizzare tutta la popolazione in una prospettiva di pace e condivisione».


  • A Bolzano, l’Alzheimer si cura davanti a un quadro

Quando si soffre di decadimento cognitivo, l’arte può diventare una forma di cura e benessere. «È proprio ciò che facciamo a Museion (museion. it), museo d’arte moderna e contemporanea a Bolzano», afferma Brita Köhler, responsabile servizi al pubblico e progetti educativi. «Dal 2016 abbiamo dato vita ad Alzheimer Circle, un’iniziativa gratuita dedicata ai malati di Alzheimer che risiedono nelle RSA e che vengono invitati nelle nostre sale a godere della bellezza delle nostre collezioni. Ogni sessione dura 90 minuti: i partecipanti vengono fatti sedere davanti a un’opera d’arte e stimolati attraverso una serie di materiali sensoriali e tattili. Possono essere oggetti da annusare o toccare, una musica rilassante, a volte perfino un massaggio ai piedi perché congeniale per sviluppare l’interazione con l’opera d’arte. A quel punto li faccio concentrare sul contrasto, il colore, la materialità, la figura e le dimensioni dell’opera scelta. Non si parla mai dell’interpretazione e dell’artista ma di quello che evoca l’oggetto museale. E in questo modo iniziano a socializzare, a ridere e a rilassarsi, parlando della loro vita e dei loro ricordi. Il gruppo è composto da 9 persone affette da Alzheimer più 9 accompagnatori che possono essere care giver, psicologi, arteterapeuti e parenti».


Cosa succede al cervello davanti a un'opera d'arte

«Le moderne tecniche di neuroimaging (come la risonanza magnetica funzionale) ci permettono di indagare cosa avviene nel nostro cervello quando ci poniamo di fronte un’opera d’arte», afferma Vittorio Sironi, specialista in Neurochirurgia e direttore del Centro Studi sulla Storia del Pensiero Biomedico (cespeb.eu), Università degli studi di Milano Bicocca. «Sappiamo, per esempio, che vengono stimolate aree differenti quando stiamo guardando un paesaggio, un ritratto o una natura morta e che neuroni specifici si attivano selettivamente in rapporto a vari colori (nero, bianco, verde, giallo)» conclude l’esperto.


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