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Sport: 10 buoni motivi per praticarlo

È un vero toccasana per il corpo e permette di trasmettere ai più giovani valori come lealtà, disciplina e rispetto. Così raccontano dieci campioni italiani

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di Cristina Marinoni

Fa bene al corpo, ma non solo: lo sport è un mezzo efficace per trasmettere ai più giovani valori come lealtà, disciplina e rispetto. Ecco perché nel 2013 l’Onu ha dichiarato il 6 aprile (data di apertura delle Olimpiadi moderne, nel 1896 ad Atene) Giornata mondiale dello Sport per lo sviluppo e la pace.

«È un linguaggio univesale capace di abbattere muri e barriere e un forte strumento di progresso», dichiarò il politico sudcoreano Ban Ki-moon, allora segretario generale delle Nazioni Unite. E oggi 10 campioni italiani ti raccontano cos’ha significato e significhi per loro fare sport e perché è importante che un ragazzino viva un’esperienza agonistica.

1. ELISA DI FRANCISCA
Schermitrice, campionessa olimpionica, mondiale ed europea di fioretto.

«A luglio diventerò mamma di un bimbo: di sicuro entrerà in piscina a pochi mesi, perché il nuoto è lo sport più completo, come è risaputo. Ma sarei entusiasta se si appassionasse alla scherma: per me è stata maestra di vita. In pedana ho capito subito che si può perdere e che le sconfitte temprano il carattere: questa corazza ti permette di affrontare le difficoltà quotidiane, piccole e grandi, con grinta e senza perdere il controllo della situazione».

2. TANIA CAGNOTTO
Tuffatrice, campionessa mondiale ed europea, un argento e un bronzo alle Olimpiadi.

«I tuffi mi hanno aiutata a cavarmela bene a scuola. Tra allenamenti e gare, la disciplina ferrea mi ha insegnato a programmare lo studio e ottimizzare i tempi: se non avessi finito tutti i compiti, non sarei potuta salire sul mio amato trampolino! Inoltre, hanno anche migliorato il mio carattere: ero molto timida e l’ambiente amichevole della squadra mi ha spinta a sciogliermi e parlare di più».

3. FEDERICA BRIGNONE
Sciatrice, cinque vittorie in Coppa del Mondo e un argento ai Mondiali

«Dallo sci ho imparato l’indipendenza. È una disciplina individuale: in allenamento come in gara devi fare affidamento solo su te stesso e prendere ogni decisione da solo. Risultato: acquisisci sempre più sicurezza e fiducia. Di conseguenza diventi più intraprendente, impari a cavartela con le tue forze e ad assumerti tutte le responsabilità, non solo quando ti trovi al cancelletto di partenza».

4. JURY CHECHI
Ex ginnasta, campione olimpionico, mondiale ed europeo, testimonial dell’onlus Sport Senza Frontiere.

«Lo sport significa salute e benessere e vorrei che diventasse un diritto: io ho cominciato a praticare la ginnastica a 7 anni, ma ci sono ancora tanti bambini che non possono permettersi di svolgere un’attività fisica. Per questo ho aderito al progetto della onlus Sport Senza Frontiere, che offre ai ragazzi in condizioni di disagio sociale ed economico l’opportunità di praticare una disciplina gratuitamente e li segue durante il percorso, anche dal punto di vista medico e con il supporto di tutor e psicologi».

5. CARLOTTA FERLITO
Ginnasta, un argento e un bronzo a squadre agli Europei.

«Per me la ginnastica artistica è sempre stata una valvola di sfogo straordinaria: quando ero giù di morale per un compito in classe andato male, mi bastava entrare nello spogliatoio per ritrovare il buonumore. Anche oggi un semplice allenamento mi fa tornare il sorriso e mi carica di energia: lo sport ti insegna a sognare. La prima medaglia, poi un’altra e un’altra ancora... per guardare sempre al futuro con ottimismo».

6. SERGIO PARISSE
Rugbista, capitano della Nazionale italiana e dello Stade Français Paris.

«Lo sport è fondamentale per imparare a conoscere e gestire il tuo corpo. Io da bambino ero già robusto e alto, ma solo in campo mi sono reso conto della mia stazza. Il bello, però, è che a fianco avevo anche tanti compagni esili, che ho imparato a rispettare e apprezzare. In ogni disciplina, incluso il rugby, c’è spazio per tutti e proprio le differenze rendono ogni giocatore “speciale”. A giugno nascerà il mio primo figlio maschio: un giorno mi piacerebbe vederlo alle prese con la palla ovale, ma non lo forzerò: l’importante è che pratichi uno sport per misurarsi con se stesso e anche con gli altri bambini».

7. IVAN ZAYTSEV
Pallavolista della Nazionale italiana e della Sir Safety Conad Perugia, un argento e un bronzo alle Olimpiadi.

«Il campo mi ha insegnato due lezioni. La prima: gli errori commessi non si cancellano, però se usi la testa, eviti di ripeterli. La seconda? Crederci anche quando le probabilità di vincere sono ridotte all’osso: è proprio quella minima possibilità che deve trascinarti a ribaltare un match quasi perso. Inoltre, lo sport per me è stato un vero toccasana: supero i 2 metri d’altezza e, rinforzando muscoli e ossa, non sono diventato un lungagnone secco, con mille problemi a schiena e ginocchia».

8. PIETRO ARADORI
Cestista della Nazionale e della Pallacanestro Reggiana.

«Il basket mi ha fatto capire l’importanza del gioco di squadra, secondo il motto “Tutti per uno, uno per tutti”. Sotto canestro non c’è posto per chi è egoista: non devi pensare a te stesso ma al bene comune, mettendoti a disposizione del gruppo. A costo di sacrificare il tuo talento. Perché assai spesso per vincere serve di più dare l’anima in difesa per recuperare un pallone piuttosto che cercare gloria con un tiro da 3 punti».

9. RACHELE BRUNI
Nuotatrice, argento alle Olimpiadi.

«Da ragazzina ero iperattiva e lo sport era il metodo più sano e proficuo per sfogarmi: al termine dell’allenamento ero stremata e insieme felice di aver svolto il lavoro che mi aveva affidato l’allenatore. È vero che in vasca sei solo e nessuno ti dà una mano, non senti nemmeno il sostegno del pubblico, ma il nuoto mi ha incoraggiato ad avere fiducia totale nel coach. E nei compagni, che condividono con te gioie e delusioni».

10. PAOLA EGONU
Pallavolista della Nazionale italiana e del Club Italia.

«Non mi era mai capitato di ricevere offese sul colore della mia pelle prima di cominciare a giocare a pallavolo. Avevo 12 anni e, durante una partita, ho sentito parole cattive arrivare da alcuni genitori fra il pubblico. Come ho reagito? Li ho ignorati. Persone del genere non meritano attenzione. Ecco, dallo sport ho imparato a non perdere le staffe: agitarsi toglie concentrazione e la performance ne risente, sia durante le partite sia nelle sfide della vita di tutti i giorni».

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Articolo pubblicato sul n. 16 di Starbene in edicola dal 4/4/2017

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