In tutto il globo, sono ben 30 milioni le donne e le ragazze che giocano a calcio, un numero che, secondo le stime del CIES Football Observatory formulate sulla base dei dati forniti dalla FIFA (la Federazione Internazionale di calcio) nel 2014, è destinato a toccare i 45 milioni entro il 2019, ovvero l’anno in cui la Francia ospiterà l'ottava edizione della Coppa del Mondo femminile.
Proprio con l’obiettivo di promuovere il calcio femminile, rafforzare l’immagine di questo sport nei diversi Paesi del mondo, abbattere il muro delle discriminazioni e dare a qualunque donna la possibilità di giocare a calcio, la FIFA ha lanciato quest’anno un programma quadriennale (2015-2018) per lo sviluppo del calcio femminile, una campagna a cui è possibile partecipare manifestando sui social il proprio sostegno tramite l’hashtag #LiveYourGoals.
«Nonostante i preconcetti e gli stereotipi, risulta ormai evidente quanto, negli ultimi anni, l'interesse per il calcio femminile sia nettamente aumentato, tanto da raggiungere, come peraltro confermato dai dati della FIFA, livelli mai sfiorati in precedenza – commenta Francesca Babusci, capitana della SSD Femminile Ausonia, squadra di calcio di serie C – Basti pensare che la FIFA Women's World Cup di quest’anno conta il doppio delle squadre rispetto all’edizione del 1991 (a cui si aggiunge il fatto che il numero di squadre presenti alle qualificazioni è passato dalle 45 del 1991 alle 128 del 2015), un segnale che dimostra le potenzialità di cui dispone questo sport».
Ma cosa significa giocare a calcio?
«Il calcio è uno sport che consente ad un gruppo eterogeneo di persone di entrare in contatto, conoscersi e costruire una squadra-comunità sulle solide basi di amicizia, fiducia e rispetto delle regole condivise – spiega Francesca – Parimenti permette anche di favorire la maturazione, migliorare l’immagine di sé (sia dal punto di vista fisico che mentale) ed aumentare la sicurezza personale, tutti aspetti che contribuiscono a costruire un giocatrice sul campo ed una donna nella vita quotidiana».
Peraltro, il desiderio di perseguire un’integrazione “in nome dello sport” a prescindere dalle differenze individuali, risulta manifesto anche tramite le proposte in ambito sociale attivate e supportate dalle squadre di calcio femminili, tra cui rientra l’iniziativa “Tukiki: diamo insieme un calcio alla disabilità”, un progetto promosso dall’Ausonia Femminile e patrocinato dalla Regione Lombardia, finalizzato a creare una squadra di calcio per disabili cognitivi di tutte le età.
La necessità di una maggiore esperienza diretta del calcio femminile, utile ad approfondirne e comprenderne dinamiche e specificità, è poi emersa anche tramite la mancanza di conoscenze scientifiche relative ai rischi e ai benefici per la salute delle giocatrici: i dati disponibili fino a pochi anni fa infatti riguardavano prioritariamente gli uomini, motivo per cui un gruppo di ricercatori del FIFA Medical Assessment and Research Centre (F-MARC) ha recentemente deciso di raccogliere, analizzare e pubblicare sul British Journal of Sports Medicine, una revisione della letteratura scientifica in merito.
Tra i risultati raccolti, è stato rilevato come, a parità di tasso di infortuni, la diagnosi e la tipologia di traumi dei calciatori maschili e femminili differiscano sostanzialmente, un fattore che ha evidenziato l’esigenza di formulare un programma di prevenzione per le lesioni specifico per ogni genere.
«Una tra le differenze di genere negli infortuni, riguarda la più alta incidenza di traumi alla testa (come la commozione cerebrale) tra le giocatrici di sesso femminile – spiegano i ricercatori – Un'altra concerne la maggiore probabilità, per le calciatrici, di subire lesioni al legamento crociato anteriore. La comprensione delle diverse tipologie di traumi è fondamentale per identificare i fattori di rischio specifici per ogni genere e formulare così delle strategie di prevenzione in grado di tutelare efficacemente la salute dei giocatori».
Insomma, se tanto è stato fatto, altrettanto rimane ancora da fare, ma «sempre coltivando la grande speranza – conclude Francesca – che, in futuro, vi sarà la possibilità, per chiunque lo desideri, di praticare lo sport più bello del mondo: il calcio!».