Storia vera, Roberta Zocco: «Combatto anche per la mia femminilità»

Roberta ha scoperto le arti marziali miste per caso. Oggi è orgogliosa della sua forza, ma oltre a vincere vuole sfatare l’idea che non si possa essere donna anche sul ring



216035

«Non ci sono reali sconfitte, ma preziose lezioni di vita». Questo è il motto di Roberta Zocco (in arte “The Diamond”), 28enne atleta di Altamura (Bari), che proprio nella sua città ha appena combattuto sul ring del Venator Fighting Championship, il circuito più importante italiano ed europeo di MMA (Mixed Martial Arts), affrontando la polacca Karolina Marta Wójcik, attuale campionessa mondiale EFC (Extreme Fighting Campionship).

«Sono felice perché è stato un incontro di forte intensità, e non mi sento abbattuta per aver perso. Da ogni esperienza prendo un insegnamento e lo uso per evolvermi», racconta Roberta.


Ma non era una sportiva

Se questa giovane pugliese bionda con gli occhi azzurri, che non arriva al metro e 55 di altezza, è diventata un’atleta di spicco nel panorama delle arti marziali miste, lo si deve all’incontro con Agostino De Rosa, suo coach, nonché marito. Quando si sono conosciuti, Roberta aveva appena 23 anni ed era orientata verso tutt’altra passione: il canto.

Frequentava la palestra di Agostino per le prove dei suoi spettacoli e, ascoltandolo mentre parlava della sua attività, ha iniziato a interessarsi agli sport da contatto. «Ero lusingata dalle sue attenzioni e al contempo attratta dalla passione viva dei suoi racconti», ricorda. Sin dalle prime lezioni il futuro compagno di vita vede in lei un enorme potenziale, esortandola ad andare avanti.

«Così ho deciso di accogliere la sfida e già dal primo giorno ho sentito di essere a mio agio sul tatami, nonostante non avessi mai praticato nessuno sport prima». Sembra incredibile, invece, Roberta si trasforma in una fighter.



Un mix di potenza e dolcezza

Dalla scoperta delle arti marziali il suo corpo diventa più forte e tonico. E lei continua a seguire la sua strada, a dispetto di quanti la esortano a intraprendere attività sportive considerate più adatte a una ragazza.

«Non esiste uno sport maschile e uno femminile, ma ciò che ci appartiene. Come un uomo può dedicarsi alla danza, una donna può trovare la sua dimensione negli sport da combattimento. Mi infastidisce molto quando mi definiscono “un maschiaccio”. Prima di essere una fighter sono una donna: amo il mio fisico ben definito e allo stesso modo ci tengo alla mia dolcezza e femminilità. Quando sono nella gabbia, corpo a corpo con l’avversaria, semplicemente esprimo la mia parte più selvaggia. È un lato del mio essere ed è ciò che mi rende completa», sottolinea.


Il combattimento? Una scuola di vita

Il messaggio di Roberta è un incoraggiamento alle ragazze interessate a provare, un’esortazione a non bloccarsi dinanzi ai condizionamenti esterni di chi definisce il suo sport come violento.

«Chi lo ritiene aggressivo non conosce la cultura, la disciplina e l’importante lavoro che ci sono dietro. È un’attività che aiuta ad acquisire autostima e sicurezza di sé. Insegna a prevedere le mosse dell’altro e l’autocontrollo. Stimola a cercare di superare sempre i limiti della propria mente. Credo che proprio per questo, cioè per la richiesta di una preparazione psicologica oltre che fisica, sia una disciplina tra le più complete, mirata alla centratura di sé e all’equilibrio. È una vera scuola di vita».

Con dedizione e volontà, Roberta si allena ogni giorno con sessioni di circa tre ore. E la dinamicità delle arti marziali miste rende mobili anche i suoi obiettivi, con la volontà di partecipare a competizioni di livello sempre più alto.

«Non si combatte con lo scopo di annientare l’avversaria o farle del male, ma per affermare se stesse, dimostrare il proprio valore e confrontarsi. La vittoria dà una grande soddisfazione, certo, ma a prescindere dal risultato finale, ciò che resta è il profondo rispetto per l’altro», conclude la giovane fighter.



Il maestro è fondamentale

Le MMA (arti marziali miste) sono uno sport da combattimento a contatto pieno, molto duro, le cui tecniche spaziano tra calci, pugni, ginocchiate e strangolamenti.

Per avvicinarsi alla loro pratica, è fondamentale scegliere una struttura con trainer in grado di allenare l’atleta in sicurezza, sia a livello fisico sia mentale.

«Il coach sportivo deve essere qualificato, affidabile e responsabile», spiega Roberta Zocco. «Qualità che si possono riconoscere anche dalla preparazione dei suoi allievi, perché sono sempre lo specchio del maestro. Anche il loro livello tecnico è un indicatore importante, così come lo spirito di collaborazione: incoraggiamento e rispetto non devono mai mancare in una palestra di arti marziali».



Fai la tua domanda ai nostri esperti

Articolo pubblicato nel n° 28 di Starbene in edicola dal 25 giugno 2019


Leggi anche

Storia vera: dal dentista ho curato acufeni e vertigini

Diastasi addominale: "Con lo yoga ho evitato il bisturi"

"Quando il dolore cronico mi uccideva"

"La mia attesa è durata 8 anni"

"Ho superato il tumore grazie allo sport"

"Ho curato la psoriasi con i bagni nel bosco"

"Ho perso 20 chili grazie a mia figlia (e al fondo)"