Le convulsioni febbrili sono un fenomeno meno pericoloso di quanto possa apparire. Si tratta in genere di un problema benigno non associato a malattie neurologiche importanti e che solitamente non comporta conseguenze per il futuro. Il disturbo interessa circa il 2-5% dei bambini i maschi più frequentemente delle femmine. L’età tipica di comparsa è compresa tra i 6 mesi e i 5 anni, con il massimo di frequenza nel secondo anno di vita. In un 1/3 dei bambini gli episodi tendono a ripetersi.
Cosa sono le convulsioni febbrili
Sono crisi convulsive che si manifestano in assenza di altri segni di malattie neurologiche o infezioni cerebrali. Si tratta di fenomeni legati a una situazione transitoria e reversibile, facilitante le convulsioni: la febbre. Durante la crisi il bambino può ruotare gli occhi all’indietro, irrigidirsi e/o scuotere gli arti in maniera più o meno intensa, perdere conoscenza, avere un respiro affannoso, urinare, vomitare, piangere o lamentarsi.
Una convulsione febbrile semplice (vedi riquadro sui tipi di convulsioni) in genere si conclude senza alcun intervento, in un tempo variabile da pochi secondi a 10 minuti. Le ricadute interessano circa il 33% dei bambini: di questi il 50% ne soffre entro 6 mesi dal primo episodio convulsivo; il rischio più alto è per quelli che hanno avuto la prima crisi in corso di febbre che durava da una sola ora o se il primo episodio si è verificato entro il 1° anno di vita. Le ricadute sono più frequenti anche in bambini che hanno una storia familiare per questo problema, se la prima crisi è durata a lungo o aveva le caratteristiche della convulsione complessa.
Le cause
Nei bambini predisposti, la crisi convulsiva febbrile può manifestarsi ogni volta che la temperatura corporea sale rapidamente. Il fattore scatenante sembra essere rappresentato più dalla velocità con cui sale la febbre che dalla temperatura finale che viene raggiunta. La febbre non è comunque l’unico fattore che concorre a determinare questo disturbo: l’età e la familiarità sono altri elementi predisponenti. Tra i 6 mesi e i 5 anni, per esempio, fattori tollerati benissimo nelle età successive possono determinare una convulsione; in genere, trascorso questo periodo il fenomeno diventa eccezionale. Esiste una predisposizione individuale alle convulsioni febbrili che pare essere geneticamente determinata, e in oltre 1/3 dei casi esiste una storia familiare di convulsioni, nel senso che il rischio è molto più alto se un genitore o un fratello hanno avuto le convulsioni.
È utile fare accertamenti?
Normalmente un bambino che ha avuto una convulsione febbrile non presenta altri sintomi se non quelli della malattia che ha causato la febbre e l’esame neurologico dopo la crisi deve essere normale. Una convulsione può comparire nel corso di qualunque malattia febbrile e in genere gli esami di laboratorio servono solo se i sintomi presenti non permettono di fare la diagnosi della malattia all’origine della febbre. Dato che il bambino di solito si è già ripreso quando viene visitato da un medico, le informazioni che possono fornire i genitori sono preziose per permettere di inquadrare correttamente l’episodio convulsivo.
È importante pertanto, anche se si è comprensibilmente spaventati, dare informazioni precise su quanto è durata la crisi, indicando se la contrazione e le scosse erano simmetriche o interessavano solo un lato del corpo, se il bambino ha perso conoscenza, e così via. Il medico può ragionevolmente orientarsi su una diagnosi di convulsione febbrile e non eseguire alcun accertamento, se non quelli utili a fare la diagnosi precisa della malattia che ha causato la febbre, se la convulsione:
- ha interessato un bambino di età compresa tra i 6 mesi e i 5 anni;
- è durata meno di 15 minuti;
- non è stata unilaterale o parziale;
- si è manifestata in corso di una malattia infettiva febbrile;
- una volta conclusa, non ha lasciato segni che possano far temere una compromissione neurologica di altra natura.
L’elettroencefalogramma eseguito subito dopo e a distanza di qualche settiana non serve né per porre diagnosi di convulsione febbrile né per escludere una potenziale epilessia. Altrettanto inutili sono la TAC e la risonanza magnetica.
Rischio di comparsa di epilessia tardiva o di altri esiti
Il rischio generale di comparsa di epilessia tardiva è molto basso, ma esistono alcuni elementi che, se presenti, possono aumentare questa probabilità: la presenza in famiglia di altre persone affette da epilessia, precedenti anomalie all’elettroencefalogramma, età inferiore a un anno al momento della prima crisi. Non esiste invece alcuna evidenza che le convulsioni febbrili semplici possano causare danno cerebrale, ritardo mentale, ridotte capacità cognitive o disturbi dell’apprendimento.
Terapia farmacologica della crisi
Il farmaco da utilizzare, appena la crisi si manifesta, è il diazepam: 5-7,5 mg per via rettale per dose, pari a metà-due terzi di una fiala da 10 mg, ripetibile dopo 10-12 ore in caso di nuova crisi. La somministrazione del farmaco per via rettale può essere fatta anche con una normale siringa a cui agganciare un sondino, unto esternamente di olio: si aspira il diazepam dalla fiala, si aggancia il sondino al posto dell’ago, lo si introduce nell’ano per 5 cm e si spinge sullo stantuffo della siringa sino a somministrare tutta la dose. Considerando anche la situazione emozionale che vivono i genitori al momento della crisi, anche se più costoso, è senz’altro molto più pratico usare i clismi pronti di diazepam da 5 o 10 mg che si trovano in commercio.
Prevenzione delle crisi
Poiché le convulsioni febbrili rappresentano un fenomeno transitorio che non lascia conseguenze e che si auto-risolve con il tempo, non è necessario seguire alcun trattamento finalizzato a prevenirne nuovi episodi. Tra l’altro, i farmaci che potrebbero prevenire le crisi presentano effetti collaterali importanti e comportano più danni che benefici. Considerando che spesso le convulsioni si verificano per minimi livelli di febbre, a volte quando i genitori non si sono ancora accorti che il bambino è ammalato, non è possibile prevenire le crisi anche somministrando tempestivamente un farmaco antifebbrile.
Cosa fare durante la crisi
Se il bambino ha una crisi convulsiva è fondamentale mantenere la calma e agire in questo modo:
- mettere il bambino steso su un fianco, meglio per terra su un tappeto, con la testa più in basso dei fianchi;
- allontanare tutti gli oggetti su cui potrebbe urtare con il rischio di ferirsi;
- allentare gli abiti attorno al collo e alla vita;
- se il piccolo stava mangiando, cercare di asportare i residui di cibo dalla bocca (usare il dito indice a uncino);
- non somministrare liquidi;
- stare vicini al bambino controllando il più possibile la propria agitazione, confortarlo senza scuoterlo o bloccarlo;
- se si ha già il farmaco in casa, ed entro 5 minuti la crisi non si è risolta, somministrare diazepam per via rettale;
- se la crisi non si risolve con il farmaco, chiamare il 118 o trasportare il bambino al Pronto soccorso.
Le crisi convulsive fanno molta impressione e, pur essendo spesso molto brevi, sembrano durare un’eternità. Se possibile, è utile valutare la durata della crisi. Il dato è indispensabile per decidere se usare il diazepam rettale, portare il bambino in pronto soccorso o chiamare il 118 e per poterlo riferire al medico. Spesso, dopo una o due ore dalla convulsione, il bambino gioca e corre come se niente fosse accaduto: se si riesce quindi a mantenere la calma e ad assisterlo senza troppa agitazione, lo si aiuterà al meglio delle proprie possibilità. [V.M.]