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Tempismo: che cosa fare per scegliere il momento giusto

Qual è il momento giusto per prendere le decisioni importanti? E per risolvere un problema? Dipende dal cronotipo. Scopri con noi come funziona il tuo orologio interno

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Si deve risolvere un problema spinoso o compiere una scelta decisiva: che si fa? Si raccolgono quante più informazioni si può sulla questione, ci si consulta con persone di fiducia, si mettono nero su bianco le diverse ipotesi, s’adotta una strategia di rilassamento per tenere a bada l’ansia. Insomma, ci si concentra sul “cosa” e sul “come”, ma spesso si trascura una variabile decisiva: il “quando”.

Probabilmente, infatti, si lascia che siano il caso o le contingenze a stabilire quando dedicarsi alla faccenda, anziché fare di tutto per sfruttare il momento della giornata in cui di solito si è al top. Peccato, perché un tale momento esiste, anche se non se n’è consapevoli. E coglierlo al volo può fare la differenza.


OGNI COSA A SUO TEMPO

«Il tempismo, cioè il saper agire nell’istante più opportuno in base al proprio orologio interno, è una qualità importante, che rende gli sforzi più efficaci e facilita la riuscita dei progetti», rivela lo studioso di motivazione e di produttività americano Daniel H. Pink, autore del libro fresco di stampa When. I segreti della scienza per scegliere il momento giusto (Urra, 16 €).

Il fatto è che non viviamo lo scorrere delle ore tutti nello stesso modo. Ognuno ha un “cronotipo”, uno schema personale di ritmi circadiani (cioè relativi all’alternarsi del giorno con la notte) che influenza la fisiologia e la psicologia, e rende alcuni orari più o meno favorevoli alle attività richieste per il decision making: ragionare analiticamente, utilizzare l’intuizione, liberare la creatività. Secondo Pink, se si determina il proprio cronotipo, si può conoscere il momento ottimale in cui attivarsi per un dato compito.


ALTI E BASSI QUOTIDIANI

Una premessa: come funziona la nostra mente da quando apriamo gli occhi al mattino a quando ci corichiamo la sera?

«Alla maggioranza di noi occorre qualche tempo al risveglio per essere in grado di affrontare la giornata», esordisce la psicologa Iole Zilli, che ha insegnato cronopsicologia presso l’Università di Firenze. «Il livello di vigilanza migliora progressivamente durante la mattina, diminuisce leggermente dopo pranzo, ha il suo apice nel pomeriggio e si riduce via via in serata. L’andamento delle performance, però, può essere diverso in funzione del tipo di compito. Al mattino in genere si può contare su un maggiore rendimento della memoria immediata e dell’attenzione, dunque si riesce a risolvere meglio i compiti analitici, che richiedono acutezza, vigilanza, concentrazione e una sequenza precisa di azioni. Nel pomeriggio e in serata, invece, s’affrontano con più successo le mansioni che coinvolgono processi di ragionamento complessi e legati al livello di funzionamento della memoria a lungo termine. Infine, sembra che per il pensiero divergente – necessario per tutto ciò che richiede intuito, sintesi e creatività – sia più propizio il periodo serale e notturno, nel quale l’attenzione e l’inibizione si riducono e aumenta la capacità della mente di vagare».

Ma non per tutti valgono le stesse regole, ed ecco che entrano in gioco i cronotipi.


DUE CRONOTIPI (ANZI, INFINITI)

«C’è una buona percentuale di persone i cui ritmi sono anticipati o, al contrario, posticipati rispetto alla media», precisa l’esperta. «Le prime sono le cosiddette persone mattiniere (o allodole, secondo una metafora in voga), la cui efficienza è elevata già nelle prime ore del mattino e si riduce sensibilmente nel primo pomeriggio. Le seconde sono le persone serotine (o gufi), che cominciano a carburare solo in tarda mattinata, se non nel pomeriggio, e continuano a cavarsela bene anche nelle ore serali».

Come capire a quale gruppo s’appartiene? Secondo la dottoressa Zilli, basta osservare le nostre preferenze: per esempio, quale momento si predilige per andare a dormire, quando si è liberi di scegliere? E per alzarsi? Se si potesse decidere un orario per svolgere un test impegnativo come un’ammissione a un corso di laurea o per occuparsi di incombenze come la dichiarazione dei redditi, quale sarebbe? In che momento della giornata ci piacerebbe seguire un corso di pittura o di scrittura autobiografica?

Dopo aver riflettuto sulle domande, bisogna incrociare le risposte con la descrizione dei cronotipi mattinieri e serotini, tenendo però presente che difficilmente ci si ritrova completamente in uno dei due: come spiega Daniel H. Pink, la maggior parte delle persone non è del tutto né allodola né gufo, ma tende verso l’uno o l’altro. «Inoltre, i ritmi sono diversi in funzione dell’età: è esperienza comune per i giovani fare le ore piccole e svegliarsi tardi, mentre il ritmo sonno/veglia risulta anticipato tra le persone anziane», aggiunge la psicologa.


LE IMPLICAZIONI PRATICHE

Tornando alla provocazione iniziale, ecco i suggerimenti che se ne possono trarre.

La prima parte della giornata è perfetta per le persone (prevalentemente) serotine alle prese con problemi e decisioni che necessitano di una mente aperta, intuitiva e creativa, capace di cercare soluzioni anche dove non sembrano essercene (Come reinventarsi dopo un licenziamento? Che cosa fare per diminuire lo stress? Come dire all’amico che è diventato insopportabile senza offenderlo?). Sempre per i gufi, l’ultima parte della giornata è adatta alle questioni che si possono risolvere “semplicemente” raccogliendo dati e mettendo a confronto le opzioni con obiettività (In quale ospedale partorire? Vendere l’appartamento o affittarlo? Acquistare un motorino o una bici elettrica?).

Le persone (prevalentemente) mattiniere, invece, funzionano meglio svolgendo compiti analitici al mattino e compiti intuitivi tra il tardo pomeriggio e la prima serata. «Secondo diversi studi, le allodole sono più rigide e hanno bisogno di attenersi strettamente ai propri ritmi», puntualizza Iole Zilli. Mentre i gufi, beati loro, hanno maggiori capacità di adattamento.


RITMI DA (RI)SCOPRIRE

«Come le piante e gli animali, con i quali conviviamo sulla Terra, siamo legati ai ritmi di alternanza luce/buio, e non solo», illustra la psicologa Iole Zilli. «Ai ritmi circadiani, che sono i più evidenti, si intrecciano altri ritmi di durata inferiore o superiore alle 24 ore. Per esempio, c’è quello “attività/riposo di base” che può influire sulla nostra capacità di attenzione e dura mediamente circa 90 minuti (comunque generalmente compreso tra gli 80 e i 120 minuti): lo conoscono bene i produttori di film, che di rado realizzano storie lunghe più di un’ora e mezza! Il ritmo circamensile, invece, è legato alle fasi lunari e quello circa-annuale al cambio delle stagioni. Certo, a differenza delle piante e degli animali, il cui comportamento si basa essenzialmente su processi e istinti, noi abbiamo una maggiore flessibilità da un punto di vista fisiologico e possiamo scegliere, seppure entro certi limiti, di spingerci un po’ oltre la nostra innata sincronizzazione con i ritmi naturali. Non a caso, l’illuminazione elettrica, gli intrattenimenti disponibili giorno e notte, come la televisione, hanno profondamente cambiato il nostro stile di vita. Attenzione, però: discostarsi eccessivamente e per lungo tempo dai ritmi naturali può produrre un certo malessere. Meglio assecondarli per quanto possibile, concedendosi qualche sporadica eccezione. La regolarità, soprattutto nel ritmo sonno/veglia, è un fattore che rafforza i ritmi e migliora la salute».


UN RIPOSINO BENEFICO

Le grane si risolvono meglio dormendoci su, è risaputo. Anche di giorno. Per molte persone, infatti, circa sette ore dopo il risveglio arriva un momento in cui la fatica della giornata inizia a manifestarsi con una diminuzione di reattività e di freschezza mentale, spiega Daniel H. Pink autore di When.

«Questo dovrebbe essere il momento ottimale per un sonnellino. Basta impostare un timer sul telefono, dandosi 25 minuti. Se il sonnellino supera la mezz’ora, l’inerzia del sonno prenderà il sopravvento e s’avrà bisogno di parecchio tempo per recuperare. Un sonnellino inferiore ai 5 minuti non offre particolari benefici. Ma i sonnellini di durata compresa tra i 10 e i 20 minuti sono ristoratori. Dal momento che la maggior parte delle persone impiega circa 7 minuti per addormentarsi, il timer impostato a 25 minuti è quindi l’ideale».


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Articolo pubblicato sul n. 40 di Starbene in edicola dal 18/9/2018

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