Storytelling terapeutico: come fare pace con il nemico interiore
Lo storytelling terapeutico utilizza il potere delle storie come una torcia per illuminare il tuo lato oscuro e per esaltare le tue competenze emotive
Non fare tante storie! Ci dicevano quando eravamo piccoli, per indurci a smettere di fare i capricci. Ma il “fare storie” è anche l’arte di narrare e lo storytelling, attraverso l’uso di metafore, fiabe e avventure immaginarie, può essere uno strumento terapeutico.
«Non è solo un racconto, ma un viaggio interiore che ci aiuta a illuminare i nostri angoli bui, il nostro inconscio profondo. Ogni storia diventa una bussola che ci orienta verso la comprensione di noi stessi», ci spiega Valeria Bianchi Mian, psicoterapeuta e psicodrammatista junghiana.
«Quando decidiamo di entrare in terapia, iniziamo a raccontare il nostro vissuto dall'inizio. È un po’ come tornare bambini, quello che Jung chiama il “puer creativo”. Nello storytelling terapeutico diamo vita a una narrazione di noi stessi che ci rappresenta, e nel farlo, ricostruiamo la nostra identità, un’immagine di noi stessi più completa e consapevole. Possiamo rafforzare l’Io raccontando di personaggi che affrontano difficoltà simili alle nostre, valorizzando le nostre risorse e affrancandoci dalla paura, come sostiene la psicoterapeuta Valentina Mossa, coautrice del libro Fare Storie (Giunti editore, 26 €). Creiamo una storia che cura. Un racconto che si trasforma in un percorso di guarigione per riconciliarci con il passato, con le nostre ferite e le nostre parti fragili.
Perché questa terapia funziona?
«Le storie hanno un grande potere evocativo. Pensiamo per esempio all’Iliade: gli uomini sono eroi sovrumani, le donne di una bellezza sconvolgente, Re e Regine sono saggi e illuminati, Troia da piccolo villaggio si trasforma in una ricchissima città dalle mura altissime e scintillanti. Il processo di trasfigurazione che si innesca in un racconto ci permette di spostare le vicende personali su un piano simbolico.
Il paziente diventa l’eroe della vicenda, il protagonista dell’avventura, la voce narrante del romanzo terapeutico. Attraverso l’utilizzo della metafora si riesce a distaccarsi emotivamente dalla propria esperienza e a individuare i punti cruciali che ci tormentano. È un viaggio individuativo che ci permette di andare verso noi stessi, verso il nostro centro, come direbbe Jung. E ci consente di lavorare con la nostra Ombra».
È la nostra parte oscura?
«Potremmo definirlo il nostro “nemico interiore”: quella parte di noi stessi che non sopportiamo, per cui proviamo vergogna. L’Ombra è quel personaggio sconosciuto che abita in ognuno di noi, provando invidia, gelosia, paura, rabbia e tutte quelle emozioni negative che non vorremmo far affiorare. Per farlo emergere utilizziamo il racconto come specchio in modo da creare un dialogo con il nostro nemico: impariamo a integrarlo nella nostra esperienza e nella nostra vita. Per lavorare con l’Ombra, negli ultimi anni insieme allo scrittore Massimo Tallone ho dato vita a una serie di esercizi, come quello sui 7 vizi capitali, utilizzando sia la scrittura terapeutica sia tecniche di drammatizzazione.
L’obiettivo è fare amicizia con il nostro gemello interiore, a volte troppo rigidamente classificato dal nostro inconscio come "malvagio". La riappacificazione con l’Altro Io che ci abita e la successiva trasformazione dell’Ombra da personaggio cattivo e giudicante ad amico immaginario con cui convivere è il traguardo del viaggio. E lo strumento più efficace che abbiamo per attuare questo percorso è la metafora».
In che senso?
«Se ci facciamo caso, le nostre vite seguono una sorta di copione, un percorso che è diventato un tema dominante nella nostra esistenza. Ognuno di noi ha un mostro da sconfiggere: il cattivo per definizione che può essere una persona problematica con cui abbiamo un rapporto importante ma anche una difficoltà apparentemente insormontabile come un lutto o una malattia. La sfida è l’obiettivo da raggiungere in mezzo a mille pericoli (draghi e incantesimi) e la trasformazione, ovvero l’evoluzione verso la consapevolezza del nostro valore (da Cenerentola a principessa per fare un esempio).
Utilizzare questi archetipi, modelli esemplari dell’esistenza, è utile per ridisegnare la trama: il soggetto da vittima diventa protagonista. E questo racconto assume un potere trasformativo: possiamo cambiare il finale o il prequel. In questo viaggio simbolico riscattiamo la nostra identità, diventiamo più consapevoli della nostra forza e impariamo a gestire meglio le difficoltà e gli ostacoli che la vita ci presenta».
I metodi più utilizzati per costruire storie?
«Abbiamo a disposizione moltissimi strumenti: la scrittura in primis che è fondamentale per accedere a parti di noi stessi che non vogliamo vedere. Le parole diventano grimaldelli per scardinare blocchi emotivi e per far emergere associazioni mentali illuminanti. Molto efficaci sono anche gli album illustrati. Nell’interazione tra immagini e parole si crea uno spazio di lavoro efficace, dove il paziente può rappresentarsi narrando, giocando, inventando, generando risonanze illuminanti e inaspettate.
O ancora il digital story-telling dove si generano storie attraverso l’utilizzo di supporti digitali: video, musica, immagini diventano strumenti terapeutici. Infine, il Tarot-telling (una delle cinque aree del metodo Tarotdramma® che ho sviluppato) è un percorso che utilizza le immagini dei tarocchi. Con l’aiuto degli arcani maggiori si può accompagnare il paziente nella conoscenza di sé».
Perché ci si identifica?
«Esatto. I tarocchi non vengono utilizzati in senso divinatorio. Non predicono il futuro ma investigano il presente richiamando il passato. In questa terapia allegorica occorre immedesimarsi in un arcano: per esempio la Papessa, il Matto, la Giustizia. I 22 arcani diventano personaggi della storia psichica di ognuno di noi e incarnano figure chiave come l’Imperatrice su cui spesso si proietta la figura di madre o moglie, il Carro che viene associato alle vittorie personali, la Morte che invita al cambiamento e al chiudere relazioni tossiche o modalità di noi stessi ormai obsolete, la Forza che invita all'esplorazione di vissuti di successo.
Queste icone diventano specchi del Sé, metafore della nostra esistenza che si trasformano in racconto dove possiamo riconoscere le nostre competenze emotive e i nostri punti di forza, imparando a dialogare con l’Ombra, la nostra parte più fragile che ha bisogno di essere accolta».
Arcani svelati
Se vuoi saperne di più sul Tarottelling, il metodo che utilizza i Tarocchi come teatro di figure simboliche e indagine per approfondire i tratti della propria personalità, puoi ascoltare Anima Mundi Riflessioni Psicoecologiche, la trasmissione che Valeria Bianchi Mian conduce sulla web radio www.radiodreamland.it, il venerdì alle ore 21. Gli Arcani Maggiori (i Tarocchi) e i Semi dei Minori (le carte da gioco) sono il tema delle puntate di quest'anno, con un occhio di riguardo agli ingredienti per una psicoecologia del profondo.
Ascolta i Podcast anche su: Spreaker: www.spreaker.com/podcast/animamundi-- 6074774.
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