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Educazione sessuale sì, ma con creatività

È la grande assente fra le materie scolastiche. Portarla in aula, però, si può. Anche con progetti innovativi, come quelli che raccontiamo qui

Foto: iStock



La grande assente. Se dovessimo scegliere un titolo per un film che parla dell’educazione sessuale nelle scuole italiane, sarebbe di sicuro questo. Perché sui nostri banchi non si studia. Il vuoto è reale solo in sette Paesi europei, come Bulgaria, Polonia e Lituania, e noi siamo nel gruppo.

Si liquida la questione con qualche pagina di biologia sull’apparato riproduttivo. E poi stop. In Svezia, la materia è addirittura obbligatoria per legge dal 1955, da noi diverse proposte sono arrivate in Parlamento, ma lì si sono arenate. Così piacere e sentimenti entrano nelle aule grazie all’iniziativa di insegnanti illuminati, che “ospitano” progetti innovativi. Come questi.


Lo spettacolo teatrale
Imparare a prevenire le malattie sessuali grazie a un attore. Ecco E adesso come glielo spiego?, la conferenza-spettacolo ideata da Fabrizio Palma, attore che da oltre 20 anni si occupa di teatro per ragazzi, portando i suoi progetti in tutta Italia.

«È un’iniziativa dedicata agli studenti dalla terza media alla terza superiore. Il titolo è nato da quello che mi sono detto io, da genitore, quando mia figlia mi ha chiesto di saperne di più sulle mestruazioni», dice Palma. «Ho la tendenza a partire da una battuta per spiegare questioni più serie e lo faccio anche qui. Salgo su un palco, con musica blues di sottofondo, e inizio raccontando la mia prima volta. Da qui, passo a parlare di contraccezione, malattie sessualmente trasmissibili e preservativi.

I ragazzi mi seguono in religioso silenzio. Poi torno a ricordare le prime conquiste e, disquisendo di prestazioni, mi aggancio all’argomento pornografia e sesso in Rete. Ovviamente, i sentimenti sono protagonisti e analizzo come sono cambiati i rapporti tra uomo e donna negli ultimi anni, provando a rispondere alle domande. Il tono è scherzoso, c’è spazio per battute e gag che stemperano l’imbarazzo e coinvolgono gli spettatori. Che, così, alla fine si lasciano andare a considerazioni e confidenze».


I giochi di gruppo
Addio lezioni, via libera alla fantasia. È la filosofia de L’ombelico, la onlus con sedi a Milano, Roma e Torino, che dal 2006 fa prevenzione nelle scuole che ne fanno richiesta. «Con i più piccoli puntiamo sul gioco», dice Adriano Gasparetti, psicologo e vicepresidente dell’associazione. «Li invitiamo a ballare per scoprire corpo ed emozioni e analizzare nudità e privacy. Ai più grandi chiediamo di mettere in una busta anonima delle domande sul sesso, poi di fingersi esperti e rispondere per far emergere le informazioni che hanno, che poi noi cerchiamo di “aggiustare”. Oppure facciamo la “music box”: partiamo da video sull’amore e sviluppiamo il senso critico analizzando, per esempio, che figura di maschio emerge e come si racconta, oggi, un rapporto. L’importante è lavorare in gruppo, non imporre idee o sfumature ma aiutare gli studenti a costruire la verità, ad arrivarci da protagonisti, insieme e per gradi».


Il racconto che coinvolge i genitori
Si fa squadra anche con la Fondazione Somaschi, la onlus che opera soprattutto in Lombardia. «Il nostro laboratorio coinvolge i docenti e i genitori, che incontriamo prima e alla fine del corso per stabilire una linea comune», precisa Giulia Comolotti, responsabile dell’area politiche giovanili.

«Abbiamo creato un racconto, che ha per protagonisti due ragazzini che si scambiano confidenze sull’intimità e ricordano l’incontro con l’altro sesso. Lo leggiamo in classe e lo intervalliamo con attività di coppia o di gruppo. Qualche esempio? Ai bambini della quarta elementare chiediamo disegni a tema, mentre con i grandi facciamo una specie di brain storming con grandi post-it e parole chiave. L’importante è facilitare il discorso, portare a galla imbarazzi e dubbi. I docenti sono presenti in classe e facciamo lavoro d’équipe, mentre ai genitori chiediamo poi di capire l’impatto del laboratorio sui figli e diamo consigli su come affrontare l’argomento in famiglia».


La fiction in cerca di finanziamenti
I lavori sono ancora in corso, ma scommettiamo che ne sentiremo presto parlare. Perché Making of love è un progetto davvero controcorrente: una fiction e un documentario fatti da chi il sesso sta imparando a conoscerlo.

«Siamo partiti intervistando proprio gli adolescenti e abbiamo capito che dovevamo ascoltarli di più», svela Anna Pollio, regista e supervisore insieme a Lucio Basadonne. «Così, abbiamo lasciato loro carta bianca. Con un provino, abbiamo scelto 8 protagonisti dai 18 ai 24 anni, che hanno scritto la sceneggiatura e ora stanno realizzando la fiction che sarà pronta in primavera 2020. Poi ci sarà anche un documentario con il dietro le quinte. Tutto è fatto dai ragazzi, con il loro linguaggio, diretto e non didattico, senza censure e ipocrisie: si parla di sex toys e corpi imperfetti, di identità di genere e orgasmo. Magari non rispondono a tutti i dubbi, ma affrontano il tema con naturalezza e curiosità, le due armi migliori per la consapevolezza». 


A casa? tutti in silenzio!

Un ragazzo su tre non ha mai raccontato niente della propria intimità ai genitori. A dirlo è un recente sondaggio realizzato dall’Istituto superiore di sanità, che ha intervistato più di 16.000 studenti delle scuole superiori italiane. I numeri fanno riflettere: solo il 20% si sente a suo agio a parlare di sessualità tra le mura di casa e il 42% non ha mai discusso in profondità nemmeno dei cambiamenti legati al ciclo mestruale o alla pubertà. Non solo: solo un adolescente su 5 affronta l’argomento a scuola e le lezioni non sono comunque ritenute interessanti, utili e sufficienti. La conseguenza viene sottolineata anche da una ricerca effettuata da Durex: quasi la metà degli oltre 30.000 under 25 intervistati non usa il profilattico e non conosce le più importanti malattie a trasmissione sessuale.


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Articolo pubblicato sul n. 49 di Starbene in edicola dal 19 novembre 2019

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