Dismorfia da filtri: cos’è, cause e cure
Dall’uso dei filtri sui social all’ossessione per l’immagine: la dismorfia digitale altera la percezione del sé, genera ansia e insoddisfazione, soprattutto tra adolescenti e giovani adulti, amplificando il confronto con modelli estetici irraggiungibili e la paura del giudizio altrui

Sorridi, scatta, filtra. È diventato un gesto automatico, quasi un riflesso condizionato: apriamo Instagram o un altro social, scegliamo il filtro che ci fa sembrare “un po’ meglio di noi” e in un click cancelliamo occhiaie, limiamo il naso, ingrandiamo gli occhi, levighiamo la pelle. Tutto perfetto, tutto pronto per la condivisione. Ma dietro quell’immagine impeccabile si nasconde un fenomeno sempre più diffuso e insidioso: la dismorfia da filtri, conosciuta anche come selfie dysmorphia.
È una realtà figlia dei social network, nata e cresciuta tra stories e feed curatissimi, che trasforma il semplice desiderio di apparire al meglio in una vera e propria ossessione per l’immagine. «Questa condizione è considerata una variante moderna del dismorfismo corporeo, riconosciuto come disturbo ossessivo-compulsivo», spiega la dottoressa Michela Francia, responsabile del servizio di Psicologia ospedaliera presso GVM - Città di Lecce Hospital. «Si manifesta quando una persona sviluppa un’ansia eccessiva o una preoccupazione costante per difetti fisici reali o immaginari, spesso esaltati dal confronto con i volti perfetti che popolano i social».
Lì dove un tempo si inseguivano le copertine patinate delle riviste, oggi si rincorrono i filtri digitali: strumenti apparentemente innocui che, però, possono cambiare il modo in cui ci vediamo e persino il modo in cui vorremmo essere visti. Quando l’immagine filtrata diventa più “accettabile” di quella reale, il confine tra realtà e illusione si fa sottile e lo specchio smette di riflettere chi siamo davvero.
Cos'è la dismorfia da filtri
Essendo un fenomeno recente, la dismorfia da filtri non è ancora riconosciuta nel DSM 5, il manuale diagnostico dei disturbi mentali. «Il termine è stato coniato dal medico estetico britannico Tijion Esho, che aveva notato come molti pazienti richiedessero interventi per modificare tratti del volto, cercando di replicare l’aspetto “migliorato” dai filtri», racconta Francia. «Questi strumenti permettono di correggere le imperfezioni percepite o di rendere più simmetrici certi lineamenti, creando un’immagine digitale molto diversa dalla realtà».
La dismorfia da filtri non riguarda solo il desiderio di apparire più belli: coinvolge la percezione stessa del sé, alterando il modo in cui l’individuo si riconosce nello specchio e nelle fotografie. I filtri tendono infatti a enfatizzare caratteristiche ritenute socialmente desiderabili, trasformando la propria immagine in un modello idealizzato e irraggiungibile. Con l’uso continuativo, questa discrepanza tra l’aspetto reale e quello filtrato può generare ansia, insoddisfazione e comportamenti compulsivi, come la ricerca costante di selfie perfetti o l’ossessione per i piccoli difetti percepiti.
Chi colpisce di più la dismorfia da filtri
La dismorfia da filtri colpisce soprattutto adolescenti e giovani adulti, fasi della vita in cui l’immagine corporea è particolarmente vulnerabile. «Alla base di questo fenomeno ci sono spesso insicurezza e bassa autostima, accompagnate da un forte desiderio di conformarsi a modelli estetici stereotipati, oggi amplificati dai social network», spiega Francia. «Non sorprende, infatti, che molte persone famose sembrino avere tratti somatici molto simili: naso all’insù, bocca carnosa, occhi grandi. Modelli omologati che diventano punti di riferimento costanti per chi osserva e si confronta».
Il fenomeno non risparmia nessuno dei due generi: anche tra i ragazzi è cresciuta l’ansia legata all’aspetto fisico e alla percezione di sé. «L’adolescenza, in particolare, è un periodo delicato: il corpo subisce cambiamenti rapidi e significativi e l’immagine corporea diventa il terreno su cui si intrecciano emozioni, insicurezze e vissuti complessi», aggiunge l’esperta. Se queste emozioni non trovano uno spazio di elaborazione, può nascere una discrepanza significativa tra il sé reale, cioè come siamo effettivamente, e il sé ideale, come vorremmo apparire.
«Questa distanza si amplifica ulteriormente sui social, dove i modelli estetici digitali sono spesso irraggiungibili», riflette Francia. «Molti adolescenti e giovani adulti finiscono per preferire la propria versione filtrata, perché assomiglia a quei tratti associati al successo o alla popolarità: se una persona famosa ha certi lineamenti, è naturale pensare che avvicinarsi a quel modello possa portare a essere più accettati o apprezzati. Il problema è che i filtri creano un’immagine artificiale, lontana dalla realtà: più grande è la distanza tra sé reale e sé ideale, maggiore è il rischio di insoddisfazione, ansia e comportamenti compulsivi legati all’aspetto fisico».
Quali sono le conseguenze
La dismorfia da filtri può avere ripercussioni sia psicologiche sia pratiche nella vita quotidiana. Uno dei meccanismi principali è l’ansia da filtro: molte persone evitano di mostrarsi sui social senza filtri o, nei casi più gravi, si recano dal medico estetico portando come riferimento la propria immagine filtrata, cercando di far corrispondere il loro volto alla versione idealizzata. Questo comportamento è spesso alimentato dalla paura del giudizio altrui: l’autostima diventa dipendente dal numero di “like” o dai commenti ricevuti, creando un legame pericoloso tra approvazione sociale e valore personale.
«Le conseguenze pratiche possono includere un ricorso eccessivo a ritocchi estetici, interventi chirurgici o trattamenti cosmetici continui, mentre quelle psicologiche spaziano dall’ansia sociale alla frustrazione e alla depressione», elenca Francia. «Molti adolescenti e giovani adulti diventano estremamente selettivi nel pubblicare contenuti, mostrando solo immagini che riflettono il loro ideale estetico, e si convincono che questa sia l’unica versione di sé accettabile agli occhi degli altri».
Questa discrepanza può portare a isolamento sociale e difficoltà nelle relazioni: alcuni ragazzi e ragazze evitano contatti diretti perché temono il rifiuto o l’incomprensione, sentendosi compresi solo nel mondo virtuale. L’esposizione alla propria immagine reale diventa così fonte di stress e ansia.
Come affrontare il problema
Affrontare la dismorfia da filtri richiede informazione, consapevolezza e interventi mirati. Il primo passo è la psico-educazione: spiegare che si tratta di un problema reale, che può iniziare in maniera apparentemente innocua ma diventare una difficoltà psicologica concreta. Parlare di questi temi attraverso riviste, social, trasmissioni tv oppure a scuola può aiutare adolescenti e giovani adulti a comprendere il fenomeno, a riconoscere eventuali segnali di rischio e a capire che il confronto costante con immagini filtrate può generare ansia e insoddisfazione.
Anche alcuni influencer hanno iniziato a promuovere un messaggio chiaro: “Noi non siamo filtri, vogliamo mostrarci così come siamo”. Questi gesti possono essere utili per stimolare riflessioni nei ragazzi sull’uso eccessivo dei filtri e sul senso di autenticità, mostrando che l’immagine filtrata non corrisponde alla realtà.
Per gli adolescenti e i bambini, i genitori hanno un ruolo fondamentale. «È importante monitorare l’uso dei social e dei filtri, osservare se i figli sviluppano insoddisfazione verso parti del proprio corpo e affrontare apertamente l’argomento», suggerisce Francia. «È utile spiegare che usare i filtri occasionalmente può essere un gioco, ma che è importante accettarsi e mostrarsi per come si è realmente. Smorzare l’eccessiva importanza data al giudizio degli altri è cruciale, poiché la paura del giudizio è una delle principali fonti di ansia in questa fascia di età».
Quando il comportamento diventa frequente o emerge il desiderio di modificare il proprio corpo tramite interventi estetici, è consigliabile rivolgersi a uno psicoterapeuta. Lo specialista può aiutare a comprendere le cause profonde dell’insoddisfazione, come bassa autostima, ansia sociale, perfezionismo o isolamento, e a sviluppare strategie per migliorare il rapporto con sé stessi.
Anche gli adulti possono soffrire di dismorfia da filtri, soprattutto quando si rendono conto di non riuscire a pubblicare una foto senza filtri o sentono il bisogno costante di modificare il proprio aspetto. «In questi casi, è importante prendere consapevolezza del problema e riflettere sulle cause profonde dell’insoddisfazione: difficoltà nell’accettare la propria immagine, pressioni sociali o familiari, perfezionismo estremo», conclude Francia. «Anche in questo caso, un percorso di supporto professionale può aiutare a gestire ansia, frustrazione e comportamenti compulsivi».
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