Tatto, perché è un senso sottovalutato ma potentissimo
Su questo senso, potentissimo per esplorare il nostro mondo fisico e interiore, non ci possiamo fermare all’analfabetismo. Una scienziata ci guida a scoprire l’importanza delle interazioni tattili. A tutto tondo
Il tatto è il senso “dimenticato”, almeno a livello di percezione comune. Il suo ruolo, nella nostra vita, non è né ovvio né immediato, e questo rende più difficile avere piena consapevolezza della sua importanza. Lo diamo per scontato, insomma, e ogni volta lo facciamo mancare all’appello delle nostre priorità esistenziali.
Ma se guardiamo solo un po’ indietro, al periodo della pandemia da Covid 19 e le sue misure restrittive, ci rendiamo conto di cosa sarebbe l’esistenza senza abbracci, carezze, strette di mano. Senza la possibilità di sfiorare qualcosa o qualcuno, prima di fare le nostre scelte.
Un universo di solitudine, isolamento, confusione e malumore che abbiamo sperimentato in diretta, e che non ci può esonerare da qualche informazione più dettagliata sul meccanismo delle interazioni tattili. Starbene lo ha fatto intervistando Laura Crucianelli, autrice di Storia naturale del tatto (Utet), saggio dove miscela la sua esperienza di ricerca clinica con letture, studi di psicologia e attualità, costruendo il sorprendente e inedito ritratto del primo senso, il più sottovalutato.
Laura, qual è il vero valore del tatto?
«Ne ha più di uno, per la verità. Il tatto ci permette di svolgere attività tutt’altro che banali e fondamentali per la nostra sopravvivenza, come mangiare, muoverci, mantenere l’equilibrio, prenderci cura di noi stessi e degli altri (tatto di sopravvivenza).
Ci informa sulle forze fisiche che agiscono su di noi, come temperatura e pressione. E ci aiuta anche a navigare nel mondo che ci circonda, perché grazie al tocco delle mani possiamo esplorare superfici e materiali; con il tatto, costruiamo la consapevolezza di noi e quindi fin da bambini diventa la chiave di volta del nostro sviluppo cognitivo ed emotivo (tatto evolutivo).
Ma sopratutto attraverso le carezze che doniamo (o riceviamo), esprimiamo e trasmettiamo emozioni, manteniamo relazioni positive e soddisfacenti, rafforziamo i legami familiari e di coppia (tatto affettivo). Ha anche una fortissima implicazione sociale: una stretta di mano o una pacca sulle spalle favorisce la fiducia e la cooperazione tra individui (tatto sociale). A tutti gli effetti, il tatto è un bisogno primario, tanto quanto il cibo o il sonno».
Che benefici sul corpo produce il tatto?
«Tanti, e lo dicono studi recenti, inclusi alcuni provenienti dal nostro lab. La salute mentale e il sistema nervoso di un individuo si “nutrono” di tatto. Dal punto di vista biologico, il contatto pelle a pelle attiva specifiche fibre nervose (chiamate fibre afferenti CT), presenti principalmente nella cute con peluria, come quella del braccio o della schiena.
Queste fibre rispondono a carezze lente e gentili, e la loro stimolazione invia segnali alla corteccia insulare, una regione del cervello cruciale per la consapevolezza corporea e la regolazione delle emozioni. Oltre a stimolare il rilascio di ossitocina, un ormone antistress. Infine, contribuisce a regolare il sistema cardiovascolare, abbassando la pressione sanguigna e il battito cardiaco».
Sulla psiche invece che benefici apporta il tatto?
«Il tatto il senso attraverso cui incontriamo il mondo e l’ultimo a lasciarci quando siamo alle soglie della morte, e comprenderne l’importanza in ogni fase della vita ci può aiutare a migliorare la nostra connessione con gli altri e arricchire l’esperienza che abbiamo di noi stessi. Il contatto fisico ci aiuta a sentirci riconosciuti e accettati, per cui è un potente strumento per alleviare l’ansia, migliorare l’umore e aumentare il senso di appartenenza.
Non a caso, in situazioni complicate o dolorose cerchiamo istintivamente il conforto del tocco di un’altra persona, come un abbraccio. Il tatto non è quindi solo un senso, ma un ponte tra corpo e mente, capace di migliorare la qualità della vita su più livelli. Poiché va oltre la percezione fisica, mai sottovalutarlo, soprattutto in una società che tende sempre più a limitarlo».
Infatti, nel suo libro ha parlato di fame tattile…
«Il tatto è il senso che più di tutti modula i suoi limiti sulle convenzioni morali. Nel tempo, il nostro modo di rapportarci agli altri è andato modificandosi costantemente e il tatto è diventato insieme strumento di trasformazione e lente attraverso cui leggere la società.
Già prima dell’epidemia da Coronavirus, era in fase di declino: sempre meno presente in un’epoca dove “spadroneggiano” le interazioni virtuali da social network; sempre più guardato con sospetto perché inibito da timori legati a un suo uso improprio (vedi movimento #MeToo) rispetto delle dinamiche di potere e consenso, soprattutto tra uomini e donne».ù.
Il tatto parla?
«Fin dalla nascita, il tatto è l’unica lingua che parliamo tutti in modo istintivo, senza neanche accorgercene. Una forma di comunicazione non verbale, con un’efficacia straordinaria, perché arriva dove le parole non ci sono o non ci possono essere.
In uno dei nostri studi, infatti, abbiamo dimostrato come le persone siano estremamente accurate nel leggere le intenzioni altrui sulla base di come utilizzano il tatto nei loro confronti: quello lento, tipico di una carezza, viene associato a una dichiarazione di supporto e vicinanza; quello più veloce e vivace, è più probabile che venga interpretato come un segnale di avvertimento, per attirare la nostra attenzione.
La diversità di lettura dipende dal fatto che questi segnali attivano recettori cutanei e aree cerebrali differenti. Non solo, da come siamo toccati dai genitori o da chi ci accudisce da piccoli, dolcemente o con strattoni e restrizioni, svilupperemo un certo linguaggio tattile a livello sociale. Questo per dire che nel corso della vita siamo costantemente esposti alla lingua tattile, e perciò ne diventiamo fluenti».
Rispetto agli altri sensi che accezione ha?
«Unica e profondamente radicata nella nostra esperienza umana. È il senso della concretezza e dell'immediatezza, quello che ci ancora al mondo reale e che ci permette di percepire noi stessi e gli altri in modo diretto e tangibile. Se pensiamo, invece, alla vista e all’udito, questi sensi ci forniscono informazioni a distanza: possiamo vedere o ascoltare qualcosa senza esserne fisicamente coinvolti.
Andando avanti, è il senso con cui costruiamo i primi legami, quelli tra una madre e un neonato, ed è un mezzo primario per esprimere affetto, conforto e connessione. Ed è il senso che più di tutti ci radica nella nostra corporeità, ricordandoci che siamo esseri fisici, non solo menti astratte».
Ma può essere ingannevole o illusorio?
«Mentre la vista o l'udito sono più facilmente fuorvianti per l'azione di illusioni ottiche o percezioni uditive ambigue, ciò che possiamo toccare con mano ci dà una certezza che altri sensi non riescono a fornire. L’esempio lampante è di quando cerchiamo le chiavi nelle tasche o nella borsa, solo quando le sentiamo con le dita ci sentiamo tranquilli. Il tatto, insomma, ci riporta con i piedi per terra!».
Ultimo giudizio in definitiva?
«Il tatto è un amico leale, qualcosa su cui posso contare per sollevarmi quando mi sento giù, o diffondere gioia quando sono felice. Uno strumento di scambievolezza con il mondo umano, con i benefici e responsabilità che ne derivano.
Tatto, in rari caso inganna
«Pur essendo il senso più veritiero che c’è, il tatto può essere soggetto a errori, come dimostrano alcuni esperimenti», spiega Laura Crucianelli. «Come quello dell’illusione della mano di gomma, dove il nostro cervello può essere “ingannato” e sente come propria una mano finta, spingendosi ad avvertire le sensazioni tattili cui è sottoposta. Un altro esempio di percezione ingannevole lo possiamo osservare in certe condizioni cliniche, come l’allodinia, un tipo di disturbo che porta a sentire stimoli tattili innocui come dolorosi. Può essere il sintomo, l’allodinia, della sindrome fibriomialgica, di un dolore neuropatico o anche della nevralgia del trigemino ».
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