Oli essenziali, come usarli come cosmetici

Arrivano dritti ai centri cerebrali, sede delle emozioni. Ma il loro profumo non è tutto. Usati da mani sapienti, hanno un’azione cosmetica da premio Nobel



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Vuoi andare all’essenza del benessere? Immergerti in un blend di aromi naturali che ti regalano un’esperienza polisensoriale unica? Punta sull’aromaterapia, la scienza fitoterapica che utilizza gli oli essenziali (o.e.) distillati dalle piante per far vibrare delle corde nel profondo della nostra psiche, risvegliando il più antico dei cinque sensi: l’olfatto.

Annusando il profumo emanato riuscirai a sbloccare ricordi, a provare emozioni, a collegare le note aromatiche a un tuo vissuto personale, che magari affonda le radici nell’infanzia e nell’adolescenza e che grazie ad esse riesce ad affiorare. Non solo. Gli o.e. svolgono una funzione cosmetica importante, mentre è noto che possono migliorare le condizioni di salute generale, aiutando a purificare l’aria o a calmare i nervi.

Per capirne meglio le potenzialità abbiamo intervistato Anna Boiardi, giornalista e formulatrice della linea di cosmesi naturale AnnaB.


Che cosa sono queste essenze?

Il 10% del regno vegetale è costituito da piante aromatiche da cui si ricavano gli oli essenziali, un vero e proprio distillato di fiori, frutti, rizomi (radici) e foglie. La modalità di estrazione, non più a corrente di vapore come si faceva una volta, utilizza oggi la CO2 supercritica che risparmia alla pianta lo stress termico e preserva l’intero fitocomplesso. Utilizzare una parte della pianta piuttosto che un’altra dipende dal tipo di o.e..

Per esempio, quello di limone si ricava dalla scorza, quello di neroli dai fiori dell’arancio amaro. La cosa interessante è che si possono creare delle sinergie con più essenze, con l’obiettivo di raggiungere effetti diversi, ma non si può improvvisare: occorre specializzarsi nell’aromaterapia, avere un approccio medico-scientifico che nasce dallo studio e dalla passione. Io sconsiglio sempre il fai da te, la “ricettina” scaricata dal web o dalla blogger di turno perché gli o.e. sono dei concentrati potentissimi, che possono fare danni se utilizzati nel modo sbagliato.


Che cosa succede se vengono usati male?

Come sempre è la dose che fa il veleno o la medicina. Esiste una regolamentazione europea circa la percentuale di o.e. da usare. Per esempio l’IFRA (International Fragrance Association) stabilisce gli standard su quali e quante essenze possono essere impiegate in un cosmetico, ed è impensabile riprodurre da sole, nelle pareti di casa, una formula conforme alle lineeguida e alla certificazione europea.

In linea generale, non bisogna superare la percentuale dell’1% di olio essenziale diluito in un olio vegetale per i cosmetici per il viso e il 2% per quelli destinati al corpo, ma vi sono essenze che vanno usate a percentuali ancora più basse, come quella di ylang ylang (0,6%) o di rosa damascena (0,04%). Per quanti alambicchi si possono avere, a casa è impossibile ricreare le giuste proporzioni, con il rischio di effetti collaterali: irritazione cutanea, eczemi, prurito o bruciori.

Gli oli essenziali infatti, sono uno scrigno di benessere solo se usati da mani esperte. Altrimenti possono risultare irritanti perché racchiudono composti (fenoli, terpeni, chetoni, alcoli liberi) che, ad alte dosi, provocano guai. Un’avvertenza va poi usata con gli o.e. fototossici, come quello di bergamotto, che reagiscono alla luce solare causando eritemi, macchie, scottature ma anche danni al dna cellulare.


Qual è il miglior modo di utilizzare gli o.e. a casa?

Consiste nel versare poche gocce di o.e. (biologico e di provenienza certificata) nel diffusore di aromi, anche nella versione a ultrasuoni o arricchito dalla cromoterapia. L’azione più ricercata dalle donne è quella rilassante ma, anche in questo caso, non bisogna strafare per evitare fenomeni di “assuefazione olfattiva”. Basta accendere il diffusore nella propria camera da letto per mezz’ora, spegnerlo per 30 minuti, e poi “farlo andare” ancora mezz’ora. Quindi si spegne e si respira l’aria satura di fragranze che infondono relax.

Quali? Io rispondo sempre: “rilassa ciò che piace”. Potrei direi l’olio essenziale di lavanda ma non a tutte è gradito e, quindi, può produrre l’effetto opposto. Meglio non accettare i consigli standard ma entrare in un’erboristeria ed eseguire un test olfattivo, annusando diverse essenze e scegliendo istintivamente quella che piace di più.

In linea generale, comunque, per rilassarsi vanno bene la lavanda vera, che aiuta a recuperare il contatto con se stessi, l’ylang-ylang che riequilibra l’umore (ti “tira su” se sei a terra, ti calma se sei agitata) e l’incenso, che favorisce la pace, il silenzio introspettivo e la meditazione, nonché un o.e. difficile da reperire ma prezioso per la mente: quello di palosanto, ideale per favorire il raccoglimento e la centratura su se stessi. Sempre tramite diffusore di aromi è possibile utilizzare quelli che purificano l’ambiente e liberano il respiro, come l’o.e. di pino mugo, di eucalyptus globulos, di timo e di ravintsara.


Che cosa ci guida nella scelta?

È la parte più affascinante dell’aromaterapia, quella connessa con i meandri del cervello. Perché quella persona impazzisce per un profumo che a me stimola repulsione? Bisogna sapere che le fragranze compiono un viaggio dalle narici al sistema nervoso centrale, oltrepassano la barriera ematoencefalica e arrivano al sistema limbico, una struttura cerebrale che ha un ruolo chiave nelle reazioni emotive e nella memoria. Lì sono custoditi i nostri ricordi che si colorano di sfumature emotive uniche. Con i loro aromi pungenti, gli o.e. funzionano un po’ come la madeleine di Proust: evocano sensazioni, ricordi, esperienze rimosse ma mai sopite.

L’avversione verso il profumo di arancio, per esempio, potrebbe inconsciamente evocare l’obbligo della spremuta mattutina imposto dalla mamma o dalla nonna nella propria infanzia. Mentre l’o.e. di vaniglia potrebbe evocare il dolce della domenica, qualcosa di gratificante, così come quello di gelsomino potrebbe riallacciarsi alla primavera, alla promessa di un amore eterno, a esperienze affettive-sessuali vissute con intensità.

Tutto è soggettivo, la sfera delle emozioni è personale perché non solo il naso è diverso da persona a persona, ma anche la pelle che è un organo di senso a tutti gli effetti, ricco di recettori olfattivi. Come si fa a consigliare l’o.e. di cannella o di canfora, che riscaldano, a una persona che in quel momento ha bisogno di “raffreddare” le proprie energie? Bisogna lasciarsi guidare dall’istinto. Lui sa cosa è meglio per noi in quel momento.


Parliamo di cosmetici. Come agiscono?

Mi piace ripetere che lo fanno su tre fronti: health, mood e skin. Dei primi due abbiamo già parlato. Circa la pelle, possono avere un effetto pro-age, riequilibrante, protettivo, disarrossante e, per quanto riguarda il corpo, anticellulite, drenante e riattivante il microcircolo. Qualche esempio? L’olio essenziale di rosa damascena racchiude il chetone beta-ionone che stimola la sintesi di melanina in modo uniforme ed è quindi utile per contrastare i disturbi della pigmentazione, come macchie cutanee e discromie.

Quello di ylang ylang, che io amo molto, apporta beta-cariofillene che favorisce la rigenerazione cellulare contrastando la formazione di rughe in maniera dolce ma efficace. Un altro potente attivo e l’o.e. di sandalo il cui aroma deciso attiva i recettori olfattivi della pelle, accelerando i processi di riparazione cellulare.

Grazie all’alfa-bisabololo, l’essenza di camomilla blu ha un effetto lenitivo e decongestionante, ideale per calmare la pelle sensibile irritata da sole, vento e smog. Sul fronte corpo, nell’annosa guerra alla cellulite e alla ritenzione idrica, invece, funzionano bene i cosmetici formulati con piccolissime percentuali di o.e. che aiutano a combattere la stasi venosa e linfatica. È il caso di quello di cipresso o di tonka: contrastano la fragilità capillare e stimolano l’organismo ad eliminare i liquidi in eccesso.


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