Allergia al nichel: 6 fake news da sfatare

Chi è allergico al nichel rinuncia spesso a certi cibi e altro, nella convinzione di trovare sollievo da dermatite e altri sintomi. Peccato che in alcuni casi si tratti di fake news…



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“C’est nickel!”, dicono i francesi quando vogliono indicare qualcosa di assolutamente perfetto. Questa esclamazione evoca le caratteristiche di un metallo bello da vedere, lucido e brillante, ma che per molte persone può essere problematico. L'allergia al nichel è una delle allergie più diffuse (in Italia ne soffre il 32% della popolazione), che si manifesta come una tipica dermatite allergica da contatto con sintomi quali eruzioni cutanee simili a eczema, prurito, gonfiore o bruciore, in genere dopo 24-72 ore dal contatto con il metallo.

Come per altri allergeni, è il sistema immunitario a rispondere in modo anomalo, identificando nel nichel una potenziale minaccia per l’organismo e attivando un meccanismo di difesa. Sul tema, però, circolano diverse fake news, soprattutto quando si parla di dieta nichel-correlata. Ne abbiamo parlato con la dottoressa Rossana Cannas, specialista in Allergologia e Immunologia clinica a Cagliari, che ha sfatato i principali falsi miti.


  1. Il patch test è positivo: starò male!

FALSO. Il patch test è l’esame che consente di riconoscere le sostanze responsabili di un’eventuale dermatite allergica da contatto. Viene eseguito applicando sul dorso del paziente un cerotto (patch) in cui sono presenti alcune cellette che contengono il nichel e altre sostanze: dopo 48 ore, si verifica l’eventuale risposta locale, che si manifesta con arrossamento, prurito o vescicole nella zona di applicazione del cerotto.

La positività del test non implica necessariamente che il paziente presenterà sintomi di allergia al nichel nel corso della vita: la sensibilizzazione a questo metallo è molto diffusa tra la popolazione (intorno al 7-10%), ma non per forza si traduce in problemi clinici (sensibilizzazione non significa allergia). Dunque, nonostante il risultato del test, è possibile condurre una vita normale, senza alcuna particolare restrizione.


  1. Sono allergico al nichel: non posso mangiare il pomodoro!

FALSO. A oggi, nessuno studio scientifico robusto ha dimostrato il reale beneficio di una dieta di eliminazione in chi è allergico al nichel. Pomodori, legumi, frutta a guscio, cereali integrali, pesce azzurro, crostacei e cacao sono i primi alimenti che normalmente vengono banditi dalla tavola per abbassare il rischio di manifestare sintomi cutanei o extra-cutanei (stanchezza generale, perdita di capelli, fragilità delle unghie, cefalea, disturbi gastrointestinali, urinari o ginecologici).

In realtà, è possibile seguire una dieta varia, equilibrata e senza privazioni, perché quella al nichel non è un’allergia alimentare: fanno eccezione solo casi selezionati di pazienti con forme di dermatite estesa (DSC dermatite sistemica da contatto), dove la dieta potrebbe effettivamente fare la differenza, per quanto difficilmente praticabile.


  1. Posso eliminare del tutto il nichel dalla tavola!

FALSO. Il nichel è un metallo ubiquitario, largamente presente nell’aria, nell’acqua e nella terra. Per questo motivo, è impossibile eliminarlo completamente dalla dieta: la sua presenza negli alimenti è legata all’acqua di irrigazione, alla stagionalità, alla maggiore o minore vicinanza delle coltivazioni agli scarichi industriali e alle falde acquifere. Tra l’altro, ciascuno di noi assorbe a livello intestinale meno del 10% del nichel presente nei cibi e, per di più, il passaggio di questo metallo nel corpo è veloce (a differenza di un gioiello che “staziona” per ore sulla pelle).

Non scordiamo, poi, che piccole quantità di nichel sono necessarie all’organismo per poter svolgere una serie di funzioni fisiologiche, come il metabolismo di alcuni ormoni o il mantenimento dell’integrità delle membrane cellulari. Ne abbiamo un fabbisogno giornaliero stimato di circa 50 mg.


  1. Esistono diete universalmente riconosciute come “a basso contenuto di nichel”.

FALSO. Seppure sia piuttosto facile imbattersi in queste proposte sul web, non esiste un consenso univoco in letteratura scientifica circa le caratteristiche che un alimento deve avere per poter essere considerato a basso contenuto di nichel. Per assurdo, quel valore può variare sensibilmente fra due cespi della stessa lattuga, così come possiamo alterarlo noi stessi usando una certa acqua per lavare o cucinare i cibi, una certa padella, un certo metodo di cottura.

Insomma, è impossibile avere un pieno controllo sul nichel, per cui non si può elaborare una dieta sicuramente a basso contenuto di questo metallo. Inoltre, è bene prestare attenzione: le liste di cibi vietati sono sempre pericolose perché scatenano una vera e propria fobia, che può facilmente aprire la strada a disturbi del comportamento alimentare.


  1. Non potrò mai più indossare bigiotteria o accessori!

FALSO. Gioielli, orologi, occhiali, cinture, cerniere lampo, bottoni e borchie di jeans e giacche, alcune scarpe e altri accessori con dettagli metallici possono contenere nichel. Il contatto prolungato con la pelle può scatenare una dermatite da contatto, ma la soluzione non è rinunciare ai propri outfit preferiti.

Dal 2007, il Regolamento europeo Reach stabilisce che questa sostanza non può essere utilizzata negli oggetti metallici da inserire negli orecchi perforati e in altre parti perforate del corpo umano, in articoli destinati a contatto diretto e prolungato con la pelle (bracciali, catenelle, anelli, orologi da polso, cinturini, bottoni automatici, fermagli, cerniere lampo, marchi metallici applicati a indumenti), a meno che non rispettino un preciso parametro (tasso di cessione). Questi articoli non possono essere immessi sul mercato se non sono conformi alle prescrizioni.


  1. Alcuni cosmetici ne sono completamente privi.

FALSO. Nei prodotti cosmetici, di bellezza e di igiene personale, il nichel e i suoi composti sono vietati: tuttavia, poiché questo metallo non è eliminabile in maniera totale, la normativa cosmetica vigente (Regolamento CE n. 1223/2009) ne ammette la presenza in tracce tecnicamente inevitabili, per esempio come residui dei processi di produzione. Basta scegliere prodotti etichettati come “Nickel Tested”, specificatamente testati per il contenuto di nichel, anche in fase di produzione, e che risultano sicuri per i soggetti che soffrono di un’allergia.

Trovare questa etichettatura significa scegliere un prodotto dove la quantità di nichel è inferiore alla soglia di sensibilizzazione (ovvero <1 ppm, parti per milione), che nella maggior parte dei pazienti viene tollerata. Non lasciamoci fuorviare, invece, dalla dicitura “Nickel Free”, da considerare ingannevole: vista la presenza diffusa di questo metallo in natura, secondo la comunità scientifica non esiste un metodo che certifichi la completa assenza del nichel in un prodotto.


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