Quoziente di intelligenza
Rapporto tra l’età mentale, valutata mediante una serie di test, e l’età reale, moltiplicato per 100. La nozione di quoziente di intelligenza (QI) fu introdotta dagli psicologi francesi Alfred Binet e Théodore Simon nel 1905, allo scopo di distinguere i bambini cosiddetti normali da quelli subnormali, ossia per determinare l’età mentale effettiva in rapporto a quella anagrafica. Più tardi molti psicologi statunitensi, tra cui Louis M. Termann (1870-1956), perfezionarono il questionario Binet-Simon, migliorando e diversificando i test (completare una sequenza di cifre, trovare l’intruso in un elenco di parole e così via). Il quoziente di intelligenza normale corrisponde a 100; un valore inferiore a 70 è segno di debolezza mentale, mentre uno superiore a 140, nel bambino, indica che il soggetto è “superdotato”.
Il concetto di quoziente di intelligenza è stato spesso criticato perché non tiene conto della personalità dell’individuo e non considera il fatto che i risultati possano essere influenzati dall’ambiente socioculturale, dalla reazione emotiva di fronte all’esaminatore e così via. La sua valutazione non dovrebbe quindi andare disgiunta da altri test, in particolare della personalità, come il test di Rorschach.
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