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Trasfusioni: le cose da sapere

Rispetto al passato oggi i controlli sono più rigorosi e i rischi si avvicinano allo zero. Ecco cosa è cambiato

credits: istock



di Cinzia Testa


La notizia è recente: La Corte europea dei diritti umani ha condannato l’Italia a risarcire più di 350 cittadini che in passato hanno contratto il virus dell’Aids, dell’epatite B o C. Ed è subito salita l’ansia, soprattutto su Internet. Perché, a sentirla così, sembrano casi di oggi. Nella realtà, la vicenda giudiziaria si trascina da tempo, e si riferisce a contagi degli inizi degli anni ’90, persone che non hanno mai ricevuto un soldo a fronte del danno ricevuto. 


«Rispetto a quel periodo ci sono stati dei cambiamenti radicali nelle trasfusioni», spiega Vincenzo Saturni, presidente Avis nazionale e dirigente medico del Servizio trasfusionale di Varese. «La selezione dei donatori oggi è rigorosa. E, inoltre, c’è un controllo altissimo in tutta la filiera, cioè dalla donazione alla trasfusione. Tanto che il rischio di ricevere del sangue infetto è così basso da corrispondere, dal punto di vista statistico, a zero pericolo».


Si ricevono “emocomponenti”


Se devi sottoporti a una trasfusione, stai serena. Oggi, fra l’altro, rispetto a qualche anno fa, la medicina ha fatto passi da gigante. «Infatti, più che di trasfusione, si parla di emocomponenti», continua il dottor Saturni. «Il sangue del donatore, dopo aver ricevuto il “via libera”, viene sottoposto a un processo di centrifugazione con lo scopo di separarne le tre principali componenti per uso trasfusionale: globuli rossi, piastrine e plasma».


Il risultato? Una trasfusione più mirata, a tutto vantaggio dello stato di salute di chi ne ha necessità. «La sacca di globuli rossi viene richiesta in caso di anemia acuta, cioè in seguito a emorragie, oppure cronica, come accade se è presente una malattia del midollo osseo», spiega l’esperto. «Può essere indicata, poi, quando c’è un’anemia grave da carenza alimentare, ma solo se gli integratori a base di ferro o vitamine e un’alimentazione ad hoc non riescono a riportare nella norma i valori del sangue alterati».


La trasfusione di piastrine, invece, serve per stimolare la coagulazione del sangue quando la concentrazione di piastrine nell’organismo è sotto la norma. Il plasma, infine, che è la parte liquida del sangue, può essere utilizzata durante gli interventi chirurgici.


Prima e dopo il trattamento


Prima di sottoporti a una trasfusione, devi firmare il consenso informato. Inoltre deve essere effettuato un prelievo del tuo sangue per verificare il tuo gruppo sanguigno e scegliere il tipo di donatore compatibile. Ricordati di dire al medico se assumi prodotti erboristici, perché potrebbero causare problemi. Qualche esempio? Alcuni studi clinici hanno visto che il gingko biloba e la radice di ginseng possono compromettere l’effetto delle piastrine e interferire con la coagulazione del sangue. Tieni presente anche che, dopo la trasfusione, può capitare di non stare bene.


I disturbi più comuni? Febbre a 37-38 gradi, reazioni sul corpo simili a orticaria e brividi, tutti transitori e trattabili, sotto controllo medico, con farmaci sintomatici. E il temuto shock anafilattico da reazione allergica al sangue del donatore? Il rischio è minimo perché c’è un accurato controllo preliminare sul paziente, in modo da utilizzare sacche di sangue sempre compatibili. In caso di dubbio su una possibile reazione allergica, viene somministrato, prima della trasfusione, un farmaco profilattico (antistaminico o cortisone per endovena). 


Le alternative sono poche 

Ma esiste un’alternativa alla trasfusione di sangue? «Non c’è molta scelta al momento», aggiunge Saturni. «Sono in corso degli studi per produrre sangue artificiale, ma non è ancora all’altezza di quello “naturale”. Non è possibile, per esempio, ottenere le piastrine, cellule molto complesse. Ci sono ricerche anche sui globuli rossi, ma nulla di concreto»


Una pratica sicura è quella di ricorrere all’autotrasfusione: in questo caso sei tu a donare il sangue a te stessa. «Questa scelta è praticabile solo in caso di intervento programmato. Ci vuole infatti una pausa di almeno 7 giorni tra l’ultimo prelievo e l’operazione, per dare modo all’organismo di riprendersi. Sì anche alla terapia con l’eritropoietina, un medicinale che permette di evitare le trasfusioni. Ma non è per tutti: viene prescritto, per esempio, in alcune forme di anemia grave», conclude il dottor Saturni.


Quando il sangue diventa farmaco


➔ Si chiamano emoderivati e sono farmaci che vengono preparati dalle aziende farmaceutiche con il plasma. «Sono medicinali così
importanti da essere chiamati salvavita», spiega il dottor Saturni. 

➔ Vengono infatti prescritti in caso di malattie congenite come l’emofilia o nelle immunodeficienze o in patologie neurologiche.


➔ Questi farmaci oggi sono sicuri esattamente come le trasfusioni. Il plasma utilizzato viene infatti sottoposto ai medesimi rigidi
controlli stabiliti per legge


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Articolo pubblicato sul n.9 di Starbene in edicola dal 16/02/2016

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