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Sinestesia: cos’è, come si manifesta, vantaggi, quando è patologica

Non si tratta di una malattia né di un difetto, ma di una peculiare modalità con cui il cervello connette, amplifica e intreccia i sensi, restituendo un’esperienza multisensoriale amplificata, vivida, a volte quasi onirica

Foto: iStock



La sinestesia è una delle manifestazioni più affascinanti dell’attività cerebrale umana, un vero e proprio fenomeno che sfida le convenzioni con cui siamo soliti concepire la percezione sensoriale. Chi vive un’esperienza sinestetica può “vedere” i suoni, “sentire” i colori o attribuire un gusto specifico a una parola.

«In questi casi, il cervello non si accontenta di processare le informazioni secondo schemi rigidi», spiega il dottor Christian Lunetta, specialista in Neurologia e direttore del Dipartimento di Medicina riabilitativa neuromotoria di IRCCS Maugeri. «Le intreccia, le amplifica, le trasforma in un’esperienza multisensoriale intensa, profonda, a volte quasi surreale».

Cos'è la sinestesia

Il cervello umano non funziona come un armadio a scomparti, dove ogni senso, ogni emozione e ogni pensiero hanno il loro posto ben definito. Al contrario, è una macchina straordinariamente interconnessa, dove ogni informazione, anche la più semplice, viene elaborata attraversando una rete complessa e in continuo movimento. Non ci sono confini netti, ma infinite possibilità di collegamento.

Questa fitta rete di connessioni prende il nome di connettomica, l’equivalente neurologico di una mappa metropolitana in continua evoluzione: milioni di “linee” nervose collegano le stazioni sensoriali, emotive, cognitive, motorie. «È proprio grazie a questa incredibile architettura che possiamo fare ciò che ci viene naturale ogni giorno: parlare, immaginare, ricordare, decidere, amare», precisa il dottor Lunetta.

L’intelligenza – quella vera, profonda, creativa – nasce proprio da qui, cioè dalla capacità del cervello di far dialogare aree lontane e apparentemente differenti. «Quando guardiamo una fotografia, ad esempio, si mettono in moto interi circuiti emotivi e cognitivi», specifica l’esperto. «Magari ci torna in mente un odore dimenticato o un suono particolare. Nella nostra mente, nulla è mai isolato. Tutto è collegato».

Questa interconnessione non è soltanto affascinante, ma anche vitale per il benessere della nostra mente. Più il cervello è abituato a creare collegamenti tra le sue diverse aree, più è capace di adattarsi, imparare, compensare eventuali difficoltà. È anche per questo che la stimolazione cognitiva è così importante: mantiene attive quelle “strade” mentali che ci permettono di navigare nel mondo con consapevolezza e agilità.

Come si manifesta la sinestesia

La sinestesia rappresenta un’espressione estrema e affascinante di queste connessioni tra diverse aree cerebrali. In un soggetto sinestetico, la stimolazione di un senso ne attiva un altro, generando un’esperienza sensoriale mista. «Non si tratta solo di un’associazione mnemonica, come ricordare l’odore della pizza quando se ne vede una foto», tiene a precisare il dottor Lunetta. «Si tratta di una vera e propria percezione aggiuntiva: vedo un colore e sento un gusto, ascolto una parola e vedo un colore, percepisco un odore e sento una nota musicale».

In questa condizione, lo stimolo originale attiva non solo l’area cerebrale deputata alla sua elaborazione primaria, ma anche altre aree sensoriali, che reagiscono come se lo stimolo le riguardasse direttamente. È come se la realtà sensoriale, anziché essere suddivisa per compartimenti, si fondesse in un’unica corrente percettiva.

La sinestesia può manifestarsi in moltissimi modi: visivo-gustativa, uditivo-olfattiva, tattile-visiva e così via. È una forma di percezione aumentata, una finestra sul potenziale nascosto del cervello umano.

In alcuni casi, la sinestesia può sembrare un’allucinazione. «Chi ne soffre, o meglio chi ne beneficia, può spaventarsi le prime volte, soprattutto se non sa che ciò che sta vivendo ha un nome e una spiegazione», ammette l’esperto. «Ma una volta compreso, questo fenomeno diventa spesso una caratteristica distintiva e persino affascinante. Circa il 2-4% della popolazione presenta una qualche forma di sinestesia, anche se non sempre è consapevole di averla».

Un fenomeno naturale, non patologico

Nella maggior parte dei casi, la sinestesia è una caratteristica presente sin dall’infanzia. Di solito, chi ne è portatore convive con questa modalità percettiva da sempre, anche se può non averla mai raccontata o riconosciuta come qualcosa di diverso. «È quindi un fenomeno naturale, una variante fisiologica del funzionamento cerebrale», aggiunge il dottor Lunetta.

Molte persone sinestetiche descrivono le loro esperienze come arricchenti, più intense. «Leggere un libro, ad esempio, diventa un’esperienza tridimensionale, dove il significato delle parole è accompagnato da colori, suoni, sensazioni tattili o gustative», dice l’esperto. «È come se la realtà si arricchisse di un ulteriore livello di profondità, permettendo di vivere ogni stimolo in modo più vivido e multi-sfaccettato».

Un potenziale fattore protettivo

Negli ultimi anni, alcuni studi hanno cercato di esplorare se la sinestesia potesse rappresentare un indicatore di un cervello particolarmente “connesso” e, quindi, potenzialmente più resistente al declino cognitivo. «Anche se al momento non esistono evidenze definitive, gli studi di neuropsicologia dimostrano che gli anziani sinesteti mostrano prestazioni mnemoniche paragonabili a quelle dei giovani non sinesteti, suggerendo una memoria “giovanile” mantenuta nel tempo», descrive il dottor Lunetta. «Questo tipo di organizzazione cerebrale, secondo la letteratura scientifica, è un elemento che potrebbe spiegare le sua manifestazioni e le implicazioni sulla memoria».

Non è ancora possibile affermare con certezza che la sinestesia protegga dall’invecchiamento cerebrale, ma è lecito supporre che chi la possiede possa partire con una sorta di vantaggio strutturale. In ogni caso, si tratta di un ambito di ricerca estremamente promettente che, in futuro, potrebbe offrire nuove chiavi di lettura sulla prevenzione del decadimento cognitivo.

Sinestesia, quando preoccuparsi

Tuttavia è importante fare una distinzione. Mentre la sinestesia insorta sin dall’età infantile è fisiologica e benigna, esistono forme tardive che potrebbero avere un’origine diversa. «Se una persona adulta, ad esempio, inizia a manifestare fenomeni sinestetici, senza averli mai sperimentati prima, è consigliabile effettuare una valutazione neurologica», raccomanda il dottor Lunetta. «In questi casi, pur senza allarmismi, bisogna escludere che non si tratti di un sintomo legato a una lesione cerebrale, a un’irritazione del sistema nervoso o a un evento ischemico».

La regola generale è semplice: se la sinestesia fa parte del proprio modo di percepire sin da sempre, non c’è nulla di cui preoccuparsi. Se invece compare improvvisamente in età adulta, è utile fare un controllo per escludere cause secondarie.

Quando la fiction incontra la neuroscienza

Negli ultimi anni la sinestesia ha conquistato anche il mondo dell’intrattenimento. Un esempio è la serie televisiva Viola come il mare, in cui la protagonista, Viola Vitale, è una giornalista dotata di sinestesia: riesce a percepire le emozioni altrui sotto forma di colori. La fiction ha avuto il merito di portare alla ribalta un tema ancora poco conosciuto, stimolando curiosità e attenzione da parte del pubblico.

«La sinestesia è una finestra aperta su un modo alternativo, forse più ricco, di percepire il mondo», conclude il dottor Lunetta. «È un esempio vivido di quanto il cervello umano sia straordinario nella sua capacità di creare connessioni, intrecciare esperienze e costruire significati. In un’epoca in cui si parla sempre più di neurodiversità, la sinestesia rappresenta un esempio emblematico di come la diversità cerebrale non sia un limite, ma una risorsa».


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