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Rottura del legamento crociato: come avviene, sintomi, cure

È uno degli infortuni più temuti nello sport, capace di fermare anche l’atleta più allenato in un istante. Un piccolo cedimento del ginocchio può trasformarsi in mesi di stop e riabilitazione. Dallo sci al calcetto, basta un movimento sbagliato o una torsione improvvisa per compromettere la stabilità dell’articolazione



Tra gli infortuni più temuti da chi pratica sport, la rottura del legamento crociato occupa senza dubbio un posto di rilievo. Può bastare un gesto atletico mal calibrato – un cambio di direzione improvviso, un atterraggio sbilanciato dopo un salto o un contrasto di gioco troppo deciso – perché un piccolo ma fondamentale elemento del ginocchio ceda all’improvviso.

Non si tratta, però, di un infortunio riservato solo agli atleti professionisti o a chi trascorre le giornate sui campi da gioco. La rottura del legamento crociato può colpire chiunque: un appassionato di sci che perde l’equilibrio su una pista ghiacciata, un amatore che gioca una partita di calcetto o persino chi, nella vita quotidiana, fa un movimento improvviso e innaturale. Le conseguenze vanno ben oltre il dolore immediato: possono tradursi in mesi di riabilitazione, nella paura di muoversi come prima e in una lunga riconquista della fiducia nel proprio corpo.

Cos'è il legamento crociato

Il ginocchio è una delle articolazioni più affascinanti e sofisticate del corpo umano, un capolavoro di ingegneria biologica in cui ogni componente – ossa, tendini, legamenti e muscoli – lavora in perfetta armonia per permettere di muoverci con agilità e sicurezza. Ogni passo, ogni salto, ogni torsione coinvolge un sistema di leve estremamente preciso, dove anche la minima alterazione può compromettere l’equilibrio dell’intero meccanismo.

Tra gli elementi che garantiscono questa sinfonia di movimenti ci sono i legamenti crociati, anteriore e posteriore: due strutture robuste e indispensabili che rappresentano i veri “pilastri” del ginocchio. «Si trovano al centro del ginocchio e si incrociano, formando una struttura che collega il femore con la tibia», spiega il dottor Francesco Braconaro, ortopedico e medico dello sport, direttore sanitario del Poliambulatorio Maugeri Milano – Largo Augusto. «Senza di loro, il ginocchio andrebbe letteralmente “a spasso”, perché perderebbe la sua stabilità».

Il legamento crociato anteriore impedisce alla tibia di scivolare in avanti rispetto al femore, mentre il crociato posteriore ne limita il movimento all’indietro. Insieme, fungono da guida invisibile che mantiene l’articolazione stabile anche durante i gesti più rapidi o complessi, come uno scatto, una frenata improvvisa o un atterraggio dopo un salto.

Quando questo equilibrio si rompe, in particolare con la lesione del crociato anteriore, la più frequente, il corpo lancia segnali inequivocabili: un dolore acuto, la sensazione che il ginocchio “ceda” e la consapevolezza immediata che qualcosa di importante si sia spezzato.

Quando e come si rompe il legamento crociato

La rottura del legamento crociato anteriore è un trauma acuto, che avviene quasi sempre in seguito a un movimento improvviso e anomalo del ginocchio. Gli sportivi sono le vittime più frequenti: calcio, basket e sci guidano la classifica delle attività a maggiore rischio. «Le superfici sintetiche, poi, aumentano le forze di rotazione sul ginocchio e quindi la probabilità di rottura», sottolinea il dottor Braconaro.

Ma questo tipo di lesione non riguarda solo gli atleti professionisti. Anche chi pratica sport per passione può ritrovarsi improvvisamente vittima di un crociato danneggiato. «Può succedere anche a chi scia nel weekend: basta una rotazione anomala sugli sci, magari da fermi, per provocare la lesione», avverte l’esperto.

In sostanza, la rottura del crociato non è un infortunio “di élite”, ma un evento che può capitare a chiunque. Una partita di padel o di calcetto, un movimento improvviso su un terreno rigido, calzature inadatte: sono tutti scenari in cui il ginocchio può cedere, trasformando un gesto apparentemente innocuo in un problema serio e doloroso.

Quali sono i fattori di rischio

Oltre ai traumi diretti e ai movimenti improvvisi, esistono fattori strutturali e biologici che possono rendere alcune persone più predisposte alla rottura del crociato. La vulnerabilità del ginocchio, infatti, non dipende solo da un gesto atletico sbagliato, ma anche da caratteristiche individuali che incidono sulla stabilità articolare.

«Alcune conformazioni anatomiche, come il ginocchio valgo, cioè la tendenza delle ginocchia a convergere verso l’interno, possono aumentare la probabilità di lesione», indica il dottor Braconaro. «Allo stesso modo, squilibri muscolari tra la parte anteriore e posteriore della coscia o una lassità legamentosa congenita rendono l’articolazione più vulnerabile alle sollecitazioni».

Anche il genere è un elemento determinante. Le donne presentano un rischio di rottura del crociato fino a quattro volte superiore rispetto agli uomini, a causa di un insieme di fattori ormonali, anatomici e biomeccanici. Gli estrogeni, per esempio, influenzano l’elasticità dei tessuti e possono ridurre la rigidità dei legamenti, mentre la conformazione del bacino e l’angolo tra femore e tibia – noto come “angolo Q” – tendono ad aumentare lo stress sul ginocchio durante i movimenti rotatori.

«Non a caso, con la crescita del calcio femminile e di altre discipline praticate dalle donne a livello agonistico, abbiamo osservato un incremento significativo delle lesioni del legamento crociato», annota l’esperto. «È un segnale che va interpretato non come un limite, ma come un richiamo all’importanza della prevenzione e della preparazione atletica mirata».

Anche l’età, il livello di allenamento e il tipo di superficie su cui si pratica sport possono fare la differenza. Un muscolo poco tonico, un terreno troppo rigido o scarpe inadeguate possono bastare a compromettere il delicato equilibrio che mantiene stabile il ginocchio. In questo senso, ogni atleta – professionista o amatoriale – deve conoscere e rispettare i propri limiti fisici, perché spesso la prevenzione comincia proprio dall’ascolto del corpo.

Quali sono i sintomi della rottura del crociato

Chi si rompe il crociato raramente ha dubbi su ciò che è successo. «L’atleta lo capisce subito: sente un dolore acuto, spesso accompagnato da un “crack” interno, e percepisce immediatamente che qualcosa non va», spiega il dottor Braconaro. Nei minuti successivi, il ginocchio tende a gonfiarsi, si fa instabile e dolorante. La sensazione è quella di cedimento, come se il ginocchio non riuscisse più a sostenere il peso del corpo.

Curiosamente, non sempre il dolore è insopportabile: alcuni atleti si rialzano e provano persino a continuare la partita, salvo poi fermarsi dopo pochi minuti, incapaci di compiere movimenti laterali o di stabilizzare la gamba.

La diagnosi comincia con una visita ortopedica: il medico valuta la mobilità, l’ampiezza dei movimenti e la risposta del ginocchio a test specifici. Tuttavia, per avere la certezza della rottura, serve una risonanza magnetica, che mostra con precisione l’entità del danno e l’eventuale coinvolgimento di altre strutture, come menischi o legamenti collaterali.

Rottura del crociato: intervento o terapia conservativa?

Una volta confermata la diagnosi, bisogna decidere come intervenire. «Per restituire al ginocchio la piena stabilità, l’intervento chirurgico è la via più efficace», afferma l’esperto. «Soprattutto nei giovani e negli sportivi, è l’unica soluzione che consente il ritorno a una funzionalità completa».

Tuttavia, non tutti i casi richiedono subito il bisturi. Esistono rotture parziali che, in pazienti meno attivi o sopra i 50 anni, possono essere trattate in modo conservativo, con l’uso di ginocchiere funzionali, fisioterapia mirata e monitoraggio costante. «È una scelta che va personalizzata: valutiamo l’età, il livello di attività, le esigenze del paziente e la stabilità residua del ginocchio», precisa l’ortopedico. «Ma bisogna ricordare che un ginocchio instabile si consuma più in fretta e può andare incontro ad artrosi precoce».

L’intervento di ricostruzione del crociato: come funziona

La ricostruzione del legamento crociato è oggi un intervento di routine per la chirurgia ortopedica, grazie a tecniche sempre più raffinate e poco invasive. Si esegue in artroscopia, attraverso piccole incisioni e con l’ausilio di una telecamera miniaturizzata. «Si preleva un innesto tendineo dal paziente stesso, in genere dal tendine rotuleo o dal semitendinoso e gracile, che vengono modellati per formare il nuovo legamento. In alternativa, si può utilizzare un innesto da donatore cadavere», specifica il dottor Braconaro.

Dopo la ricostruzione, il ginocchio viene immobilizzato con una ginocchiera regolabile, che consente movimenti controllati. Dopo pochi giorni si inizia con esercizi di mobilizzazione passiva, mentre il carico completo sull’arto è permesso dopo circa un mese.

La riabilitazione è una fase cruciale, tanto quanto l’intervento stesso. Il percorso è lungo, ma ben codificato, e segue protocolli internazionali che scandiscono i tempi di recupero in modo preciso. Nelle prime settimane si lavora sul recupero dell’articolarità e sulla riduzione del gonfiore; successivamente si passa al rinforzo muscolare, in particolare dei quadricipiti e dei muscoli posteriori della coscia, fino ad arrivare alla rieducazione propriocettiva, che serve a ristabilire il controllo neuromotorio del ginocchio. «È fondamentale restituire all’articolazione la sensibilità e la reattività necessarie per prevenire nuovi traumi», sottolinea il dottor Braconaro.

Il ritorno alle attività sportive agonistiche avviene in genere dopo 7-8 mesi, ma i tempi variano da persona a persona. «Ogni rottura del crociato è una storia a sé», aggiunge il medico. «C’è chi recupera prima e chi ha bisogno di più tempo, ma ciò che conta è rispettare i protocolli e non anticipare il rientro. Molte recidive si verificano proprio perché si forza il recupero».

Come si previene la rottura del legamento crociato

La prevenzione resta la strategia più efficace per ridurre drasticamente il rischio di rottura del legamento crociato. Non si tratta solo di fare stretching o qualche esercizio occasionale: serve un allenamento strutturato e consapevole, capace di potenziare la muscolatura, migliorare il controllo del movimento e affinare la coordinazione.

Tra i programmi più validati a livello internazionale c’è il FIFA 11+, un protocollo ideato dalla Federazione Internazionale di Calcio (FIFA) in collaborazione con un team multidisciplinare di esperti in medicina dello sport. «È un programma scientificamente testato, composto da 15 esercizi suddivisi in tre blocchi, che mira a rinforzare la muscolatura, migliorare l’equilibrio e aumentare la stabilità del ginocchio», spiega Braconaro. «La sua efficacia è dimostrata: riduce sensibilmente l’incidenza degli infortuni al crociato, soprattutto negli sport di squadra».

Un buon piano di prevenzione dovrebbe entrare nella routine di ogni sportivo, anche amatoriale. Bastano 15-20 minuti a seduta, prima o dopo l’allenamento, per creare un’abitudine che protegge nel tempo. Non si tratta solo di evitare un infortunio, ma di costruire un corpo più efficiente, coordinato e consapevole.

«La prevenzione funziona davvero», conclude Braconaro, «ma deve essere guidata da un professionista e adattata alla persona. Ogni ginocchio è diverso, e così anche il modo di proteggerlo». Seguire un programma su misura, sotto la guida di un fisioterapista o preparatore esperto, può fare la differenza tra una stagione interrotta e anni di attività senza dolore. Perché la salute del ginocchio non è solo una questione di forza, ma di intelligenza motoria: imparare a muoversi bene è il primo, vero passo per non fermarsi mai.


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