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Pterigio: cos’è, cause, sintomi, soluzioni

Lo pterigio è una crescita anomala di tessuto congiuntivale che si estende verso la pupilla. Sebbene in molti casi sia una condizione benigna e asintomatica, può evolvere causando fastidio e irritazione. A volte, può addirittura compromettere la qualità della visione

Foto: iStock



Una sottile “pellicola” che avanza sull’occhio, come se volesse coprire la pupilla: potrebbe trattarsi di pterigio, una condizione oculare non infrequente ma spesso sottovalutata. Colpisce con maggiore frequenza chi trascorre molto tempo all’aria aperta, esposto al sole, al vento o alla polvere: non a caso, lo pterigio è considerato la malattia tipica di alcune categorie professionali, come pescatori, contadini, muratori e sportivi all’aperto, che passano tante ore sotto l’azione diretta dei raggi ultravioletti.

«Lo pterigio è tipico dell’età adulta, in particolare dopo i 50 anni, e si osserva più frequentemente negli uomini rispetto alle donne», spiega il dottor Gianpaolo Gatta, responsabile dell’Unità Operativa di Oculistica dell’Istituto Clinico S. Anna di Brescia. «Si tratta di una proliferazione di tessuto fibrovascolare che origina dalla congiuntiva, la membrana trasparente che ricopre la superficie anteriore del bulbo oculare, e tende a crescere progressivamente verso la cornea, la parte trasparente dell’occhio che consente il passaggio della luce».

Che cos'è lo pterigio

Si tratta di una neoformazione benigna che si sviluppa sulla superficie dell’occhio, partendo solitamente dal lato interno, vicino al naso, e crescendo lentamente verso il centro della cornea. Ha una caratteristica forma triangolare, con la base rivolta verso la congiuntiva e il vertice che tende ad avanzare verso la pupilla.

Non a caso, il termine “pterigio” deriva dal greco “ptéryx”, che significa “ala”, e indica proprio la forma simile a una piccola pinna o membrana alata, che si estende sull’occhio.

Quali sono i sintomi dello pterigio

Alcuni pterigi sono scarsamente attivi e si limitano a determinare modesti sintomi irritativi, come bruciore, sensazione di corpo estraneo, arrossamento o secchezza oculare. Questi disturbi, sebbene fastidiosi, non compromettono la vista e possono essere gestiti con colliri lubrificanti o antinfiammatori. In altri casi, invece, lo pterigio ha caratteristiche di maggiore aggressività e può progredire, arrivando a invadere la cornea: «Quest’ultima si deforma e ne consegue un astigmatismo indotto, che riduce la capacità visiva del paziente», avverte l’esperto.

Nei casi più gravi, quando la condizione viene trascurata e arriva a coprire l’intera pupilla, si può verificare una perdita della vista. L’aggressività dello pterigio si manifesta generalmente sin dalle prime fasi ed è osservabile attraverso la sua vascolarizzazione: quando è ricco di vasi sanguigni, è molto probabile che tenda a crescere ulteriormente, per cui si adottano strategie terapeutiche mirate a contenerne l’espansione.

Quali sono le cause dello pterigio

Le cause precise dello pterigio non sono note, ma ci sono fattori di rischio ben identificati, che sembrano contribuire in modo significativo alla sua comparsa: l’esposizione a polvere, vento, sabbia, fumo, agenti irritanti e, soprattutto, ai raggi ultravioletti.

«Non a caso, è più comune nelle popolazioni che vivono in climi tropicali o equatoriali, dove l’intensità della radiazione solare è particolarmente elevata e le condizioni ambientali favoriscono la secchezza e l’irritazione oculare cronica», descrive il dottor Gatta.

Come si diagnostica lo pterigio

Se nelle prime fasi lo pterigio può apparire come una semplice pellicola o una macchia trasparente sulla superficie dell’occhio, con il passare del tempo tende a diventare più evidente. Assume una colorazione che varia dal bianco al rosa e può presentare piccoli vasi sanguigni visibili al suo interno, segno della sua natura fibrovascolare. «La diagnosi viene posta dall’oculista attraverso l’esame con la lampada a fessura, uno strumento che consente di osservare con precisione la superficie oculare e valutare l’estensione e le caratteristiche dello pterigio», evidenzia l’esperto.

Quando risulta molto vascolarizzato (segno della sua maggiore aggressività) e il paziente riferisce anche una riduzione dell’acuità visiva, può essere utile aggiungere un ulteriore esame, la topografia corneale, che serve a valutare la regolarità della curvatura corneale e l’eventuale astigmatismo indotto.

Con cosa non va confuso lo pterigio

Lo specialista è in grado di distinguerlo da altre condizioni oculari che possono avere un aspetto simile, ma un’origine e una natura differenti. «Tra queste, ad esempio, c’è la pinguecola», riferisce il dottor Gatta, «una lesione benigna, di forma ovale e colore giallastro, dovuta a una degenerazione grassa della congiuntiva, che però non invade la cornea. Oppure ci sono le forme cicatriziali, come quelle provocate da ustioni chimiche o termiche, che possono dare origine ad aderenze congiuntivali simili allo pterigio, dette infatti lesioni pterigoidi, ma di origine traumatica o infiammatoria».

È fondamentale escludere anche patologie più gravi, come il morbo di Bowen, una macchia biancastra della congiuntiva che può rappresentare una forma precoce di carcinoma intraepiteliale. In questi casi, una diagnosi tempestiva è cruciale per procedere con la rimozione chirurgica e prevenire l’evoluzione verso forme invasive.

Come si tratta lo pterigio

Se lo pterigio non è troppo esteso e non dà fastidio, il medico può decidere di tenerlo semplicemente sotto controllo. In questi casi, si possono usare colliri lubrificanti o antinfiammatori per calmare i sintomi come bruciore o secchezza. «Quando invece lo pterigio cresce molto, disturba la vista o causa fastidi continui, si può rimuovere con un intervento chirurgico», illustra il dottor Gatta. «L’operazione non è pericolosa: viene eseguita in regime ambulatoriale e in anestesia locale, infiltrando la congiuntiva con un anestetico».

Esistono diverse modalità di approccio, a seconda dell’estensione e delle caratteristiche della lesione. «Nel caso delle forme più limitate e meno invalidanti, si procede con la semplice asportazione dello pterigio fino alla congiuntiva sana e, successivamente, si esegue una sutura per chiudere la breccia chirurgica», continua l’esperto. «Dopo l’intervento viene applicato un bendaggio protettivo da mantenere per alcuni giorni. È normale avvertire un leggero fastidio oculare, legato alla presenza dei punti, che però si riassorbono spontaneamente nel giro di pochi giorni».

Sia nei re-interventi (dato che esiste un elevato rischio di recidiva), sia nei casi più severi (quando lo pterigio ha invaso in modo significativo la cornea ed è necessario rimuovere una porzione estesa di tessuto), si ricorre all’autotrapianto congiuntivale. «In sostanza», spiega il dottor Gatta, «dopo aver asportato completamente lo pterigio, dallo stesso occhio si preleva un piccolo lembo di congiuntiva sana, in un’area non visibile esteticamente. Questo tessuto viene quindi posizionato sulla breccia chirurgica e fissato con una colla biologica, una sostanza biocompatibile, che lo mantiene in sede fino alla completa guarigione».

In situazioni particolarmente complesse, come nei casi di recidive multiple o in presenza di danni estesi alla superficie oculare, si può ricorrere a una tecnica ancora più sofisticata: l’impianto di membrana amniotica. Questo tessuto, derivato da placenta umana e opportunamente trattato, viene usato per sostituire la congiuntiva asportata e favorire la rigenerazione tissutale, riducendo l’infiammazione e migliorando la guarigione.

Non conta l’estetica

«È importante intervenire per motivi funzionali e non per una questione estetica», raccomanda l’esperto.

«Dopo la chirurgia, infatti, la situazione potrebbe peggiorare, perché talvolta la cicatrice che consegue all’intervento di asportazione risulta esteticamente più impattante rispetto allo pterigio stesso. Quella zona, infatti, resterà soggetta ad arrossamento e vascolarizzazione, soprattutto nei primi mesi dopo l’operazione».

Come si previene lo pterigio

La principale prevenzione dello pterigio consiste nell’indossare sempre gli occhiali da sole quando ci si trova all’aperto.

«Questo accorgimento aiuta a proteggere gli occhi dall’esposizione prolungata ai raggi ultravioletti, considerata una delle principali cause della comparsa della patologia», conclude l’esperto. «In più li difende anche da polvere e vento, che possono contribuire all’irritazione e alla secchezza oculare. L’importante è scegliere lenti di qualità, preferibilmente marroni o verdi, perché sono quelle che filtrano meglio le lunghezze d’onda più dannose per gli occhi».

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