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Pressione oculare e glaucoma: come capire se qualcosa non va

Del tutto indipendente dalla pressione arteriosa, quella oculare può aumentare senza dare segnali, fino a creare danni permanenti. L’unico modo per scongiurare il pericolo è sottoporsi a regolari controlli oculistici

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Anche l’occhio ha la sua pressione, autonoma e svincolata da quella del sangue. A differenza della pressione arteriosa, la pressione oculare non può essere misurata a casa, ma va controllata dall’oculista con un’apposita strumentazione. Dobbiamo immaginare l’occhio come una sorta di palloncino pieno di liquido, l’umor acqueo, che aiuta a mantenere la cornea gonfia e curva: quando la pressione di questo fluido aumenta si parla di ipertono oculare, una condizione che può gradualmente compromettere la funzionalità del nervo ottico, esponendo al rischio di glaucoma. «Perché tutto funzioni correttamente, è fondamentale che la pressione intraoculare si mantenga entro valori compresi tra 10 e 21 millimetri di mercurio», spiega il dottor Franco Spedale, medico oculista presso Eyecare Clinic, Brescia, e direttore del reparto di Oculistica dell’Asst della Franciacorta di Chiari, Brescia.


Cos’è la pressione oculare

Il cosiddetto umor acqueo – un liquido salino e trasparente che occupa lo spazio compreso fra cornea e cristallino – è soggetto a un ricambio continuo, perché viene costantemente prodotto e riassorbito all’interno dell’occhio, in modo da mantenere una pressione stabile e fisiologica. È proprio l’equilibrio fra secrezione ed eliminazione a conferire all’occhio una consistenza duro-elastica: «La sua tonicità è data dalla quantità di liquido che lo riempie, come per i pneumatici delle automobili è determinata dalla quantità di aria immessa», semplifica il dottor Spedale. «Purtroppo, però, qualcosa può andare storto: se l’umor acqueo viene prodotto in eccesso oppure se c’è un ostacolo al suo deflusso, si ha un aumento della pressione e questo rappresenta un rischio per la vista e può portare al glaucoma».


Quali sono i sintomi del glaucoma

Generalmente, la pressione all’interno dell’occhio inizia ad aumentare fra i 45 e i 55 anni, senza dare alcun disturbo. «Non è un caso se il glaucoma viene definito il “ladro silenzioso della vista”, perché progredisce in maniera subdola e silente, senza dare segni evidenti per molti anni», avverte l’esperto.

«Con il passare del tempo, però, i danni al nervo ottico cominciano a interessare le porzioni periferiche del campo visivo, per cui può capitare che il paziente inizi a urtare contro pareti o spigoli, a inciampare spesso mentre cammina oppure a strisciare la fiancata dell’auto mentre fa manovra per entrare nel solito box.

Per avere una diagnosi di glaucoma, devono esserci tre caratteristiche: l’aumento della pressione oculare, un’alterazione del campo visivo e una modificazione anatomica della testa del nervo ottico, quel punto di collegamento fra occhio e cervello che permette alle immagini di essere percepite. Uno solo di questi sintomi non basta». Talvolta, poi, l’aumento della pressione oculare può essere accompagnata da segni aspecifici, come bruciore, lacrimazione e arrossamento, che non sono comunque sempre indicativi di un ipertono oculare. Anzi, nella maggior parte dei casi, sono dovuti ad altro.


Quali sono le cause del glaucoma

Esistono varie forme di glaucoma. Quella cronica è la più frequente ed è dovuta a una difficoltà dell’umor acqueo di defluire dall’interno verso l’esterno dell’occhio attraverso le normali vie anatomiche che sono predisposte a questo scopo: in tal caso, l’aumento della pressione oculare ha un’evoluzione molto lenta e silente, per cui il paziente si rende conto della malattia solo in fase terminale, quando il danno è avanzatissimo e ormai irreparabile.

«Il glaucoma acuto, invece, si manifesta in maniera improvvisa ed è causato da un’ostruzione totale delle vie di deflusso, come un lavandino che si ottura completamente, impedendo all’acqua di passare», illustra il dottor Spedale. «Questa forma di glaucoma colpisce gli occhi che sono predisposti a causa di una particolare conformazione: si tratta di occhi piuttosto piccoli, dove l’iride e la cornea si incontrano generando un angolo molto stretto, che per effetto di vari stimoli può chiudersi impedendo la fuoriuscita dell’umor acqueo. A differenza del glaucoma cronico, in questo caso il paziente avverte dolore, spesso violento e talvolta associato a nausea e vomito». Sono piuttosto dolorose anche le forme di glaucoma secondarie ad altre malattie, come diverse infiammazioni dell’occhio, che normalmente portano il paziente a rivolgersi all’oculista.


Come si misura

L’ipertono oculare si diagnostica durante una visita oculistica di routine grazie al tonometro, uno strumento dotato di una sonda molto leggera grazie alla quale lo screening risulta rapido e indolore. «Nella maggior parte dei casi, l’aumento della pressione oculare esordisce dopo i 40 anni per cause ancora sconosciute, quindi non esistono abitudini o comportamenti quotidiani realmente efficaci», ammette il dottor Spedale.

«In compenso, un grande vantaggio si può ottenere dalla prevenzione secondaria, che significa diagnosi precoce: da 40-45 anni in poi, è fondamentale sottoporsi ogni anno a un controllo. Ma è importante che sia l’oculista e non un ottico a misurare la pressione oculare. Mentre il primo utilizza un tonometro ad applanazione, il secondo sfrutta quello a soffio: la differenza non sta soltanto nel tipo di esame, comunque rapido e indolore in entrambi i casi, ma nel fatto che spesso il secondo sopravvaluta il tono oculare, per cui la misurazione può non essere attendibile».


Come si corregge

Una volta diagnosticato il problema, si tenta di rallentare l’evoluzione della malattia con l’instillazione di uno o più colliri, in modo regolare e senza sospensioni, che consentono di abbassare la pressione oculare. «Qualora gli interventi farmacologici non siano sufficienti, si può valutare la terapia chirurgica. Oggi esistono diverse metodiche che permettono di creare una via alternativa per il deflusso dell’umor acqueo», descrive l’esperto, «ma deve sempre essere lo specialista a stabilire caso per caso il trattamento da seguire, dopo averne discusso con il paziente. Per esempio, ci sono casi in cui il solo aumento di pressione, non accompagnato da un’alterazione del campo visivo e dalla modificazione anatomica della testa del nervo ottico, può richiedere un semplice monitoraggio periodico. Conta anche l’età del paziente, tenendo conto che un glaucoma non trattato porta alla cecità nell’arco di trent’anni».


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