Pacemaker: cos’è, a cosa serve e come funziona il dispositivo che regola i battiti del cuore

È l’apparecchio che fa da “angelo custode” al nostro cuore. Grande come una moneta da due euro, si applica sotto pelle per garantire la corretta frequenza cardiaca



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di Chicca Belloni


Potremmo definirlo come un “angelo custode” del nostro cuore, che registra il battito cardiaco e interviene quando perde qualche colpo. È il pacemaker, un dispositivo che in questo momento veglia sulla salute del nostro presidente Sergio Mattarella, a cui è stato impiantato lo scorso aprile.

Secondo l’Omar (Osservatorio Malattie Rare), in Italia si effettuano oltre 50 mila impianti di pacemaker all’anno, con una media di 137 al giorno. Ci racconta che cos’è e come funziona Francesco Sala, presidente della Società italiana di cardiologia interventistica.


Pacemaker: una "moneta" salvavita

Il pacemaker è un dispositivo che monitora il battito del cuore e lo aiuta a mantenere il giusto ritmo. Grande come una moneta da due euro, agisce sul sistema di conduzione elettrica che regola la frequenza cardiaca.

I dispositivi di ultima generazione sono sempre meno ingombranti e più performanti. Se un tempo davano loro il ritmo, ora sono in grado di rispondere agli stimoli fisiologici: faranno battere il cuore più velocemente quando si compie uno sforzo, per rallentare a riposo.

Quando è necessario il pacemaker

Il cuore batte regolarmente grazie a un sistema di conduzione elettrico che produce gli stimoli indispensabili per contrarre il muscolo nel modo giusto e pompare il sangue in tutto il corpo. Tale sistema può incepparsi e avere dei problemi sia nella genesi dell’impulso elettrico (bradicardia patologica), sia nella conduzione dello stesso.

I battiti, quindi, rallentano, dando sintomi come stanchezza eccessiva, mancanza di fiato, giramenti di testa, sincopi (una brevissima perdita di coscienza). In questi casi, è necessaria una visita dal cardiologo, che valuterà se è il caso di impiantare un pacemaker.

Come si impianta il pacemaker

Il pacemaker viene impiantato sotto pelle, in prossimità della spalla, appena sotto la clavicola. L’intervento è mininvasivo, avviene in anestesia locale, dura circa un'ora.

Si posizionano prima due fili elettrici, gli elettrocateteri, che vengono inseriti in una delle vene del torace e spinti fino al cuore, dove vengono fissati. Poi li si collega al pacemaker, il dispositivo che genera il battito e che viene impiantato sotto cute con una piccola incisione.

Dopo uno o al massimo due giorni si può tornare a casa. Al momento delle dimissioni viene rilasciato un tesserino, da portare sempre con sé, che indica il tipo di apparecchio, il centro che l'ha impiantato, le informazioni tecniche. 

Le (rare) complicanze

L'intervento non comporta particolari rischi. Può succedere che si formi un livido nel punto in cui s’impianta il dispositivo, che si riassorbe in pochi giorni. Se si nota un arrossamento della pelle in corrispondenza dell’impianto, è bene contattare l’ambulatorio che ha installato il dispositivo, che valuterà se c’è un’infezione in corso e cosa fare. 

In rari casi, può verificarsi l’ingresso di aria nella cavità pleurica (pneumotorace), che può rendere necessario un drenaggio toracico per fare uscire l’aria. Molto raramente può verificarsi un versamento in seguito alla perforazione della parete del cuore, cosa che può risolversi da sola o richiedere un drenaggio.


Cosa succede dopo l'impianto: gli accorgimenti da adottare

Naturalmente occorre abituarsi al pacemaker, ma in pochi giorni quasi non se ne avverte più la presenza: si nota solo un piccolo rigonfiamento appena sotto la clavicola. Ci sono alcuni accorgimenti da adottare.

Con un pacemaker è bene evitare gli sport che possono provocare traumi, dal rugby al calcio. I pacemaker possono essere influenzati dai campi magnetici: è bene informare il personale degli aeroporti o altri addetti ai controlli di essere portatore di pacemaker ed è bene non sostare in prossimità di campi magnetici molto intensi come, ad esempio, le centrali elettriche.

I cellulari non interferiscono con il dispositivo, tuttavia per evitare il rischio di interferenze è meglio tenere il telefono cellulare ad almeno 15 cm di distanza dalla sede di impianto del pacemaker, riporlo in una borsa, e non nel taschino della giacca o della camicia se l'apparecchio è impiantato nel torace. È consigliabile utilizzare l’auricolare durante le conversazioni, oppure il vivavoce, in alternativa conversare con l’orecchio opposto al lato dove è impiantato il pacemaker e/o il defibrillatore.

Per quanto riguarda gli esami medici, come TAC ed ecografie, non hanno controindicazioni. L'unico problema è legato alla risonanza magnetica: alcuni dispositivi di ultima generazione non danno problemi, ma è meglio mostrare il proprio tesserino, con le informazioni sul dispositivo, prima di eseguire l'esame. 

I controlli del pacemaker

Chi porta il pacemaker dovrà fare dei controlli periodici, che avvengono anche in remoto. Il primo può avvenire a distanza di qualche settimana dall’impianto, per verificare i parametri del pacemaker. Dopo questa prima visita, le successive – salvo situazioni particolari – verranno programmate una volta l’anno.

L’apparecchio ha una batteria che dura fino a dieci anni (può avere una durata più breve se lavora di più e consuma maggiore energia). Quando si esaurisce occorre sostituire il dispositivo, con un’intervento analogo al primo (senza però l’impianto sul cuore degli elettrodi che sono già piazzati). 

Durante i controlli il cardiologo in genere comunica qual è la durata residua della batteria. Sul sito dell’Associazione italiana di aritmologia e cardiostimolazione, trovi altre informazioni e l’elenco dei centri che eseguono gli impianti e i controlli dei pacemaker.


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