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Mandragola: che cos’è e perché è pericolosa

Considerata un’erba magica dalla notte dei tempi, questa pianta può essere erroneamente scambiata per spinaci e causare un’intossicazione sistemica, che va trattata con un antidoto

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Il nome riporta subito alla mente l’omonima commedia di Niccolò Machiavelli, considerata il capolavoro del teatro cinquecentesco. Ma la mandragola viene spesso citata anche in fiabe e romanzi fantasy, tra cui “Harry Potter”. Considerata magica, forse perché la sua radice ricorda la forma del corpo umano, la mandragola si è resa protagonista di un recente fatto di cronaca avvenuto nel napoletano, dove diverse persone sono state ricoverate all’ospedale Santa Maria delle Grazie di Pozzuoli dopo aver ingerito questa pianta, acquistata sfusa in alcuni negozi di Quarto e Monte di Procida che l’avrebbero scambiata per spinaci, in quanto le foglie si somigliano molto.


Cos’è la mandragola

«Questa pianta appartiene alla famiglia delle solanacee, di cui fanno parte melanzane, patate, peperoni e pomodori», spiega la dottoressa Francesca Trento, biologa nutrizionista presso il Centro medico diagnostico di Torino. «È diffusa in tutte le aree mediterranee, per cui è molto presente sul nostro territorio, e si può facilmente confondere con spinaci, biete e alcune tipologie di lattuga. Presenta delle foglie larghe, scure e rugose, può avere delle bacche e cresce piuttosto adesa al terreno, per cui non è caratterizzata da un fusto molto alto».

Il problema sta nel fatto che questa pianta contiene una miscela di alcaloidi tropanici, come atropina, iosciamina e scopolamina, che hanno la pericolosa capacità di legarsi ad alcuni recettori presenti in tutti gli organi del corpo: «In condizioni di normalità, questi recettori legano l’acetilcolina, un neurotrasmettitore prodotto dall’organismo che serve a trasferire gli impulsi nervosi dalle cellule nervose a quelle muscolari. Gli alcaloidi tropanici sono in grado di ingannare i recettori e prendere il posto dell’acetilcolina, bloccando una serie di attività fondamentali per il nostro corpo».


Quali sono gli effetti della mandragola

Come al solito, è la dose che fa il veleno. Maggiore è il quantitativo di mandragola ingerita, più forti sono i sintomi, che generalmente si manifestano entro 4 ore dall’assunzione e possono coinvolgere diversi distretti del corpo: sistema nervoso centrale (mal di testa, delirio, allucinazioni, sonnolenza), apparato respiratorio (difficoltà respiratorie), apparato gastrointestinale (secchezza delle fauci, vomito, diminuzione dell’attività intestinale), sistema cardiovascolare (fino al coma e alla morte nei casi più gravi). «Ovviamente, il pericolo è maggiore nei bambini e nei soggetti che presentano altre patologie croniche, soprattutto a livello cardiaco e respiratorio, che possono esacerbare la sintomatologia».


Come riconoscere la mandragola

Chi non è pratico deve evitare di raccogliere erbe spontanee di cui non conosce la precisa “carta d’identità”, ma anche le aziende agricole devono formare i loro dipendenti per evitare incidenti come quello avvenuto nel napoletano. «Quando acquistiamo dell’insalata in busta oppure sfusa, diffidiamo delle foglie molto diverse dalle altre, soprattutto se particolarmente scure e rugose: a quel punto, meglio eliminare tutto il pacchetto per evitare rischi», suggerisce la dottoressa Trento.

«Inoltre, manteniamoci informati sugli eventuali richiami sanitari. Per esempio, negli ultimi giorni, il ministero della Salute ha disposto il richiamo del lotto di produzione 273 di spinaci della marca “Il Gigante”, nella confezione da 500 grammi e prodotti dall’azienda Spinerb di Colleoni Andrea e C snc, proprio per sospetta contaminazione da mandragola. Informarci su quello che accade può evitarci molti guai e, talvolta, salvarci la vita».


Cosa fare se si sospetta di aver ingerito la mandragola

Quando si ha il sospetto di aver ingerito la mandragola, è fondamentale chiamare il 118 o rivolgersi tempestivamente al pronto soccorso, perché l’antidoto esiste: «Si chiama fisostigmina salicilato, un alcaloide utilizzato anche nel trattamento del Parkinson e dell’Alzheimer che stimola la produzione di acetilcolina in modo che riesca a scalzare gli alcaloidi tropanici e si leghi ai recettori», conclude la dottoressa Trento. «Nel frattempo vanno gestiti i sintomi, per esempio con una maschera facciale per trattare l’insufficienza respiratoria o con degli antipiretici per abbassare la febbre, abbinando una lavanda gastrica per eliminare al più presto il veleno ingerito». In genere, il sollievo arriva dalle 3 alle 36 ore dopo l’assunzione dell’antidoto, per cui il problema è risolvibile se preso per tempo.


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