Labirintopatie: cosa sono, sintomi, cause, cure

Di origine infiammatoria o meno, queste patologie possono pregiudicare il corretto funzionamento del labirinto auricolare, la struttura interna all’orecchio che ci aiuta a restare in equilibrio nello spazio



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Sorpresa: anche nelle nostre orecchie c’è un labirinto, proprio come quelli dei parchi giochi dove bisogna ritrovare la via d’uscita, solo che qui il rischio non è di perdere l’orientamento, ma l’equilibrio. Questa struttura infatti, formata da un insieme di cavità scavate nell’osso temporale (situato nella parte laterale e basale del cranio), permette al cervello di raccogliere tutte le informazioni necessarie per attuare una serie di aggiustamenti automatici che permettono di mantenere una certa posizione o di non cadere durante l’esecuzione di un gesto. «Può succedere, però, che il labirinto si ammali a causa di una labirintopatia, un termine generico che descrive un malfunzionamento di questa struttura», racconta il dottor Giuseppe Nazionale, responsabile della Struttura semplice di Otorinolaringoiatria presso l’Ospedale di Rivoli AslTo3.

Cosa sono le labirintopatie

Le labirintopatie possono essere causate da processi patologici di natura infiammatoria a carico del labirinto, come nel caso della labirintite (nota anche come neuronite vestibolare), oppure non infiammatoria, come nella cupolitiasi (o vertigine parossistica posizionale benigna) o nella sindrome di Ménière. Non sono mai contagiose, anche se tra le possibili cause di alcune forme – come la labirintite – ci può essere un’infezione virale.

Quali sono le cause delle labirintopatie

All’origine delle labirintopatie, ci sono cause differenti. Per esempio, le forme infiammatorie possono derivare da un virus (come quello del morbillo, della parotite, dell’herpes, della mononucleosi o il rinovirus, lo stesso che causa il raffreddore), da un batterio (come quello della scarlattina) oppure da un’otite media che si è complicata.

«Nel caso della cupolitiasi, invece, c’è uno spostamento dei minuscoli “sassolini” presenti sulle cellule che rivestono l’orecchio interno, detti otoliti, che possono muoversi dalla loro sede naturale per entrare in uno dei tre canali presenti per ogni lato, che sono pieni di liquido», descrive il dottor Nazionale. «A volte questo spostamento non ha una causa ben riconoscibile, anche se esistono fattori che possono facilitare il distacco degli otoliti, come i traumi cranici dovuti a cadute, incidenti stradali o colpi di frusta».

Nel caso della sindrome di Ménière, poi, si verifica un accumulo di liquido nel labirinto per motivi complessi, fra cui pesano la predisposizione genetica e vari altri fattori, causali o predisponenti, come allergie, malattie autoimmuni, infezioni virali o traumi cranici.

Quali sono i sintomi delle labirintopatie

Ad accomunare le labirintopatie sono le vertigini, caratterizzate da movimenti involontari degli occhi (nistagmo). «È come se a livello del sistema nervoso centrale arrivassero degli stimoli diversi rispetto a quelli reali, che si traducono in un movimento oculare anomalo e determinano la comparsa di vertigini “oggettive”, dove si ha l’illusoria sensazione che l’ambiente circostante si muova intorno a sé», evidenzia il dottor Nazionale.

«Questo le differenzia dalle vertigini “soggettive”, in cui avviene l’esatto contrario, ossia si ha la sensazione di sentirsi muovere nell’ambiente. Qui la causa non è riconducibile a problemi dell’orecchio interno, ma a cause come cervicalgia, mal occlusione mandibolare, traumi o patologie cerebrali».

Le vertigini oggettive tipiche delle labirintopatie si associano spesso a sintomi neurovegetativi, come nausea, pallore, tachicardia e sudorazione, che sovente spingono il paziente a rivolgersi al pronto soccorso. «In particolari forme di labirintopatie poi, come nella sindrome di Ménière, si possono aggiungere anche un senso di ovattamento uditivo e acufeni, i classici fischi nelle orecchie».

Come si arriva alla diagnosi

«Il fatto che il paziente lamenti vertigini oggettive indirizza lo specialista verso una diagnosi differenziale di labirintopatie rispetto ad altre patologie dell’equilibrio, che non derivano invece da un danno al labirinto», commenta l’esperto. «Ma a confermare il sospetto clinico deve essere un esame strumentale, come la risonanza magnetica dell’encefalo, che consente di escludere qualunque patologia cerebrale».

Talvolta, possono essere prescritti anche altri test, come quello dei potenziali evocati acustici (utile per verificare la risposta del paziente agli stimoli uditivi), l’elettronistagmografia (che studia l’equilibrio attraverso l’osservazione del movimento ondulatorio involontario dei bulbi oculari), il test di coltura batterica (per escludere o individuare possibili cause di infezioni batteriche come responsabili del disturbo) o la Tac dell’orecchio (utilizzata per lo studio di patologie a carico della parte ossea).

Come si trattano le labirintopatie

Non esiste un unico trattamento per le labirintopatie, perché tutto dipende dall’origine. In linea generale, si possono utilizzare dei farmaci (come antivirali e antibatterici, sintomatici per ridurre la nausea o le sensazioni di capogiro, corticosteroidi, sedativi o, talvolta, antibiotici), da associare a tecniche che mitigano i sintomi. In sostanza si possono adottare comportamenti particolari (come non alzarsi in modo brusco, non fare movimenti improvvisi, provare a tenere la testa immobile se le vertigini compaiono mentre si è sdraiati) oppure si può ricorrere a particolari manovre fisiche (rotazioni della testa o rapidi spostamenti del capo e del corpo), generalmente guidate dallo specialista per affrettare la guarigione.

«Nella maggior parte dei casi, comunque, si tratta di patologie benigne che si rivolvono in tempi variabili, ma brevi», conclude il dottor Nazionale. «Solo in rarissime situazioni è necessario ricorrere a un farmaco ototossico, che può danneggiare purtroppo l’orecchio interno, ma che consente di “mettere a riposo” il labirinto e non farlo più intervenire. È il caso della sindrome di Ménière recidivante, quando le ricadute sono così frequenti da inficiare pesantemente la qualità di vita del paziente».


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