Sebbene conosciuta fin dall’antichità (il termine deriva infatti dal termine greco antico psora, “squama”), la psoriasi è stata riconosciuta come malattia solo nel 1841 da Ferdinand von Hebra. Da allora, molte sono state le nuove conoscenze acquisite su questa malattia che ha senz’altro avuto, e continua tutt’oggi ad avere, una grande rilevanza sociale, per la sua frequenza e per l’impatto sulla qualità della vita del paziente.
La psoriasi può essere definita come una dermatosi infiammatoria a carattere cronico-recidivante, caratterizzata da tipiche lesioni arrossate e desquamate (dette lesioni eritemato-desquamative) che si riscontrano nelle forme classiche di psoriasi, a livello delle superfici estensorie di gomiti e ginocchia, della regione sacrale e del cuoio capelluto.
In realtà oggi la psoriasi viene definita come una vera e propria sindrome, cioè come un insieme di disturbi che può avere caratteristiche ed evoluzione molto differenti e che nelle forme gravi può essere altamente invalidante, al punto da limitare la vita sociale e lavorativa del soggetto che ne è affetto. Per questo motivo il medico è attento non soltanto alle lesioni visibili sulla pelle, ma anche alle eventuali localizzazioni a livello delle articolazioni, alla possibile associazione con altre malattie e alle conseguenze psico-emotive sul soggetto.
Quanto è diffusa la psoriasi?
Oggi si stima che il 2-3% della popolazione mondiale sia affetto da psoriasi, per un totale di circa 130 milioni di persone. In Italia si stimano 2 milioni di psoriasici, un quarto circa dei quali soffre di forme di gravità medio-intensa tali da richiedere terapie non limitate ai farmaci da applicare sulla pelle. In una quota variabile tra il 5 e il 42% dei casi (a seconda delle varie ricerche fatte) si associa una particolare forma di artrite infiammatoria che prende il nome di artrite psoriasica.
Quali sono le cause della psoriasi?
Non si conoscono tutte le cause che portano all’insorgenza della malattia, ma i fattori genetici ereditabili sono numerosi e contribuiscono alla comparsa delle manifestazioni cliniche a volte dopo l’intervento di fattori quali le infezioni (soprattutto tonsilliti da streptococco e infezioni a livello della cute perianale, correlate a una forma di psoriasi cosiddetta guttata caratteristica dell’età pediatrica), gli stress emotivi, i cambiamenti climatici (tipicamente la malattia si riacutizza o peggiora nei mesi invernali e migliora, fino a scomparire, nei mesi estivi con l’esposizione ai raggi solari), la gravidanza, alcuni problemi ormonali, interventi chirurgici o traumi sulla pelle quali i grattamenti, le ustioni o le cicatrici chirurgiche. Sono numerosi poi i farmaci in grado di indurre o aggravare la malattia (sali di litio, b-bloccanti, ACE-inibitori, tetracicline, antimalarici di sintesi). Infine, anche alcune abitudini di vita giocano un ruolo importante come potenziali agenti predisponenti alla malattia: tra di esse le più importanti consistono in una dieta troppo ricca di grassi e povera di frutta e verdura, nell’eccessivo consumo di alcol e nel tabagismo. Quali che siano i fattori di rischio e gli agenti in grado di scatenare la malattia, ciò che è ormai chiaro è che essi agiscono andando a innescare una reazione immunitaria anomala da cui derivano le lesioni psoriasiche. È per questo che gli studiosi considerano la psoriasi come una malattia dermatologica immunomediata, che vede coinvolti meccanismi estremamente complessi ai quali partecipano più tipi di cellule e di sostanze reattive da esse prodotte.
In quali forme può manifestarsi una psoriasi?
La psoriasi mostra una notevole variabilità delle sue manifestazioni, sia per il loro aspetto sia per la loro estensione, localizzazione ed evoluzione. La lesione tipica è una chiazza arrossata e desquamata (lesione eritemato-squamosa) a margini rotondeggianti e ben definiti, talvolta un po’ sollevata rispetto alla cute circostante.
Lo strato squamoso superficiale è di aspetto bianco-argenteo, madreperlaceo; le squame, tipicamente pluristratificate a formare cumuli friabili facilmente distaccabili, sono secche e hanno dimensioni e spessore variabili da piccole e fini (tipo pitiriasico) a grandi e spesse (tipo rupioide od ostraceo). Il colorito rosso (eritema) può variare dal roseo al rosso intenso ed è visibile soprattutto nella parte periferica delle aree desquamanti; si presenta ben delimitato, liscio, asciutto, e scompare se viene schiacciato con un vetrino o anche semplicemente con le dita. Può essere presente un alone chiaro detto orlo di Woronoff, più evidente dopo esposizione ai raggi ultravioletti. Il numero delle chiazze è molto variabile, poiché queste possono presentarsi in forma isolata, multipla (spesso disposta in modo simmetrico nelle due parti del corpo) e, in casi estremi, interessare tutta la cute (psoriasi universale).
Anche le dimensioni delle singole lesioni sono variabili: piccole chiazze puntiformi di pochi millimetri (psoriasi puntata) o lenticolari (psoriasi guttata), elementi rotondeggianti simili a monete di qualche centimetro (psoriasi nummulare), vere e proprie placche di una decina di centimetri o più (psoriasi a placche). Quest’ultima forma assume, a sua volta, aspetti eterogenei poiché le lesioni possono divenire circolari o serpiginose, o ancora confluire in chiazze con aspetto figurato o caratteristicamente frastagliato “a carta geografica”.
Queste chiazze generalmente non provocano particolari disturbi, mentre il prurito è presente in una percentuale estremamente variabile (circa 20-30%) di pazienti.
La psoriasi volgare
È la forma più comune di psoriasi, insorge generalmente tra i 20 e i 30 anni di età e assume un tipico andamento cronico-recidivante, con parziale regressione e puntate di improvvisa riacutizzazione.
Le lesioni tendono a confluire tra loro e a organizzarsi formando le caratteristiche placche, localizzate prevalentemente sulle superfici estensorie dei gomiti e delle ginocchia, sulla superficie anteriore del ginocchio (aree pretibiali), sulla regione di passaggio lombo-sacrale, dietro l’orecchio (regione retroauricolare) e sul cuoio capelluto. Quando la psoriasi volgare si localizza alle pieghe (ascelle, inguine e al di sotto delle mammelle) si parla di psoriasi inversa.
Altre forme di psoriasi
Anche le unghie possono essere interessate dal processo infiammatorio, in accordo con l’andamento clinico della malattia. La cosiddetta sebopsoriasi è una forma particolare di psoriasi caratterizzata da una nuance giallastra e da squame untuose presenti soprattutto su volto, regioni auricolari e dorso.
Una forma particolare e a volte molto fastidiosa di psoriasi è la variante pustolosa, caratterizzata dalla presenza di pustole sterili che si localizzano, a seconda delle varianti, a livello palmo-plantare o diffusamente (forma pustolosa generalizzata).
La psoriasi eritrodermica è una rara variante con compromissione di tutto l’ambito cutaneo, generalmente dovuta all’evoluzione di una psoriasi universale o di una forma pustolosa generalizzata. La cute appare di colorito rosso acceso tendente al violaceo, edematosa e lucida per un continuo gemizio di siero, con croste sierose e fissurata da microragadi. Lo stato generale del paziente è gravemente compromesso: si hanno febbre, debolezza, ingrossamento linfonodale, disidratazione e squilibri idroelettrolitici. La prognosi è severa.
Come già accennato, esiste infine una percentuale significativa di pazienti che manifestano, accanto alle lesioni cutanee, anche un interessamento delle articolazioni, delle inserzioni tendinee e dei legamenti. Questa forma, definita artrite psoriasica o psoriasi artropatica, può accompagnarsi variabilmente alle chiazze della cute è può raggiungere anche gravità estrema, con mutilazioni delle piccole articolazioni periferiche (mani e piedi).
Trattamento
Il trattamento del paziente con psoriasi è cosa molto complessa. Gli obiettivi della terapia sono, infatti, quelli di ridurre le manifestazioni della malattia a un livello accettabile e di mantenere lo stato di benessere del soggetto usando trattamenti che non comportino importanti effetti collaterali. Gli elementi di riferimento per i medici sono la sede delle lesioni, la loro estensione, la frequenza con cui le lesioni scompaiono e ricompaiono, l’età e le condizioni di salute generale del paziente, la sua tolleranza alla terapia, il risultato di terapie precedenti e (un fattore certo da non trascurare) le eventuali ripercussioni psicologiche che la malattia determina sul soggetto ammalato.
La terapia può essere condotta con prodotti che si applicano localmente sulle lesioni (terapia topica) o in modo sistemico, ossia con farmaci che si assumono per via orale o endovenosa. Il trattamento topico è idoneo e spesso sufficiente nelle psoriasi di grado lieve e moderato, mentre sarà necessariamente affiancato da un trattamento sistemico in quelle gravi.
Terapia topica La terapia topica viene preferenzialmente impiegata nelle psoriasi stabili e con un numero limitato di lesioni. Classicamente questa terapia si articola in due fasi successive: prima si effettua il “decapaggio” delle lesioni mediante l’uso di prodotti che sciolgono lo strato squamoso superficiale (prodotti ad azione cheratolitica), poi si procede con il trattamento dell’infiammazione cutanea e della proliferazione epidermica. Tra i farmaci cheratolitici il più conosciuto è l’acido salicilico in vaselina o crema base o alcol (per applicazione sul cuoio capelluto).
Il decapaggio può essere ottenuto anche con l’impiego di emollienti, di creme all’urea al 10-50%, di bagni in acqua pura o salata, come pure mediante l’applicazione di derivati della vitamina D in “creme” grasse.
Il secondo momento terapeutico è volto a controllare l’infiammazione: i cortisonici per applicazione locale hanno rappresentato e rappresentano tuttora la terapia anti-psoriasica maggiormente prescritta, anche se è sempre preferibile usarli per trattamenti di durata limitata, al fine di evitare l’insorgenza di effetti collaterali a livello locale (ossia a livello della pelle) o sistemici, ossia come manifestazioni a livello dell’organismo nel suo complesso. Le sostanze cosiddette riducenti (catrami e derivati dell’antralina) pur essendo molto attive nella psoriasi, sono ora molto meno utilizzate perchè inducono spesso l’insorgenza di irritazioni e di alterazioni del colorito cutaneo intorno alla lesione; inoltre è spesso difficile determinarne la concentrazione e la durata del trattamento ottimale. Recentemente sono stati soppiantati dai derivati della vitamina D.
I derivati della vitamina D3 (calcipotriolo e tacalcitolo) possiedono l’attività “antiproliferativa” della vitamina D, della quale non hanno però gli effetti a livello osseo. La loro applicazione prolungata non causa alterazioni indesiderate della cute e non induce né “resistenza” al trattamento né le note reazioni indesiderate (cosiddetto rebound di fine terapia) tipiche di un cortisonico; questi prodotti non si impiegano in caso di malattie del metabolismo calcio-fosforo, di insufficienza renale, in gravidanza. Altre terapie locali impiegano tazarotene, tacrolimus e pimecrolimus (questi ultimi usati già con successo nella dermatite atopica) utili soprattutto nei casi in cui le lesioni psoriasiche sono localizzate in aree sensibili (viso, pieghe, genitali).
È infine doveroso ricordare come nella pratica clinica le varie terapie topiche (e non solo) possano essere associate (anche in preparazioni fatte estemporaneamente dal farmacista) o alternate per ottenere una maggiore efficacia clinica, con riduzione degli effetti collaterali del singolo farmaco.
Fototerapia La fotochemioterapia (o PUVA terapia) è una metodica che sfrutta, per ottenere l’effetto terapeutico, l’azione combinata di una sostanza fotosensibilizzante (psoralene) e delle radiazioni elettromagnetiche non ionizzanti. La fototerapia mediante UVB a banda stretta (narrow-band) è uno dei più importanti interventi terapeutici per il trattamento delle psoriasi moderato-gravi, coinvolgenti più del 10% della superficie corporea: consente, infatti, di ottenere velocemente una regressione delle placche. Si utilizzano lampade fluorescenti che emettono radiazioni UVB (soprattutto in un range di lunghezza d’onda di 311-313 nm), che hanno dimostrato il miglior effetto terapeutico e i minori effetti collaterali. Sono necessarie mediamente dalle 15 alle 20 sedute, a una frequenza di circa 3 a settimana. Il meccanismo d’azione degli UVB nella cura della psoriasi non è ancora del tutto chiaro: vengono assorbiti dai cromofori (molecole biologiche come il DNA) e innescano reazioni fotochimiche; pare, inoltre, che siano in grado di modificare direttamente la risposta immunitaria della pelle. Possono causare effetti collaterali sia immediati (arrossamenti da sovraespozione) sia a lungo termine (invecchiamento cutaneo o fotoaging) e aumento del rischio di insorgenza di tumori (carcinogenesi).
Terapia sistemica Questa terapia prevede l’utilizzo di farmaci potenzialmente tossici, per cui gli specialisti effettuano sempre una rigorosa selezione dei pazienti da trattare, nonché una costante sorveglianza clinica e con esami di laboratorio. Infatti, i limiti dell’impiego continuativo di questi farmaci sono la tossicità o le conseguenze di uno stato di immunosoppressione protratto. La somministrazione dei farmaci che ne preveda una “rotazione” da uno all’altro, le associazioni di farmaci con dosaggi ridotti e la sospensione periodica dei trattamenti sono strategie comunemente utilizzate per limitarne gli effetti collaterali. I farmaci sistemici maggiormente utilizzati sono il metotrexate, la ciclosporina e l’acitretina, che agiscono sulle anomalie nella proliferazione delle cellule della pelle che producono la cheratina o nella risposta immunitaria (T-linfociti).
Il metotrexate è usato da anni soprattutto nelle forme di psoriasi con artrite associata; si tratta però di un farmaco potenzialmente tossico a livello del midollo osseo e del fegato, soprattutto se usato a dosi elevate e per lunghi periodi.
L’acitretina (un retinoide) rappresenta il trattamento di scelta nelle forme pustolose, benché sia efficace anche nella psoriasi eritrodermica e volgare diffusa. Anche per questo farmaco ci sono importanti e numerosi effetti collaterali: è teratogeno, e tale effetto dura fino a due anni dopo la sua sospensione in quanto tende ad accumularsi nel grasso corporeo.La ciclosporina, grazie alle sue proprietà immunosoppressive, è senz’ altro un farmaco estremamente efficace nella psoriasi volgare di media o grave entità e in quella eritrodermica. I suoi effetti collaterali principali sono legati all’immunosoppressione e alla tossicità renale (per questo motivo i medici tengono sotto controllo la funzionalità renale del paziente in terapia e la sua pressione arteriosa) che ne limitano l’impiego sul lungo periodo. [F.F.,T.L.]