Calcoli salivari: cosa sono, cause, sintomi, cure

Anche la bocca può soffrire di coliche. A differenza di quelle renali o biliari, qui il dolore si può anche “vedere”, perché durante gli attacchi compare un gonfiore a livello delle ghiandole salivari, ovvero sotto la mandibola o vicino all’orecchio



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Tutti conosciamo quelli della colecisti o delle vie urinarie, ma i calcoli hanno anche “cugini” meno famosi, come quelli salivari. Ebbene sì, i fastidiosi sassolini possono formarsi nel cavo orale e provocare vere e proprie coliche, caratterizzate da gonfiore e dolore a livello del volto.

«Di solito i calcoli salivari si formano nelle ghiandole sottomandibolari o parotidi, mentre estremamente rari sono i calcoli che interessano quelle sottolinguali», spiega il professor Pasquale Capaccio, professore associato di Otorinolaringoiatria all’Università degli studi di Milano e direttore della Struttura Complessa di Otorinolaringoiatria presso il Presidio ospedaliero Fatebenefratelli di Milano.

Cosa sono i calcoli salivari

Queste formazioni sono composte da cristalli di calcio (un minerale che viene normalmente prodotto dalle ghiandole salivari) e altre sostanze presenti nella bocca, fra cui i batteri della placca dentale (in particolare streptococchi).

«I microrganismi possono migrare verso i tubi di scarico della saliva, simili a piccoli dotti che emergono sotto la lingua o nella guancia interna, stimolando alcuni globuli bianchi a produrre delle “reti” per catturarli», spiega il professor Capaccio. «In trappola, però, non finiscono solamente i batteri, ma anche i micro-cristalli di calcio. Nella maggior parte dei casi, questo non determina alcuna conseguenza: ciascuno di noi produce quotidianamente calcoli che vengono poi espulsi con la saliva. Può accadere, però, che i micro-cristalli di calcio si aggreghino in un vero e proprio calcolo, dalle dimensioni variabili».


Quali sono le cause dei calcoli salivari

Eccetto in rari casi di predisposizione genetica, tra le cause principali della calcolosi salivare (detta anche scialolitiasi) c’è una non adeguata igiene orale che predispone alle infezioni retrograde, quelle dove i batteri presenti nella bocca migrano verso i dotti salivari.

«Ci sono anche condizioni anatomiche che favoriscono la formazione dei calcoli: per esempio, in alcune persone i dotti salivari presentano degli angoli acuti oppure un diametro ancora più ridotto del normale», racconta il professor Capaccio. «Questo favorisce la stasi della saliva e dei micro-cristalli di calcio, su cui si possono innescare i processi prima descritti».

Ecco perché lo sviluppo armonico del volto è fondamentale, al punto che oggigiorno è possibile agevolarlo con la cosiddetta espansione palatale con le tecniche ortodontiche, una terapia che ha come obiettivo l’allargamento del palato. «Ampliare il “pavimento” della bocca, dove decorrono i dotti salivari, riduce gli angoli critici e contrasta la scialolitiasi».


Calcoli salivari: è importante bere

Un ulteriore fattore di rischio – comune alla calcolosi renale – è la disidratazione, perché il ridotto apporto di acqua determina una saliva più densa, meno fluida.

«Non ci sono, invece, evidenze scientifiche che dimostrino una correlazione con la dieta: nessun cibo condiziona la formazione di calcoli salivari. E lo stesso vale per l’acqua che beviamo», aggiunge l’esperto. «Uno studio inglese di qualche anno fa aveva addirittura confrontato la popolazione di due diverse zone di Londra, dove l’acqua potabile presentava un differente contenuto di calcio, senza rilevare un incremento di calcoli salivari fra chi consumava quella con maggiore durezza».

Quali sono i sintomi dei calcoli salivari

Come i calcoli biliari e renali, anche quelli salivari possono determinare delle coliche, che in questo caso si presentano sotto forma di un dolore improvviso, intenso e trafittivo a livello della ghiandola ostruita.

«Questo sintomo tende a presentarsi ogni volta che aumenta la produzione di saliva, ovvero in concomitanza dei pasti o di uno stimolo gustativo piacevole che induce la classica acquolina in bocca», descrive il professor Capaccio. «A quel punto si crea una tumefazione, cioè un gonfiore doloroso della regione sottomandibolare o di quella parotidea, vicino all’orecchio».

Dunque, al dolore tipico delle coliche, qui il gonfiore aggiunge una manifestazione visibile anche dal punto di vista estetico, che può creare disagio nelle occasioni sociali. «Questo evento può essere transitorio e durare poche ore oppure può perdurare a lungo, quando ormai è subentrata un’infezione che necessita di una terapia antibiotica, eventualmente associata al cortisone».

Ma non esistono campanelli d’allarme? La prima colica può essere preceduta per mesi (o addirittura per anni) da una sensazione di tensione sotto la mandibola o sotto l’orecchio, ma non si tratta di una regola universale.

Calcoli salivari: quali sono i pericoli

La presenza di calcoli può determinare il ristagno della saliva nella ghiandola interessata e sfociare in una scialodenite, un’infiammazione acuta o cronica che può complicarsi e portare alla formazione di un ascesso.

Come si arriva alla diagnosi

La diagnosi di scialolitiasi si basa innanzitutto su un’attenta visita otorinolaringoiatrica. In aiuto viene poi l’ecografia delle ghiandole salivari, utile se eseguita da un radiologo esperto, ma si può ricorrere anche a un esame di secondo livello, la TC Cone Beam Massiccio Facciale, una Tac a ridotto dosaggio di radiazioni che consente di valutare il calcolo in maniera precisa e tridimensionale, rilevandone forma, dimensioni e posizione.

«Tutte queste valutazioni sono necessarie anche per escludere altre patologie, che possono comportare sintomi pressoché sovrapponibili a quelli dei calcoli salivari», tiene a precisare il professor Capaccio. «Parliamo delle stenosi dei dotti salivari, ad esempio, oppure di condizioni autoimmuni, come la sindrome di Sjögren, caratterizzata da un’eccessiva secchezza di occhi, bocca e altre mucose. In queste patologie non c’è un legame diretto con i pasti, per cui il dolore può comparire in qualunque momento della giornata».

Un’altra condizione da escludere, piuttosto tipica dei tempi moderni, è rappresentata dalle disfunzioni masticatorie muscolari: è il caso dei pazienti con bruxismo notturno oppure con l’abitudine di digrignare i denti anche durante il giorno a causa di una forte tensione nervosa: «Siccome i muscoli massetere, buccinatore e miloioideo sono strettamente collegati alle ghiandole salivari, quando li contraiamo con forza finiamo per determinare una tumefazione dolente della ghiandola correlata», specifica l’esperto.

Come si curano i calcoli salivari

A seconda della posizione, della dimensione e della conformazione del calcolo, al paziente viene proposto uno specifico approccio terapeutico. «I calcoli salivari sotto i 3 millimetri possono essere asportati in scialoendoscopia sotto anestesia locale, utilizzando piccole sonde che entrano nei dotti, raggiungono la ghiandola e “catturano” il calcolo con minuscoli cestelli», racconta il professor Capaccio.

«Tra i 3 e i 7 millimetri di diametro, invece, bisogna ricorrere a tecniche di frantumazione e polverizzazione con una fibra laser ad olmio, sempre in anestesia locale con una blanda sedazione. Quando le dimensioni sono superiori, talvolta pari a qualche centimetro, occorre un approccio combinato, chirurgico ed endoscopico, che utilizza piccole incisioni sul pavimento orale, sulla guancia o davanti all’orecchio. In questo modo, nel 90-95 per cento dei casi, oggi è possibile conservare la ghiandola salivare, evitandone la rimozione come avveniva in passato e mantenendo un’adeguata salivazione».


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