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Vaccini contro il melanoma: a che punto siamo

Dopo aver dimostrato la loro efficacia contro il Covid-19, i vaccini a mRNA aprono una nuova frontiera nella lotta ai tumori. Al centro della ricerca c’è il melanoma, il più aggressivo dei tumori cutanei, per cui sono in corso studi clinici promettenti. Se i risultati saranno confermati, i primi vaccini oncologici potrebbero essere sul mercato entro il 2025

Foto: iStock



Negli ultimi anni la parola “vaccino” è entrata con forza nel linguaggio quotidiano, soprattutto a causa della pandemia da Covid-19. In quell’occasione il mondo ha scoperto una nuova tecnologia, l’mRNA, cioè RNA messaggero: una sorta di istruzione temporanea che, una volta introdotta nell’organismo, guida le cellule a produrre una proteina capace di stimolare il sistema immunitario.

Se durante l’emergenza sanitaria questa piattaforma è stata impiegata per contrastare il Coronavirus, oggi la ricerca punta a traguardi ancora più ambiziosi: usarla contro alcune delle malattie più temute, in particolare i tumori. Il melanoma, la forma più aggressiva di cancro della pelle, è al centro di studi clinici che cercano di trasformare i vaccini a mRNA in una nuova arma terapeutica. Aziende come Moderna Therapeutics e BioNTech, protagoniste della corsa al vaccino anti-Covid, guidano questa frontiera con l’obiettivo di portare i primi vaccini oncologici sul mercato entro il 2030, con possibili approvazioni già nel 2025 per il melanoma in stadio avanzato.

Cos’è un “vaccino” contro il cancro

Il termine “vaccino” può trarre in inganno, evocando l’idea di una prevenzione simile a quella contro l’influenza o il morbillo. Ma in oncologia le cose sono diverse. «Tradizionalmente un vaccino serve a prevenire una malattia infettiva prima che si manifesti, stimolando il sistema immunitario a riconoscere un virus», spiega il dottor Andrea Maurichi, specialista in Oncologia Cutanea al Centro Medico Visconti di Modrone di Milano.

«Per i tumori, invece, parliamo di vaccini terapeutici: vengono somministrati quando la malattia è già presente e hanno lo scopo di rafforzare le difese dell’organismo contro le cellule cancerose. Sono quindi a tutti gli effetti farmaci personalizzati». Non prevengono l’insorgenza della malattia ma aiutano a contrastarla, addestrando il sistema immunitario a riconoscere le cellule maligne e a distruggerle.

L’unione tra vaccino e immunoterapia

Negli ultimi dieci anni lo scenario terapeutico del melanoma è cambiato radicalmente. Alla chirurgia, che rimane un passaggio fondamentale nelle fasi iniziali, si affiancano oggi trattamenti mirati come la terapia a bersaglio molecolare, che presuppone la presenza nel tumore di mutazioni a carico di alcuni geni come B-RAF e N-RAS, e l’immunoterapia, che si avvale di anticorpi monoclonali capaci di riattivare il sistema immunitario e renderlo più efficiente contro il tumore. Entrambe queste opzioni terapeutiche hanno dimostrato di poter migliorare in modo importante la prognosi di molti pazienti con melanoma anche a uno stadio avanzato.

«L’associazione tra immunoterapia e vaccino a mRNA nasce per potenziare ulteriormente questa risposta terapeutica», spiega Maurichi. «L’immunoterapia riaccende le difese immunitarie, mentre l’mRNA insegna loro a riconoscere specifici bersagli tumorali. L’obiettivo è rendere la reazione del corpo più efficace e duratura».

Un esempio concreto arriva dallo studio clinico internazionale KEYNOTE-942, che valuta il vaccino a mRNA-4157 (V940) in combinazione con pembrolizumab, un anticorpo già approvato in Italia per pazienti con melanoma ad alto rischio. I dati preliminari sono incoraggianti: la combinazione ha ridotto il rischio di recidiva o morte del 49% e quello di sviluppare metastasi del 62%.

Vaccino contro il melanoma: non per tutti i pazienti

L’idea di un vaccino contro il cancro potrebbe fare pensare a un trattamento universale, ma la realtà è più complessa. «Parliamo di medicina di precisione», puntualizza Maurichi. «Ogni paziente viene valutato in base alle caratteristiche specifiche della malattia: tipo di metastasi, diffusione del tumore, mutazioni presenti ed eventuali comorbilità a carico del paziente. Non è una vaccinazione che si prende in farmacia come quella per l’influenza; è un trattamento sperimentale, gestito esclusivamente in centri di ricerca e clinici specializzati».

Anche la modalità di somministrazione è diversa da quella a cui siamo abituati: non basta una dose, ma si tratta di cicli con intervalli precisi, che permettono ai ricercatori di monitorare sicurezza ed efficacia. Per ora, dunque, i vaccini a mRNA restano nell’ambito della sperimentazione, ma i progressi fanno pensare che possano presto entrare nella pratica clinica per i pazienti candidabili.

A che punto siamo con le approvazioni

Nessun vaccino oncologico a mRNA è ancora stato approvato né dalla FDA (l’agenzia statunitense per i farmaci) né dall’EMA (la sua controparte europea). Tuttavia, la rapidità con cui si stanno accumulando risultati positivi lascia intravedere un futuro prossimo di novità concrete. «Siamo davvero vicini a una svolta», commenta Maurichi. «La ricerca procede velocemente e la tecnologia si evolve di continuo con molecole sempre più efficaci e meno tossiche. È un processo in rapido cambiamento e molto promettente».

Secondo le aziende coinvolte, la combinazione mRNA-4157 più pembrolizumab potrebbe ottenere un’approvazione accelerata già entro il 2025, diventando così il primo vaccino oncologico a mRNA disponibile sul mercato.

Le alternative già disponibili

In attesa dei vaccini, i pazienti con melanoma hanno comunque a disposizione un ventaglio di opzioni terapeutiche. Dalla chirurgia nelle fasi precoci alle terapie mirate contro mutazioni genetiche specifiche, fino all’immunoterapia, oggi i progressi hanno già cambiato radicalmente la storia naturale della malattia. «Non bisogna pensare che senza il vaccino non ci siano chance terapeutiche», sottolinea Maurichi. «Al contrario, i trattamenti attuali hanno già migliorato in modo significativo la sopravvivenza e la qualità di vita».

La diagnosi precoce resta l’arma più potente, perché aumenta in modo decisivo le possibilità di guarigione. Ma anche nei casi avanzati la ricerca ha reso possibile ottenere remissioni durature o stabilità della malattia. «Con i progressi scientifici possiamo restituire a molti pazienti una vita dignitosa e, in diversi casi, arrivare a una vera e propria guarigione», conclude Maurichi. «I vaccini a mRNA rappresentano una delle strade più promettenti, ma saranno sempre parte di un approccio integrato, capace di combinare più terapie per offrire la miglior risposta possibile a ogni paziente».


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