Perché è boom di casi di scarlattina: cosa fare

È uno degli effetti della pandemia di Covid 19. Per i pediatri non ci sono motivi di allarme, ma è importante fare il tampone in caso di sintomi e iniziare la terapia entro 10 giorni dall’esordio, per evitare complicanze



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Chi ha dei figli piccoli se n’è accorto già: la scarlattina è tornata a colpire i bambini come non accadeva da tempo. È colpa (anche) della pandemia di Covid 19, che per lungo tempo ha ridotto la circolazione di molti virus e batteri, compreso proprio quello che causa la scarlattina. Si tratta, infatti, di una malattia infettiva provocata da un batterio della famiglia degli Streptococchi, che causa sintomi che possono essere confusi con quelli di altre malattie invernali, come mal di gola e febbre, unite però a macchie sulla pelle.

«Il primo segnale di questa crescita era arrivato lo scorso dicembre dal Regno Unito, dove si erano registrati molti casi di scarlattina, con alcuni episodi anche più gravi di sepsi che avevano portato a 8 decessi. In Italia in molte scuole, soprattutto materne, si è osservato in queste settimane un aumento significativo, anche se però fortunatamente non ci sono state forme severe», conferma Susanna Esposito, coordinatrice del Tavolo Tecnico Malattie infettive e Vaccinazioni della Società Italiana di Pediatria (SIP) e ordinario di Pediatria presso l'Università di Parma.

Secondo i pediatri non è il caso di allarmarsi, dunque, anche se occorre sapere cosa fare in caso di dubbio o di malattia.


Perché aumentano i casi di scarlattina

«Durante il 2020, 2021 e 2022 la scarlattina ha circolato poco a causa delle restrizioni per la pandemia di Covid, ma adesso che queste sono venute meno è ripresa la circolazione, come quella di altri patogeni. Nelle ultime settimane, infatti, si sono riscontrate epidemie di scarlattina nelle scuole di diverse città italiane», spiega Esposito. La scarlattina è una malattia esantematica, cioè caratterizzate dalla comparsa di un esantema: si tratta di alterazioni della pelle, come le classiche macchioline rosse o rosacee. Nel caso della scarlattina è causata dal batterio dello Streptococco beta-emolitico di gruppo A, e si trasmette tramite muco e saliva. Per questo i più soggetti alla malattia sono i bambini piccoli, che mettono in bocca mani, giochi o oggetti, magari dopo il contatto con altri coetanei e specie alla scuola dell’infanzia.

«La ripresa delle attività sociali e di comunità ha portato inevitabilmente alla circolazione di agenti infettivi che prima circolavano poco: lo abbiamo visto fin da dicembre con il virus sinciziale nei bambini molti piccoli, poi con l’influenza e ora con la scarlattina che solitamente circola tra dicembre e aprile. I casi recenti sono caratterizzati da uno streptococco un po’ più aggressivo degli altri, ma non bisogna allarmarsi: è importante, comunque, contattare il proprio medico, sia per non alimentare nuovi contagi nelle scuole, sia per curare al meglio i bambini che ne sono colpiti», spiega la pediatra.


I sintomi per riconoscere la malattia

«A parte il mal di gola e la febbre, la scarlattina è accompagnata da una colorazione prima biancastra e poi rossa della lingua e da un esantema con minuscole macchioline di colore rosso acceso, che sono presenti dapprima sul tronco, poi si estendono alla zona delle ascelle e dell’inguine. È tipico anche un colorito del viso arrossato», chiarisce l’esperta. Come la si distingue la scarlattina da altre malattie esantematiche? «Sintomi come la febbre e la faringite-tonsillite potrebbero essere confusi con quelli di altre malattie, mentre l’esantema è più significativo della scarlattina, ma è importante effettuare un tampone faringeo rapido dal proprio pediatra perché, se positivo, è opportuno iniziare la terapia antibiotica mentre se fosse negativo, come nel caso dell’adenovirus faringeo, si potrebbe evitare», prosegue Esposito.

Da qui il chiarimento dei pediatri: «Non ci sono motivi di allarme, ma è importante fare il tampone in caso di sintomi e iniziare la terapia entro 10 giorni dall'esordio, per evitare complicanze», precisa Esposito.


Cosa fare in caso di infezione

Cosa bisogna fare, dunque, in caso di infezione? «Sicuramente non spaventarsi, ma rivolgersi al pediatra che potrà prescrivere l’antibiotico per 10 giorni, in genere l’amoxicillina – chiarisce l’esperta – Questo per evitare ascessi o reazioni immunomediate, che possono essere a loro volta causa di complicanze come la malattia reumatica, la cardite, la glomerulonefrite e l’artrite post-streptococcica».


Chi è più a rischio

Una particolare attenzione è richiesta per i soggetti fragili. «A meno di infezioni invasive, quindi particolarmente severe, gli unici soggetti a rischio sono quelli che hanno cardiopatie con interessamento valvolare o chi in precedenza ha avuto complicanze da streptococco, come appunto nel caso di malattia reumatica, cardite o anche sindrome Pandas (acronimo di pediatric autoimmune neuropsychiatric disorders associated with streptococcal infections), che però è più rara perché ha un’incidenza di 10 casi su 30.000 - spiega la pediatra – Va ricordato, però, che avere la malattia non dà immunità. L’eruzione cutanea, per esempio può ripresentarsi fino a tre volte, mentre l’infezione anche in un numero maggiore di casi. È una infezione che riguarda soprattutto la fascia d’età tra i 2 e gli 8/10 anni e fino ai 12, ma può colpire anche da adulti. In questo caso, comunque, le forme sono comuni e meno gravi, perché un soggetto adulto è già venuto in contatto con il batterio ripetutamente nel corso della sua vita», conclude la pediatra della SIP.


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