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Quei bambini affetti da mutismo selettivo

All’asilo come al parco, con i nonni come con gli altri bambini. Daria non parla nei contesti sociali. Solo a casa è loquace. Soffre di mutismo selettivo. I suoi genitori raccontano come stanno affrontando il problema

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Non è facile distinguere tra forte timidezza, carattere chiuso, atteggiamento di sfida e un disturbo vero e proprio, qual è il mutismo selettivo. Conosce bene la confusione generata da quest’equivoco una famiglia di Ururi, paesino del Molise. Michele e Albina Sassano sono i genitori di Daria, cinque anni, «una bambina bellissima, a cui piace tanto giocare, disegnare e ballare». Un’artista Daria, che fin da piccolissima manifesta strani comportamenti. «In pubblico, con gli estranei abbassava subito lo sguardo e non rispondeva nemmeno al saluto», dicono i genitori. «Sembrava un’altra rispetto alla figlia che vedevamo in casa, allegra e vivace. C’era una specie di sdoppiamento di personalità, che ci disorientava».

Sì, è proprio così: la gran parte dei bambini con mutismo selettivo sono molto intelligenti e portati verso le arti. Solo che, quando cambia la loro routine, hanno le parole bloccate in gola. Succede, dicono le stime pubblicate dall’Associazione italiana mutismo selettivo (Aimuse), a 7 bambini su 1000. Più femmine che maschi. «A tre anni, infatti, nostra figlia ha iniziato la scuola materna e le cose sono peggiorate», raccontano padre e madre. «Non parlava né con i suoi compagni né con le maestre, tanto in classe quanto al parco giochi. Mentre, in famiglia, tutto era meno che silenziosa. Io e mio marito, di fronte a questo blocco verbale, ci siamo chiesti come poterla aiutare.

La prima visita specialistica è stata uno choc: Abbiamo scoperto che il suo problema si chiamava mutismo selettivo. Uno sconosciuto per tutti noi». Smarrimento, confusione, impotenza: i genitori di Daria si sentono come di fronte a un abisso. Ma non s’abbattono, ci sarà pure una soluzione. «La Rete ci è venuta in aiuto», dicono. «L’Associazione italiana mutismo selettivo ci ha segnalato una specialista di questo campo. Bisognava agire subito, Daria iniziava a non aprire bocca anche con i nonni e gli zii paterni che vedeva saltuariamente. Per fortuna, la dottoressa ha preso in mano la situazione. Dopo un mese di cura, c’è stato un netto progresso».


Daria va sempre rassicurata
Spiega l’americana Elisa B. Shipon-Blum, direttore esecutivo e medico della “Selective Mutism Group-Childhood Anxiety Network”, la più vasta organizzazione nel mondo che si occupa del problema: se un figlio non riesce a parlare fuori casa per più di un mese, bisogna consultare uno specialista, altrimenti il disturbo potrebbe aggravarsi. I bambini con mutismo selettivo, invece, se correttamente diagnosticati e trattati, possono condurre una vita normale, appagante e felice. La “bacchetta magica” per loro, come sta sperimentando ora Daria, è il trattamento cognitivo-comportamentale che, con varie tecniche, punta a ridurre l’ansia e a potenziare l’autostima in questi piccoli, tutto meno che sicuri: «Se un bimbo è un piccolo artista, un modo per renderlo fiducioso nelle proprie capacità è quello di allestire una mostra dei suoi lavori su una parete della scuola», esemplifica l’esperta. Anche il coinvolgimento dei genitori è essenziale. «Infatti, noi stiamo più possibile in classe con Daria, così si sente rassicurata anche nell’ambiente scolastico», spiega la famiglia. «E, come prevede la cura, invitiamo a casa i suoi amici in modo che s’abitui a parlare con i coetanei e, quindi, a interagire con loro quando è di nuovo a scuola. Fanno anche giochi in cui imitano i suoni degli animali, per sbloccare la parola (tecnica del modeling). Tutte le volte che ci riesce riceve un premio (rinforzo positivo)».


Sta iniziando a esprimersi
Sembra che funzioni, e anche a un certo ritmo. Ora Daria sta abbandonando questo strano silenzio. «In presenza di estranei, parla a me e a mia moglie nell’orecchio a bassa voce», dice Michele. «E, con alcuni bambini, muove la bocca emettendo suoni gutturali; per noi, questo rappresenta un inizio promettente e, per lei, un grandissimo traguardo». «Si perché se ci riflettiamo, ci accorgiamo che questi bambini comprendono tutto, ma sono incapaci di esprimere verbalmente i loro sentimenti», conclude Shipon-Blum. «In fondo cos’è il mutismo selettivo? La mia risposta è chiara: è un bambino che soffre in silenzio».


Non va confuso con l'autismo

«Il mutismo selettivo è un disturbo d’ansia che blocca la parola, non una scelta volontaria.
È una risposta a una situazione percepita come “pericolosa”», dicono Emanuela Iacca e Paola Ancarani, autrici della guida Momentaneamente silenziosi dell’Associazione italiana mutismo selettivo (Aimuse). «Nonostante vogliano farlo, i bambini con questo problema non riescono a parlare fuori casa o in presenza di estranei. Succede soprattutto nei luoghi pubblici o in contesti particolarmente ansiogeni, l’asilo o la scuola. Mentre nell’ambiente familiare o in presenza di persone con cui si trovano a proprio agio, s’esprimono normalmente, anzi possono essere chiacchieroni. Il loro sviluppo e la comprensione del linguaggio sono, infatti, regolari. Il mutismo selettivo, quindi, è ben diverso dall’autismo
con cui spesso viene confuso: il primo è generato dall’ansia mentre il secondo è un disturbo del neurosviluppo, che comprende un ampio spettro di sintomi, oltre al silenzio».


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Articolo pubblicato sul n. 4 di Starbene in edicola dal 7 gennaio 2020