Parla di diritto negato, a proposito dell'aborto, Medici del Mondo, rete internazionale impegnata a garantire l’accesso alla salute. In vista della Giornata internazionale per l’Aborto Sicuro del 28 settembre, ha presentato presso la Camera dei deputati il suo terzo report annuale dedicato alla situazione dell’Interruzione Volontaria di Gravidanza (IVG) in Italia, quest’anno intitolato "Aborto senza numeri - L’assenza di dati come politica di deterrenza e causa di disuguaglianza".
Il documento affronta un nodo cruciale e strutturale: la mancanza di informazioni chiare, aggiornate e accessibili sull’IVG nel nostro Paese. «Un ostacolo silenzioso ma determinante per l’effettiva fruizione di questo diritto fondamentale, esercitato da oltre 65.000 donne nel solo 2022», fanno sapere in una nota.
Nonostante l’aborto sia un diritto garantito dalla legge 194/1978 e incluso nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), chi desidera farvi ricorso si troverebbe di fronte a un vuoto informativo che compromette la possibilità di compiere scelte consapevoli e tempestive sulla propria salute.
A colmare parzialmente questo vuoto, però, ci sono le mappature indipendenti dei servizi IVG in Italia realizzate negli ultimi anni a partire dal basso che segnalano strutture attive, percentuali di obiezione, tempi di attesa e qualità percepita del servizio, con l’obiettivo comune di supplire a una mancanza istituzionale che ostacola l’accesso a un diritto fondamentale.
«Senza accesso a informazioni chiare il diritto alla salute e il diritto alla scelta restano solo sulla carta. Il nostro report mostra chiaramente che in Italia mancano dati aggiornati, completi e disaggregati sull’IVG, e che le informazioni che dovrebbero orientare le persone e guidare le politiche pubbliche sono vecchie, frammentarie, difficili da reperire», commenta Elisa Visconti, direttrice di Medici del Mondo Italia.
«Nonostante l’IVG rientri nei LEA, la relazione annuale del Ministero della Salute sembra ormai una formalità, priva di reale capacità di monitoraggio o impulso al miglioramento. E va detto con chiarezza: la filiera di raccolta dei dati sull’aborto non è affatto più complessa rispetto a quella di altri dati sanitari che le Regioni e le strutture raccolgono quotidianamente. Non esistono ostacoli tecnici specifici.
E quando anche le richieste ufficiali di accesso ai dati vengono ignorate o rifiutate, è evidente che siamo davanti ad una precisa volontà politica di non fornire le informazioni in modo tempestivo, disaggregato, aperto e fruibile. Con conseguenze gravi e concrete: si creano disuguaglianze nell’accesso a un diritto fondamentale, quello di decidere sul proprio corpo, di tutelare la propria salute fisica e mentale, di ricevere cure appropriate in ambienti sicuri e accoglienti, senza subire discriminazioni. L’OMS è chiara: garantire informazioni accurate è il primo passo per garantire aborti sicuri. In Italia, purtroppo, siamo ancora molto lontani da questo obiettivo».