Ginnastica ritmica, intervista ad Alessia Maurelli: la forza di una farfalla

È sport e forma d’arte. Per questo la ginnastica ritmica richiede capacità atletiche ma anche espressive. Assieme a un’alta dose di resilienza. Tutte doti che la capitana della Nazionale allena ogni giorno così




212348«Ma teniamo questa musica?». Abituata in pedana ad avere addosso gli occhi dei giudici, pronti a penalizzare il minimo errore delle Farfalle (la Nazionale di ginnastica ritmica di cui è capitana), Alessia Maurelli non può certo sentirsi a disagio su un set fotografico. Ma per arrivare al miglior risultato, non solo in azzurro o con i colori dell’Aeronautica Militare, le serve sempre la colonna sonora giusta: quella per esempio della playlist che porta la sua firma in Spotify e che finisce per accompagnare l’intera giornata che la vede posare davanti all’obiettivo.

«La nostra disciplina è basata sulla musica, immancabile compagna di allenamento e nel mio caso anche di vita. Amo ascoltare di tutto e in ogni momento, con l’unica esigenza di evitare i brani che la nostra allenatrice ha scelto per le coreografie di gara: in questo momento, per esempio, passiamo le ore con Personal Jesus dei Depeche Mode e lontano dalla palestra ne faccio quindi anche volentieri a meno (ride, ndr)».


Ecco, com’è la giornata-tipo tua e delle altre Farfalle in vista dei Mondiali in programma il prossimo settembre a Baku, in Azerbaigian?

«Gli allenamenti iniziano alle 8 del mattino e proseguono fino alle 18, con 60-90 minuti di pausa. Dopo una fase di corsa e di potenziamento con esercizi a corpo libero passiamo a un lavoro per la scioltezza e quindi alla danza classica, che ci vede impegnate ogni mattina con coreografie alla sbarra sotto la guida di un insegnante del Teatro alla Scala. Poi si passa alla preparazione di quello che dobbiamo portare in gara: evoluzioni compiute davvero migliaia di volte, con un’attenzione maniacale per ogni dettaglio per avvicinarci il più possibile alla perfezione».


Quali sono le qualità imprescindibili nella ginnastica ritmica?

«Ne servono davvero tante, ma credo che in pedana la prima cosa sia la coordinazione, intesa sia a livello individuale sia nei confronti delle compagne e degli attrezzi. Poi serve anche flessibilità, così come espressività e “presenza”, perché il nostro sport ha anche un’elevata componente artistica».


Serve anche tenacia, visto le volte che vi è richiesto di ripetere un singolo esercizio: una sorta di resilienza psicologica...

«Proprio così. E non nascondo che ogni tanto diventa pesante. Ma la forza sta nel gruppo: quando una di noi è in “giornata no”, le altre se ne accorgono subito e si adoperano per farla entrare in sintonia con la squadra. Da capitana sento molto la responsabilità di rendere tutte consapevoli che possiamo contare l’una sull’altra. E poi insisto sul fatto che quel “resistere” in allenamento è la chiave di tutto: la gara va costruita in allenamento, è in palestra che nasce il risultato finale».


E se va male, magari per colpa di una compagna? Ci sono “litigi di spogliatoio” come negli altri sport di squadra?

«Il nostro team è costituito da dieci ginnaste, con 5 più una riserva che vengono poi selezionate per la gara. Devo però dire che dissidi e discussioni sono davvero rari: c’è confronto, ma sempre in chiave positiva. E se una tua compagna sbaglia, sai benissimo che un’altra volta puoi esserci tu al suo posto, per cui usiamo le energie solo per ricaricarci l’un l’altra, non per accusarci».

Le energie arrivano dalla testa e... dalla tavola: avete particolari diete da seguire?

«No, almeno a livello di alimentazione possiamo evitare schemi predefiniti! Ognuna di noi si autogestisce e il risultato è comunque monitorato ogni giorno: i nostri fisici devono infatti essere in sintonia e armonia tanto quanto i nostri movimenti. Per me è anche un po’ più dura, perché a 22 anni devo rispecchiare l’immagine di alcune mie compagne che ne hanno 17, ma in ogni caso non avverto come un sacrificio la necessità di stare attenta a ciò che mangio. Il mio pasto principale è la colazione, con caffè, spremuta d’arancia, fette biscottate con marmellata e biscotti secchi, così da non ritrovarmi a corto di energia in allenamento. Poi a pranzo prendo un primo o un secondo e ho cene molto frugali, un po’ per abitudine e un po’ perché tante volte mi sento davvero sfinita».

Cosa fai per spezzare la routine e ricaricare le pile?

«Me ne sto un po’ da sola, magari prendendo l’auto senza una meta precisa: guidare mi aiuta a riflettere e rilassarmi. Poi, quando finalmente riesco ad avere un po’ di tempo, considerando che alla ginnastica ritmica si sommano gli studi in Scienza della comunicazione, amo fare shopping».


Ti interessa la moda?

«Molto. Vado dal super-elegante al super-sportivo e mi piacciono i tacchi come le sneakers. Quando siamo in trasferta in giro per il mondo, poi, mi diverto moltissimo nel decidere la sera quale coordinato maglietta-leggings utilizzeremo per l’allenamento del giorno dopo».


L’attenzione per il trucco fa invece parte della vostra disciplina...

«Sì, e non abbiamo una truccatrice. Facciamo da sole e il tutto ci prende circa un’oretta prima della gara: ognuna di noi ha la sua tecnica messa a punto nel tempo, ma è fondamentale che il risultato finale sia molto simile. Ed ecco un altro dettaglio da curare con estrema attenzione per fare la giusta impressione sui giudici e sul pubblico».


L’emozione più forte della tua carriera agonistica?

«Oltre a quella - scontata - dei Giochi di Rio 2016, quella avuta nel 2017 alla mia prima gara da capitana a Thiais, in Francia: delle “anziane” eravamo rimaste solo io e Martina Centofanti, così ero curiosa e anche un po’ timorosa riguardo le nostre potenzialità. Ma quando abbiamo finito l’esercizio con i cerchi e ho visto tutto il pubblico in piedi e gli stessi giudici che ci applaudivano, ho capito che si era aperto un nuovo ciclo olimpico. Una sensazione bellissima, che ha trovato conferma nel fatto che ci siamo qualificate con due anni di anticipo per Tokyo 2020, prima in assoluto di tutte le Nazionali azzurre».


E nei momenti meno brillanti hai mai pensato di mollare tutto?

«Tante volte, anche già da piccola (ha iniziato a 8 anni, ndr). Gli stessi miei genitori mi hanno spesso invitata a riflettere sull’opportunità o meno di andare avanti, visti i sacrifici richiesti, ma la verità è che una vocina dentro di me mi ha sempre detto di andare avanti, anche quando i risultati non erano eccezionali. E a questa vocina, ora che ho 22 anni e sono ormai nell’ultima parte della mia carriera agonistica, se n’è aggiunta un’altra che mi invita a godermi ancora di più ogni secondo».


In effetti nella ginnastica ritmica si è considerate “veterane” quando nella maggior parte degli altri sport si inizia a essere “giovani promesse”...

«Sì, ma in fondo è solo tutto anticipato: nella nostra disciplina sei una giovane promessa già a 14-15 anni e, se hai le qualità, arrivi prima a vivere lo sport ai massimi livelli. E poi certe volte tutto questo è anche di consolazione: pensi che stai facendo dei sacrifici, ma che comunque avrai il tempo per rifarti quando comunque sarai ancora giovane!».



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Articolo pubblicato nel n° 25 di Starbene in edicola dal 4 giugno 2019

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