La leucemia mielomonocitica cronica che ha colpito Baricco

Il noto scrittore Alessandro Baricco ha raccontato di soffrire di leucemia mielomonocitica cronica, una forma di tumore del sangue che si cura tramite chemioterapia e trapianto di cellule staminali



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“Ehm, c’è una notizia da dare…”. Con queste parole, il noto scrittore Alessandro Baricco ha reso pubblica a gennaio di quest’anno la sua malattia. Rivolgendosi direttamente ai suoi lettori e in genere a chi lo segue sui social, ha raccontato di soffrire di leucemia mielomonocitica cronica, una forma di tumore del sangue che colpisce soprattutto gli over 60. E di essere in attesa del ricovero in ospedale per il trapianto di cellule staminali donate da sua sorella. Da qualche giorno, Alessandro Baricco ha ricevuto le cellule staminali di sua sorella, e l’intervento è tecnicamente riuscito.

Come lui, sono molte le persone con una diagnosi di neoplasia ematologica, come per l’appunto la leucemia milomonocitica cronica, che ogni anno vengono sottoposte a trapianto in un Centro oncologico. Ma in cosa consiste? E chi può offrirsi di diventare donatore? A queste e ad altre domande, ha risposto Fabio Ciceri, primario delle Unità di Ematologia e Trapianto di Midollo Osseo dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano e Presidente di GITMO, Gruppo Italiano Trapianti Midollo Osseo.


Professor Ciceri, possono donare solo un fratello o sorella, come per Baricco?

La compatibilità in questo caso può essere massima, ma non è l’unica strada percorribile. Se non è possibile, si ricorre al Registro trapianti: inserendo in un database i dati relativi al nostro paziente, riusciamo a identificare un donatore con una compatibilità pari almeno nall’80%. E se anche questa possibilità viene preclusa, ricorriamo a un familiare, cioè un genitore, uno zio, un cugino, in modo da avere un donatore con una compatibilità al 50%. E senza timori di essere svantaggiati. Gli studi dicono che a distanza di tre anni dal trapianto, la percentuale di successo è la medesima. In questo ci ha aiutato la ricerca.

In che senso, professore?

Sappiamo che i linfociti, cioè le cellule del sistema immunitario del donatore, possono reagire e aggredire l’organismo del malato. Questo, è un evento che può verificarsi soprattutto quando la compatibilità non è massima, mettendo a rischio l’esito del trapianto. Per evitare che ciò avvenga, abbiamo delle terapie ad hoc che “spengono” i linfociti del donatore, e in questo modo aiutano le cellule staminali a fare il loro lavoro senza essere disturbate. In pratica, queste cellule, che sono sane, lentamente si assestano, iniziano a moltiplicarsi e nell’arco di circa 40 giorni, il nostro paziente può essere dimesso, con valori del sangue pressoché normali, segno di un buon esito del trapianto.

La diagnosi precoce aiuta?

Sì, perché in certi casi il tempo è determinante. Ci sono forme di tumori del sangue veloci e qui dobbiamo essere rapidi, anche nella ricerca del donatore. Per questo è importante in caso di stanchezza che non si risolve e che non è giustificata dallo stile di vita, rivolgersi al medico e sottoporsi innanzitutto ad analisi del sangue. Quindi, in caso di sospetto, recarsi in un Centro ematologico. Durante le fasi iniziali del trattamento della malattia si eseguono gli esami necessari alla ricerca del donatore. Il protocollo di trapianto prevede il ricovero in ospedale: si procede innanzitutto a un ciclo di chemioterapia, che ha lo scopo di “azzerare” il sistema immunitario del paziente e quindi al trapianto.

Non abbiamo parlato del donatore: ci sono rischi?

Oggi i pericoli per il donatore sono eccezionali perché lo screening è molto rigoroso, per escludere chi può essere a rischio di un evento trombotico o di un problema cardiovascolare. Per rassicurare, aggiungo che in questi ultimi anni non si sono più verificati eventi gravi in tal senso. Questo vorrei che fosse un incentivo a rendersi disponibili, abbiamo necessità di donatori e soprattutto di persone under 35. A differenza di quello che si pensa, nella banca non ci sono concretamente le cellule staminali disponibili: si procede invece a un’analisi del sangue e i risultati vengono inseriti in un database internazionale. Vorrei anche spezzare una lancia nei confronti del nostro Paese: durante il primo anno di pandemia, quello più tragico, siamo stati gli unici al mondo a continuare a garantire il solito standard di trapianti e questo grazie alla nostra rete di eccellenza.

febbraio 2022


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