Covid: se ci si ammala in vacanza, quante volte ci si reinfetta, virus e psiche

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di Laura Della PasquaLaura Della Pasqua


1. Cosa succede se ci si ammala in vacanza o in partenza?


2. Quante volte ci si può reinfettare?


3. Qual è la reazione psicologica al virus?


rientro dalle vacanze

1. Cosa succede se ci si ammala in vacanza o in partenza?

L’aumento dei contagi proprio a ridosso delle vacanze estive e l’abolizione dei dispositivi di sicurezza, crea una sensazione di insicurezza specie in quanti stanno programmando un viaggio. Cosa accade se ci si ammala a ridosso della partenza o, peggio, quando si è in una località straniera? Viaggiare protetti da una polizza assicurativa è diventata una necessità avvertita da tutti.

Con la pandemia i prodotti assicurativi sono cambiati e hanno incluso tra le copertura anche i rischi di epidemie e pandemie. Pertanto sono in grado quindi di intervenire nel caso in cui il viaggiatore dovesse contrarre il Covid prima o durante il viaggio. Ci sono polizze specifiche che coprono le spese legate alle penali di annullamento di un viaggio nel caso in cui il viaggiatore, contagiato, sia costretto ad annullare la partenza. La copertura Covid interviene anche se ci si ammala durante il viaggio e si devono affrontare spese mediche come l’acquisto di medicinali e di assistenza qualora dovesse essere necessario un ricovero, in accordo, è evidente, con i massimali previsti e stipulati dal viaggiatore.

Se sì è obbligati a una quarantena prima del rientro, la polizza non protegge il rientro in Italia, a meno che non sia previsto un trasferimento su autovettura attrezzata al trasporto di pazienti positivi e asintomatici. Esistono però coperture che intervengono per rimborsare eventuali maggiori costi sostenuti a seguito di quarantena. Il consiglio degli esperti è che prima di partire per un Paese straniero, sebbene non vi siano obblighi, sarebbe utile la Insurance declaration, ovvero una dichiarazione di copertura in lingua inglese con la quale si definiscono tutti i termini dei rimborsi e della durata della polizza stipulata.

allergia, casa, raffreddore

2. Quante volte ci si può reinfettare?

Ha fanno notizia il caso dell’operatrice sanitaria spagnola contagiata due volte in un mese, a distanza di 20 giorni e studiata per questa particolarità dall’Institut Català de Salut di Tarragona. Alcuni studi indicano che l’intervallo tra le reinfezioni può variare da 90 a 650 giorni ma ci sono anche rilevazioni che indicano dai 20 ai 60 giorni. Sembrerebbe dunque possibile infettarsi più volte in un solo anno. Se l’immunità dopo che si ha contratto il virus, dura 3-4 mesi, è possibile risultare positivi anche 4 volte l’anno. Con alcune eccezioni come nel caso dell’operatrice sanitaria spagnola.

Questi reiterati contagi dipendono dall’alta contagiosità di Omicron che con le sue varianti è in grado di bucare le difese, sia da vaccino sia da immunizzazione naturale. Fabrizio Pregliasco, ricercatore di Virologia dell’Università Statale e direttore sanitario dell’Ospedale Galeazzi di Milano Pregliasco spiega che “le varianti hanno dimostrato che la protezione da vaccino ha una durata di 4-6 mesi, ed è la stessa anche in caso di guarigione dopo la malattia”.

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3. Qual è la reazione psicologica al virus?

Barbara Poletti, responsabile del Centro di Neuropsicologia dell’Istituto Auxologico, Irccs, ha analizzato i risultati di diversi studi e ricerche sui fattori che possono maggiormente incidere sulla percezione di rischio e quali sono i sintomi che più si sono manifestati durante la pandemia.

Le persone che si preoccupano facilmente reagiscono emotivamente in modo eccessivo e si sentono impotenti, sono più inclini a percepire un rischio elevato. Ciò può favorire, almeno in una certa misura, il loro coinvolgimento in comportamenti preventivi. Sono più le donne che gli uomini ad avere una maggiore preoccupazione per la gravità relativa al virus. Inoltre si preoccupano di più le persone con un livello di educazione meno elevato. Una maggiore percezione di autoefficacia nell’adottare misure preventive si associa ad una maggiore percezione di gravità della patologia ma, al tempo stesso, ad una minore percezione della vulnerabilità individuale. Coloro che complessivamente hanno un approccio con il virus di grande preoccupazione, sono coloro che presentano una più acuta sintomatologia post-traumatica, ansiosa e depressiva.

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