Perché sognare a occhi aperti (consapevolmente) fa bene
Concediti il piacere di stare seduta sulla tua nuvoletta fantastica. Non ti allontana dalla realtà e ti riconcilia con gli alti e bassi della vita. Un “dreamer” nato spiega le tecniche per farlo nel modo migliore

Hai mai sognato a occhi aperti? Ma quando mai, ci viene da ribadire, non ho tempo né modo e forse neanche l’età per queste fantasticherie… In effetti qui non parliamo di semplici distrazioni, ma di veri e propri viaggi della mente, capaci di costruire mondi, dialoghi, avventure e scenari straordinari nel bel mezzo della quotidianità. Come fa, da sempre, Paolo Gallina, ingegnere che si occupa di robotica e autore del recente saggio La vita è matrigna, almeno sogniamo! (Mimesis) che, in oltre duecento pagine, ci spiega, passo per passo, come trasformare le divagazioni interiori in una pratica consapevole e benefica. Per la nostra vita reale, però, e non per inseguire sogni fantasmagorici. Concetto poco esplorato e che lo scrittore ha ribattezzato Soas, sogni a occhi aperti strutturati.
Starbene è andato a curiosare tra le le pieghe di questa materia, inedita e sorprendente.
Paolo, fantasticare è fisiologico?
Sì, la scienza ci dice che nell’arco della giornata in genere una persona si lascia andare a scenari irreali migliaia di volte al giorno, e si tratta di un fenomeno che coinvolge l’intera popolazione umana. Dal punto di vista evolutivo, infatti, quest’azione è giustificata dal fatto che così si riesce a simulare il domani, quindi a capire meglio che scelte operare nel presente per fare in modo che il futuro ci possa fornire dei vantaggi. Dal punto di vista psicologico, invece, la psiche ha fatto del sogno a occhi aperti un lembo consolatorio, che non è funzionale a raggiungere qualcosa di concreto ma che è tipico solo ed esclusivamente degli esseri umani. Ciò che ci contraddistingue, insomma, dagli animali.
È un’attività spontanea, quindi…
Sognare a occhi aperti è tanto naturale quanto respirare. Nell’esistenza di una persona, è una parte rilevante (in termini di tempo) e significativa (in termini di sentimenti segreti) e, spesso, è innescata da bisogni psicologici non riconosciuti o difficili da accettare. Allora, mi sono chiesto, perché non costruire castelli in aria nel migliore dei modi possibili? Significa, in poche parole, farlo deliberatamente. Altrimenti, si finisce per non rendersi contro di sognare a occhi aperti, e di diminuire l’efficacia di questa attività.
Distingui, infatti tra sogni di distrazione (SOA) e quelli strutturati (SOAS), le differenze quali sono?
Un conto è la spontaneità, ossia lasciare andare gli ormeggi della mente e dedicare qualche secondo a un mondo immaginario, una specie di bolla di cui non ci rendiamo conto e dove il tempo si ferma: succede, non di rado, quando si sta svolgendo un’attività che richiede un basso carico cognitivo, come quando si sta guidando e si immagina un dialogo. Oppure, al contrario, se l’impegno è troppo alto per le nostre possibilità o noioso, e la mente divaga, per rigenerarsi. Un’altra cosa è decidere di vagheggiare consapevolmente, ossia di produrre fantasie mentali programmate, sviluppate e allenate.
Il fine?
Quel sottile piacere che si percepisce nel navigare in un mondo inventato. È come coltivare un hobby che, nella maggior parte dei casi, non ha un’utilità pratica se non quella di sgravare il cervello da incombenze quotidiane. In poche parole, i sogni a occhi aperti sono una forma di intrattenimento prettamente personale ed esclusivo. Una second life che mi dà la possibilità di reinventarmi la vita, esattamente come può succedere nei social. Solo che il mio elemento digitale è la mente, e non la Rete.
Ma le visioni che ci creiamo intimamente sono pura creatività o hanno attinenza con il nostro vissuto?
Hanno spessissimo spunti che derivano dalla nostra vita, con tematiche raggruppate in categorie precise. Le più comuni? Simulare nella mente una soluzione legata a un problema contingente oppure i risultati prossimi di una pianificazione; immaginare eventi in cui si possa dare sfogo alla rabbia o all’aggressività, per esempio crearsi l’opportunità di avere l’ultima parola o pareggiare i conti con qualcuno con cui abbiamo realmente discusso; rivivere un momento fallimentare in cui rappresentare mentalmente un finale diverso; evadere dalla realtà; raffigurare situazioni erotico/sessuali o anche surreali in cui immaginarsi invisibili e chiedersi cosa succerebbe nella nostra esistenza.
Ma che vantaggi portano?
I sogni a occhi aperti sono utili per tante ragioni. Permettono di riflettere sulla nostra quotidianità e di compensare con la creatività certe insoddisfazioni e/o sbagli; aiutano a scaricare le tensioni emotive negative e a donarci un senso di liberazione; servono per rievocare i momenti belli della vita di cui spesso ci si dimentica, che vengono nel tempo sopiti a semplice sensazione.
Non ultimo, più si sogna a occhi aperti più si ha la possibilità di valutare che direzione intraprendere nel futuro. Succede, per esempio, quando si sogna di fare un viaggio: da una parte c’è la manifestazione del desiderio di staccare con la routine ed esplorare il mondo, dall’altra si crea una sorta di simulazione precisa in cui si iniziano a pianificare i tempi, i percorsi, i bagagli da portarsi dietro... In questa struttura creata dal cervello c’è, perciò, un aspetto pragmatico importante e positivo. E questo succede in qualsiasi attività, dal lavoro all’organizzazione della famiglia, che è un continuo sogno a occhi aperti per strutturare le giornate dei figli e orientarle secondo i loro gusti e/o esigenze.
E l’impatto con la realtà com’è? Non c’è il pericolo di essere frustrati o paralizzati da scenari trascendentali?
Il confine tra sogno e realtà deve essere ben chiaro, le fantasie iniziano (e finiscono) nella mente e hanno senso solo per un motivo chiaro e circoscritto: è un modo di vivere completamente diverso dal reale e i due ambiti vanno lasciati ben distinti. Certo, ci sono dei travasi positivi dall’uno all’altro, ma si parla sempre di spunti non d’obblighi d'impresa. Da un sogno può emergere un’idea, lavorativa per esempio, o dalla realtà possono emergere dei suggerimenti che generano un sogno.
Dici che il sogno a occhi aperti è una sorta di volano per creare anche empatia con gli altri…
Questo collegamento si nota in quelle visioni legate alle interazioni sociali. Per riuscire, infatti, a sognare ambientazioni o situazioni in cui si parla, si comunica, si condivide con un altro, per forza si deve entrare empaticamente in contatto con quella persona, seppure nel virtuale. Quest’estensione non è fine a se stessa, ma uno stimolo a capire meglio un punto di vista diverso dal nostro, un carattere che ci può urtare o certe dinamiche di comportamento enigmatiche per noi. Dico che tutte queste scenette virtuali possono migliorare e allargare i rapporti interpersonali anche per un’altra ragione: sollecitano la curiosità, spingono ad andare oltre alle sensazioni immediate, magari d’antipatia, nei riguardi di questo o quello.
Ma nell’epoca della performance, come si colloca?
Il sogno vigile è trascurato, ed è uno spreco di risorse. La nostra società avrebbe più bisogno di porre attenzione alle ricchezze della mente, di cui le fantasie cercate sono un tassello importante. Perché è come farsi trascinare da una corrente impetuosa ma poco legata alla dinamicità della vita “devo alzarmi, fare questo o quello, raggiungere certi obiettivi, dimostrare di valere”. Tutti pungoli che, fuori dai denti, generano ansia, frustrazione, insoddisfazione perenne. Quando, invece, per attenuarli basterebbe fermarsi pochi minuti al giorno per giocare con la mente. Sia per rivalutarci come individui sia per capire che l’esistenza non è solo quello che vediamo intorno ma anche e soprattutto quell’io interno, purtroppo spesso nascosto e senza corpo. Dargli una molteplicità di forme, non è tanto una questione di intelligenza ma solo di consapevolezza di se stessi.
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