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Cosa succede quando si incontrano ovulo e spermatozoo?

Cosa accade in realtà? Uno studio statunitense fotografa l’istante della fecondazione



Dall’incontro che va a buon fine fra una cellula uovo e uno spermatozoo nasce una nuova vita: niente di più semplice a volte di così difficile da realizzarsi. L’incontro fra le due cellule che danno origine ad una nuova vita può avvenire solo durante il periodo fertile della donna (le donne con un ciclo regolare di 28 giorni lo sono a metà ciclo per 4-5 giorni).


Gli spermatozoi contenuti nel liquido seminale risalgono lungo il collo dell’utero, passano per la cavità uterina per poi raggiungere le tube alla ricerca dell’ovulo da fecondare. Gli spermatozoi che arrivano in prossimità dell’ovulo sono pochi, solo i più forti, gli altri muoiono perché il tratto che percorrono è fortemente sfavorevole al loro passaggio: dei circa 1-4 milioni di spermatozoi per cm cubo presenti al momento dell’eiaculazione ne arrivano alla tuba non più di 100-200. Uno solo di questi spermatozoi riuscirà a trovare il punto esatto in cui agganciarsi all’ovocita e fondersi con esso.


Uno studio è riuscito a fotografare proprio l’istante in cui spermatozoo e ovocita si fondono rivelando che quando avviene la fecondazione si liberano miliardi di particelle di zinco a ondate, dalla superficie dell’ovocita, in pratica è come se in quel momento esplodessero i fuochi d’artificio. Una volta che le due cellule si sono fuse fra di loro, la cellula risultante diventa impermeabile all’arrivo di qualunque altro spermatozoo.

Le due cellule combinano il proprio patrimonio genetico e formano una nuova cellula, lo zigote che possiede 23 cromosomi paterni e 23 cromosomi materni: in questo modo il patrimonio genetico del bambino che nascerà è già scritto, la cellula sa già quale sarà il colore dei suoi occhi, dei suoi capelli, la forma del viso, del naso e il sesso; a seconda che lo spermatozoo abbia donato il suo cromosoma X o Y nascerà rispettivamente una bambina o un bambino.

Come tiene a sottolineare la dott.ssa Rita Secomandi ginecologa presso il reparto di Ginecologia e Ostetricia dell'Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo e presso il centro di Fisiopatologia della Riproduzione dello stesso nosocomio: «Il patrimonio genetico del nascituro può essere studiato già durante la gravidanza con esami come la villocentesi e l'amniocentesi, che però sono esami invasivi e per questo correlati ad un rischio di abortività di circa l'1%. Più recentemente è stato introdotto un esame di ricerca del DNA fetale nel sangue materno. Questo esame non è invasivo (la futura mamma farà solo un esame del sangue) e per quanto rimane un test di screening e non sostituisce pertanto amniocentesi o villocentesi, si è dimostrato in grado di predire in modo affidabile la presenza o meno di diverse patologie cromosomiche, la più frequente in assoluto delle quali è la sindrome di Down».


Il prodotto della fecondazione va ad annidarsi nell’utero e questo passaggio si realizza in circa 5 giorni; in questo lasso temporale la cellula subisce tutta una serie di modificazioni e di replicazioni che le consentono di attecchire sulla parete dell’utero. Una volta realizzato il processo di attecchimento l’organismo della donna comincia a produrre la gonadotropina corionica (le βHCG) che rendono, finalmente, positivi i test di gravidanza.